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Monday, June 05, 2006

L'uomo del delitto e l'uomo della pena

Sergio D'EliaA Sergio

Il fine non giustifica i mezzi, bensì i mezzi «prefigurano» i fini. A Sergio D'Elia «c'è voluta l'esperienza della lotta armata e del carcere» e poi, quand'era pronto, l'incontro con Marco Pannella, per capirlo, ma l'ha capito e da vent'anni ha vissuto mettendo in pratica tutti i giorni quell'insegnamento. Riporto alcune frasi dalla lettera aperta che ha spedito ai suoi colleghi deputati:

«I due anni di lotta armata mi avevano ampiamente dimostrato che la nostra lotta era vana rispetto agli obiettivi che ci eravamo dati e che le ragioni e le speranze di quella lotta erano andate distrutte dai mezzi usati per affermarle.
(...)
Ora, sono stato eletto deputato della Rosa nel Pugno al Parlamento italiano assumendo un ruolo anche di responsabilità: credo che sia questo un altro fatto politico che può essere letto, non come la vergogna che denuncia il collega Giovanardi, ma – forse, anche – come la parabola felice di una storia, che è storia di cittadinanza democratica e di accoglienza umana e civile di cui, non solo Marco Pannella, ma anche lo Stato italiano può andare fiero... se ha senso l'articolo 27 della nostra Costituzione.
(...)
Se qualcuno, ancora oggi, dopo trenta anni, vuole cristallizzare la mia vita nell'atto criminale di allora (che non ho materialmente commesso) e non tener conto della semplice verità che l'uomo della pena può divenire un uomo diverso da quello del delitto, rischia di non cogliere il senso profondo della giustizia, del carcere e della pena descritto dalla nostra Costituzione».

«L'uomo della pena può divenire un uomo diverso da quello del delitto». Chi non comprende questo semplice assunto non ha compreso la nostra civiltà giuridica. Liberale, occidentale.

Dispiace che in un paese di imboscati, in un paese dove pare non esistano responsabilità penali e politiche, dove più si sfugge - per astuzia, amicizie, conventicole, o semplice culo - ai conti che il proprio passato presenta, più ci si ritrova nelle stanze più inaccessibili del potere, e nei punti nevralgici dei più influenti organi di stampa, dispiace che in un paese del genere debba toccare a Sergio D'Elia venire rincorso dagli oscurantisti del marchio d'infamia a vita.

Proprio a D'Elia tocca, uno dei pochissimi (forse si contano sulle dita di una mano) che è riuscito a non restare «ostaggio» del suo passato, né grazie a quel passato, o ai "compagni di strada" di allora, è stato arruolato dal regime; uno di cui non si può banalmente dire «oggi è diverso», perché da almeno vent'anni, tutti i giorni, conduce alla luce del sole, accettando il giudizio dell'opinione pubblica, la sua attività politica incardinata sui principi liberali, dello stato di diritto, della laicità e della nonviolenza.

La storia, il percorso di D'Elia, rappresentano uno straordinario paradigma di vita democratica delle istituzioni, che dovrebbe essere riconosciuto e fatto valere non contro di lui, ma nei confronti degli imboscati e dei riciclati di questa Repubblica delle conventicole, oligarchica. Per costoro il proprio passato e la rete di relazioni di allora, rimasta intatta, rappresentano un bagaglio di cui non hanno saputo né voluto disfarsi, i lasciapassare che gli hanno garantito di accedere alle stanze dei bottoni e di manovrare le leve del comando. Al contrario, Sergio è arrivato dov'è oggi, e riceve gli attacchi di oggi, in virtù del suo presente, non del suo passato.

A questo punto è utile introdurre una riflessione che va a riprendere lo stesso filo tirato da Michele Lembo in una sua recente lettera a il Riformista: la conoscenza della propria storia come patrimonio comune di un paese. Se ne parlava sabato scorso, a pranzo, tra me, Michele e Castaldi.

Se intorno ai fatti di quegli anni - anni '70, anni di piombo - c'è ancora un clima così avvelenato, se ancora su quei fatti non possono esserci discussioni civili, un'elaborazione condivisa, non è perché manchi una qualche amnistia politica, una retorica riconciliazione nazionale, ma perché i protagonisti di allora, sia dalla parte dello Stato che dalla parte dei suoi nemici, sia che oggi si trovino nelle istituzioni, nelle redazioni, in Francia e Sudamerica, o che spuntino dal nulla "su chiamata", tengono per sé ciò che sanno di quelle vicende. Da veri chierici di quel terribile passato se ne servono, dosandone come credono l'afflusso nei media, a loro piacimento, con il contagocce, regolando così i conti in sospeso tra di loro e fornendo vecchi arnesi a becere polemiche politiche.

