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Thursday, March 16, 2017

Da Mark Rutte una lezione ai nostri europeisti "liberali"

Pubblicato su L'Intraprendente

Good news dalle elezioni politiche in Olanda. Affluenza record. La destra liberale del primo ministro uscente Mark Rutte "tiene" (pur scendendo a 33 seggi dai 41 del 2012), mentre il temuto partito di Geert Wilders avanza, arriva secondo (da 15 a 20 seggi), ma non sfonda. I laburisti, che erano al governo con Rutte, sprofondano. Euroburocrati ed europeisti tirano un sospiro di sollievo, ma i brindisi che si vedono e leggono sui social e sulla stampa sono del tutto fuori luogo... Non hanno ancora capito niente se pensano che in Europa si possa continuare così. Rutte ha "tenuto" proprio perché è tra i pochi che lo hanno compreso.

I temi di Wilders sono stati al centro della campagna elettorale e non sono stati affatto respinti dagli elettori, né emarginati dalle altre forze politiche. Non solo, infatti, il suo partito ha guadagnato seggi, ma se il premier Rutte ha potuto limitare le perdite, riconquistando la maggioranza relativa, è proprio perché li ha in qualche modo fatti propri, non negati. La spinta impressa da Wilders al dibattito politico in Olanda ha comunque determinato un radicale cambiamento del quadro partitico, spostando a destra il partito di Rutte e l'asse del prossimo governo.

Qualcuno avverta i "compagni col trolley", stamattina esultanti, che Rutte ha frenato Wilders perché di destra e perché liberale. Entrambe le cose. E' un liberista, i suoi riferimenti sono Margaret Thatcher e Ronald Reagan. E la precondizione che gli ha permesso di reggere è uno stato dell'economia pressoché perfetto: disoccupazione ai minimi, Pil in crescita del 2%, conti pubblici da "tripla A". Questa volta, anziché una grande coalizione con i laburisti, usciti asfaltati dalle urne, farà un governo di centrodestra. E sarà interprete in Europa di posizioni più intransigenti e nazionaliste, sia sui bilanci che sull'immigrazione.

Rutte ha accettato di confrontarsi con Wilders sul suo campo, senza negare l'evidenza di alcuni problemi, e per certi versi con le sue stesse armi. A gennaio ha inviato ai giornali una lettera aperta il cui messaggio a tutti gli immigrati era molto chiaro: rispettate le nostre regole e aderite ai nostri valori tradizionali, o andatevene. E' stato anche fortunato e abile a sfruttare la crisi con la Turchia per dimostrarsi leader forte e nazionalista, respingendo l'assurda pretesa dei ministri del governo turco di tenere comizi in Olanda a sostegno del referendum costituzionale per la riforma presidenzialista voluta da Erdogan.

Insomma, l'argine contro la destra nazionalista e anti-islamica di Wilders ("ultradestra xenofoba" sono termini che lasciamo volentieri al giornalista collettivo) non è stata la sinistra, ma una destra liberale e conservatrice che non ha avuto complessi nel dare risposte chiare ai cittadini su temi quali l'immigrazione, la sicurezza e la sovranità.

Anche i nostri europeisti "liberali" di "Forza Europa" avrebbero molto da imparare da Mark Rutte, che invece di negare i temi posti da Wilders (e dalla realtà) li ha fatti propri. Wilders è stato frenato non proponendo più accoglienza e "più Europa", ma parlando di nazione e confini. Rutte non ha una visione federalista dell'Ue, non crede nell'esercito comune e nel controllo condiviso dei confini, è contrario alla condivisione del debito e realista sull'immigrazione. "L'idea stessa di un'Europa sempre più unita è morta e sepolta", ha detto Rutte al World Economic Forum, lo scorso 19 gennaio, avvertendo che "il modo più veloce per smantellare l'Ue è continuare a parlare della creazione passo dopo passo di una sorta di superstato europeo". Il miglior modo per difendere l'Ue è rispondere alle preoccupazioni dei cittadini, non snobbarle trincerandosi dietro un europeismo di maniera.

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