Com'era prevedibile Salvatore Vassallo è di nuovo intervenuto sul Corriere per replicare alle superficiali e pretestuose obiezioni di Sartori alla sua proposta di riforma elettorale, detta Vassallum. Da Sartori si aspettava «maggiore coerenza logica e attenzione ai dettagli».
Proprio Sartori, in uno dei suoi lavori, ricorda Vassallo, spiega che «nella sua forma pura il proporzionale generalmente fallisce...», che «il sistema proporzionale è meglio quando viene corretto» e che il modello tedesco, misto per i criteri di voto, è «perfettamente proporzionale» nell'esito. Quindi, se in origine i partiti sono di più, di più tendono a rimanere.
Il Vassallum invece, rivendica il suo ideatore, «corregge la pura proporzionalità del tedesco con due elementi che lo rendono più semplice per gli elettori e gli conferiscono la necessaria torsione maggioritaria: il voto unico, l'assegnazione dei seggi in circoscrizioni medio-piccole». Sartori, dal suo canto, sostiene che il voto doppio è meglio del voto unico, ma non spiega perché, gli rimprovera Vassallo. E' evidente che il doppio voto riaprirebbe le porte a tutti i «giochetti» e le desistenze del Mattarellum.
Ma Vassallo spiega anche che sarebbe «molto, molto più complicato ridisegnare i collegi uninominali» previsti dal modello tedesco e che tecnicamente è «del tutto fittizia l'alternativa tra assegnazione dei seggi nelle circoscrizioni e in un collegio unico nazionale, perché l'effetto è pressoché identico, cioè puramente proporzionale».
Vassallo osserva poi che Fini e Rifondazione, al solo scopo di non dare vantaggi a Berlusconi e Veltroni, rischiano di appoggiare un sistema che nel lungo termine «li penalizzerebbe molto più del nuovo bipolarismo veltroniano», e infine denuncia anche lui le «pressioni politiche indebite» che il "partito tedesco" starebbe esercitando sulla Corte costituzionale in vista della decisione di ammissiblità del referendum Guzzetta.
E' chiaro infatti che finché non si pronuncerà la Corte, ammettendo i quesiti referendari, la pistola carica puntata sulla tempia sembrano averla Veltroni e Berlusconi, che non potranno usare fino in fondo il ricatto referendario e che invece subiscono l'assedio dei proporzionalisti del "partito tedesco".
Sempre sul Corriere, Angelo Panebianco si dice pessimista fino a ritenere «inesistenti» le «probabilità di successo del dialogo tra Veltroni e Berlusconi». Basta guardare al «formidabile fuoco di sbarramento» in atto nei due schieramenti. Non solo, ci pare, gli alleati temono «un eccessivo rafforzamento dei due leader», non solo sembrano animati da quel pregiudizio italiano nei confronti delle «leadership forti», che «a differenza di quanto accade nelle democrazie ben funzionanti, continuano a essere considerate da tanti l'anticamera della dittatura». Ci pare che siano mossi da ben più egoistici propositi.
Eppure, Panebianco individua «due possibilità residue». Il referendum, dicendosi fiducioso del fatto che le pressioni sulla Corte di cui si parla non sortiranno effetti («Sarebbe un duro colpo per la credibilità della Corte se essa togliesse, alla crisi in atto del sistema politico, anche l'ultimo possibile sbocco positivo»); e un ulteriore slancio politico di Berlusconi, che potrebbe dirsi «pronto a un accordo sul maggioritario a doppio turno di tipo francese», spiazzando alleati e avversari, mettendo così alla prova sia Fini, sia Veltroni, sia tutti «quelli che (soprattutto dentro il Partito democratico) sono sempre stati pronti, a parole, a immolarsi per quel sistema elettorale».
Come hanno «saggiamente» suggerito Bardi, Ignazi e Massari, sul Sole 24 Ore, «quel sistema avvantaggerebbe i grandi partiti senza danneggiare necessariamente i partiti medi».
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