Chi sa, parli! Non per accusare o discolpare, ma per raccontare e tramandare. Portare con sé nella tomba pezzi di storia la cui conoscenza è un diritto e un patrimonio che appartiene a una comunità intera, è un vero delitto.

23 comments:

Francesco Cassini said...

Jim, tu non ci crederai, ma se c'è gente che non solo è disposta a rivangare gli anni '70 per motivi politici, ce ne sono altri che tirano in ballo pure le CROCIATE...
E ti ho detto tutto!

Nessie said...

Sono spiacente, ho letto la lettera, ma non trovo una parola di vero pentimento nei confronti del Dionisi caduto e della sua vedova. Non trovo una disamina critica su che cosa hanno rappresentato veramente gli anni di piombo per il nostro Paese. Nessuno crei più alcun "vulnus" ad Abele: dev'essere questa la nuova parola d'ordine. D'Elia ha facoltà di ottenere un reinserimento sociale e morale. Ma non istituzionale.

JimMomo said...

Il cittadino dopo aver scontato la pena detentiva è reinserito nella pienezza dei suoi diritti, tra cui quelli di elezione attiva e passiva.

Il fatto che tu non la riconosca è del tutto inifluente, per fortuna, e descrive te stesso.

Rispetto a pentimenti e analisi arrivi, ma non sei il solo, con vent'anni di ritardo semplicemente perché D'Elia neanche sapete chi è, cosa pensi, e cosa abbia fatto in questi anni. Problema vostro.

Anonymous said...

Quindi basta essere degli assassini o fiancheggiatori di assassini per essere eletti al parlamento.

Bell'esempio per tutti gli Italiani, sopratutto per quelli che ancora credono nell'onesta e nel valore del rispetto della vita umana.

Se poi questa nazione si trasforma in far west, sarete capaci di recitare il mea culpa o come al solito scaricherete su altri le responsabilità?

Anonymous said...

Sono spiacente anche io come Nessie.E d'accordo con Bisquì.
Nessuna carica istituzionale, nessun "premio".
Io c'ero a Torino in quegli anni e non perdono a tutti quegli sfasati nullafacenti, figli di mammà, che oggi stanno seduti sulle poltrone del potere.
Nessun perdono, nessuna comprensione, solo pena per le vittime che ancora una volta subiscono un'ingiuria.

Ottavio said...

Secondo me, avendo il signor D'Elia scontato la sua pena a norma di legge, ha il pieno diritto di aspirare a qualsiasi carica istituzionale, come prevede la legge, altrimenti che ci sta a fare la legge?

Il resto sono questioni morali, importanti, ma che coinvolgono il signor D'Elia e la parte lesa, sicuramente non lo Stato.

Se si vuole far polemica certamente si può discutere sull'ineleganza dello scegliere D'Elia come segretario alla presidenza della camera, su questo sarei d'accordo, ma sicuramente non posso pretendere l'ineleggibilità per mancanza d'eleganza.

Anonymous said...

Io ricordo un 3ad do JimMomo invitava
“per opportunità” il ministro Pisanu a dimettersi per via di una telefonata in cui chiedeva a Moggi di aiutare la squadra della sua città, che poi si risolse con l’invio di alcuni giocatori.
Pensa tè!
Lorenza

Anonymous said...

la faccenda e' complessa. Io credo che, come diceva Washington, l'esperienza e quindi la saggezza nasce dagli errori.

Tutti commettiamo degli errori. Tutti devono avere una seconda opportunita'.

Avessi fatto quello che ha fatto D'Elia, probabilmente, mi sarei messo nel volontariato o nell'associaziosnimo fine a se stesso senza finire nella politica dove non solo era possibile essere strumentalizzati ma dove comunque il suo passato non poteva essere dimenticato.

Cio' detto, dunque, io credo che D'Elia abbia diritto di essere eletto dove e' stato eletto. Con fatica, per il perdono non e' mai facile. Come neppure l'espiazione della pena. aa

Anonymous said...

Ciao Jim, personalmente credo che nessuno che abbia subito una condanna per un reato vada nemmeno candidato, con buona pace di tutti...
Detto questo, giusto per non essere considerata rosapugnettara (cosa che a volte mi par interessante e a volte molto meno...:-)), ti dico che trovo insopportabili gli attacchi personali che ti vengono rivolti anche oggi...Sono sempre una cosa sgradevole e che qualificano lo 'spessore' dei soggetti...

Anonymous said...

