Pagine

Sunday, December 02, 2007

Russia. Un grande passo verso l'autocrazia

Chissà quanto reversibile...

Il cesarismo e l'imperialismo hanno sempre contraddistinto il potere e la forma di governo in Russia. Connotati che hanno resistito a quasi un secolo di ideologia comunista e che, anzi, hanno caratterizzato pure quella. Efficace l'immagine proposta da Enzo Bettiza, sabato scorso su La Stampa: «senza corona, mezzo martello, mezzo crocifisso», ma sempre zar. Questo è Putin, che sembra avviarsi a ricevere un consenso plebiscitario nelle elezioni parlamentari che si sono tenute domenica. Oltre il 63% dei voti sarebbe andato al suo partito, Russia Unita. Una percentuale che gli permette di avere un numero di seggi sufficiente a modificare la Costituzione. Dopo la riparitizione della percentuale di voti raccolta dai partiti che non hanno raggiunto lo sbarramento del 7%, i seggi di Russia Unita supereranno infatti i due terzi della Duma necessari.

La stabilità interna, il totale controllo dei media e la chiusura degli spazi di dissenso, la Duma ridotta a camera di ratifica, il monopolio energetico statale, l'orgoglio russo di poter tenere di nuovo testa all'Occidente (seppure molti gesti di sfida siano solo bluff ad uso interno).

I russi credono che Putin abbia salvato la Russia, e sia l'unico a poterla salvare in futuro, «dall'umiliazione, dalla dipendenza e dalla disintegrazione». E che abbia eliminato gli oligarchi, mentre ne ha semplicemente creati di nuovi, a lui fedeli, che per ora sembra in grado di controllare. Ha messo nei posti chiave del potere uomini, i cosiddetti "siloviki", che provengono dalle uniche strutture statali rimaste in piedi, e forti, dopo lo scioglimento dell'Urss: i servizi segreti e i "ministeri della forza". Nel caos post-sovietico i peggiori uomini di potere hanno pian piano ripreso il controllo. Piccoli difetti collaterali delle "rivoluzioni di velluto".

Eppure, nonostante Putin goda obiettivamente di un ampio consenso tra i russi, probabilmente davvero maggioritario - seppure "drogato" dai suoi metodi e dal suo sistema di potere - il presidente russo sente il bisogno di «drammatizzare» le minacce esterne, reprimere brutalmente persino i dissidenti dal più scarso seguito, truccare le elezioni (sia pure intervenendo più sul contesto di regole generali che nelle urne).

E' obbligato a stravincere, non solo a vincere. A marzo si terranno le elezioni presidenziali e solo stravincendo oggi riuscirà a controllare le lotte intestine all'interno del suo sistema di potere e a piazzare al Cremlino una figura di secondo piano a lui fedele, disposta a farsi da parte al momento opportuno, per poter restare - vedremo in che forma - egli stesso al comando.

L'Occidente democratico deve al più presto rivedere la propria politica nei confronti di questa involuzione della Russia in senso autocratico: condannare con forza le violazioni dei diritti e delle libertà dei cittadini; mettere in discussione la presenza e il ruolo della Russia nei consessi internazionali; elaborare una nuova politica energetica. Ricordando che se l'Europa è così bisognosa delle risorse energetiche russe, è anche vero che la Russia per farle fruttare ha bisogno degli investimenti e delle tecnologie occidentali. E' una questione non solo di principi, che non riguarda solo la democrazia in Europa e la sorte dei russi, ma anche la nostra sicurezza.

1 comment:

Anonymous said...

La Rupture
In controtendenza il presidente francese Nicolas Sarkozy, che si è telefonicamente congratulato con Putin: lo ha fatto sapere con un comunicato il Cremlino, mentre l'Eliseo ha confermato il colloquio telefonico senza fornire ulteriori dettagli sul contenuto della conversazione.
Fonte: Corriere

E ora attendiamo (altri) grandi passi su PACS, medio oriente, liberalizzazioni e tutto il resto...

Valerio