Graffiante e condivisibile editoriale di Robert Kagan sul New York Times, tradotto sul Corriere di oggi: «Sembra che ci sia sempre un buon motivo per sostenere un dittatore». Kagan se la prende con quella tendenza dell'establishment americano, repubblicano, e di alcuni esponenti neoconservatori, a ritenere che fosse preferibile appoggiare «un dittatore di "destra" piuttosto che ritrovarsi i comunisti al governo», nella convinzione che «i dittatori amici degli americani prima o poi avrebbero dato spazio alle politiche liberali».
Secondo Kagan, gli anni dell'amministrazione Reagan e la storia «hanno sconfessato tutte e due le facce di questa dottrina». Eppure, nonostante la dottrina Bush per la promozione della democrazia, lo stesso ragionamento viene applicato ancora oggi, non più nei confronti del comunismo ma dell'islam radicale nei paesi islamici. Musharraf in Pakistan come Mubarak in Egitto sarebbero i "nostri bad guys", da puntellare come argini alla temibile ondata dell'integralismo islamico che a urne aperte e libere si abbatterebbe su quei paesi.
Ma uno uno dei tanti, e non trascurabili, difetti della cosiddetta «autocrazia liberale», è che il dittatore «non è il buon pastore che guida il suo popolo, come Mosè, verso la terra promessa della democrazia. Quando la scelta è tra il bene del Paese e restare aggrappato al potere, l'autocrate agisce quasi sempre nel suo interesse».
Così questi regimi autoritari compiono scelte che allontanano il loro paese dalla democrazia. «Per dimostrare che è insostituibile, deve fare in modo che non esista la possibilità di sostituirlo, il che significa eliminare o azzoppare le istituzioni indipendenti, indebolire il principio della legalità, spingere la popolazione agli estremismi, in poche parole, l'esatto contrario di quanto ci si aspetta dal tanto mitizzato "autocrate liberale"». E quando, infine, gli autocrati cadono, istituzioni e società civile si trovano impreparate, indifese, prive di enzimi liberali, esposte all'ascesa di ideologie che negli anni si sono nutrite del risentimento e del malcontento della popolazione.
La conclusione di Kagan non fa sconti all'amministrazione Bush: «L'affermazione del presidente Bush, che ci si può fidare di Musharraf per riportare il Pakistan verso la democrazia, non è credibile. Nei suoi giorni migliori, l'America ha sempre fatto capire a questi leader quando il loro tempo era scaduto. Se il governo Bush non trova il coraggio o la capacità di sostituire quest'uomo così sostituibile nel nome della democrazia pachistana, solo perché teme l'alternativa, allora farebbe meglio a risparmiarsi la sua ridicola retorica sulla promozione dei principi democratici. Inoltre farebbe meglio ad abituarsi a un Medio Oriente e a un mondo musulmano in cui esistono solo due tipi di regime: gli islamisti radicali e i dittatori ostinati. Si spera tuttavia che Bush non voglia lasciare una simile eredità al suo successore».
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