Credo che la vicenda umana vada separata dalla vicenda politica.
D'Elia è legittimamente libero e quindi cittadino a tutti gli effetti.

Trovo però scorretto che chi ha preso le armi contro lo stato rappresenti quello stesso stato in parlamento.

Una questione di opportunità politica e non altro.

Gli attacchi personali sono comunque da condannare a prescindere.

Anonymous said...

Senza voler fare di D'Elia il poster child della vittoria dell'ideale (e della pratica) della democrazia, secondo me la frase più bella e significativa della lettera è:

[L]’approdo definitivo alla democrazia e alle sue regole di chi la democrazia e le sue regole le aveva così tragicamente violate.

Insomma per rappresentare le istituzioni io non ci vedo male qualcuno il cui percorso l'ha portato ad accettare coscientemente ciò che rappresentano, piuttosto che a dare per scontata la loro legittimità.

-A-

Anonymous said...

Non sono assolutamente d'accordo con questo post.E' tutta un'arrampicata sugli specchi per giustificare l'ingiustificabile. D'ELia per legge poteva essere eletto, ma moralmente la trovo una cosa riprovevole. La sua lettera di pentimento è risibile e di dubbio gusto.

Anonymous said...

Premessa. Sono per la grazia a Sofri; ero d'accordo con l'atto d'indulgenza per Bompressi; resto del parere che un provvedimento generale su quanti hanno scontato gran parte della pena in carcere per quei reati sia, prima o poi, indispensabile.
Non mi sfuggono, tuttavia, le colpe storiche degli ex detenuti. Credo profondamente che tu, Jim, hai ragione quando parli di "reinserimento". E lo dico, stavolta, senza polemica. Però nessuno critica la legittimità della nomina; si contesta, piuttosto,l'opportunità dell'elezione. Io, ad esempio, sono convinto che, nonostante il sicuro cambiamento di D'Elia, questi non abbia particolari meriti storici, sociali, culturali né tantomeno personali per esercitare la carica di segretario. Posso sbagliare, ma il mio parere non vale meno del tuo. I fondamentalisti sono quelli che accettano sempre le altre idee, partendo dal presupposto però che tutte sono sbagliate, fuorché la propria. Rifuggiamo da questa forma mentis.
Nella lettera, tra le righe, D'Elia rifiuta di credere che qualcuno possa considerare "terroristi" coloro che avevano aderito bonariamente a Prima Linea. Lui era ai vertici, dunque la decisione tanto bonaria non doveva essere. Comunque, se Giusva Fioravanti fosse stato fatto segretario del Senato periano, quante ne avreste dette contro i terroristi teocon?

JimMomo said...

Indovina con chi collabora Giusva...

Otimaster said...

Chi sa parli... sembra che l'ex militante di Prima Linea Roberto Sandalo ti abbia ascoltato oggi ha rivelato che fra il 78 e il 79 il gruppo comandato da D’Elia organizzò una rapina in una banca Toscana nella quale perse la vita una guardia giurata.
A suo dire vista la struttura militare piramidale di Prima Linea l’azione non poteva essere organizzata senza l'autorizzazione di D'Elia. La rapina venne poi messa in atto da Marco Donat Cattin con l’aiuto di un militante torinese e due toscani.
Per questo reato D’Elia non è stato mai nè condannato nè processato, non poteva essere diversamente visto che fino ad oggi non se ne sapeva nulla e si è ben guardato dal parlarne nella lettera.
Ovvio che gli spetta il beneficio del dubbio vista la fonte delle informazioni, in questi anni ne abbiamo visti altri di terroristi rossi vendersi la mamma per vendetta o antipatie personali, ma l'ambiente da cui provengono è lo stesso.

Anonymous said...

aa ha detto parole molto sensate

Ciao Paolo

Anonymous said...

E se anche Giusva collabora con il D'Elia? Né l'uno, né l'altro hanno di che inorgoglirsi.
E questa organizzazione che impedisce di toccare Caino?
Fanno solo i loro interessi.
Avrebbero dovuto occuparsi delle vittime, lavorare per le vittime, come si fa sovente in America, paese civile.
Ai carcerati già ci pensa la San Vincenzo e simili.

Anonymous said...

Jim, a me non frega un tubo di chi collabora con chi (non so con chi stia Fioravanti, ricordo qualcosa su Scelli, ma affari loro). Possibile che la butti sul proporzionale degli ex criminali? Tre ore di commento, un invito al dialogo, ad accettare anche i giudizi severi (perché legittimi e perché intellentualmente disinteressati) a non chiuderti in una cassaforte difensivista di chi, oggettivamente, ha pagato ma non è che storicamente meriti un riconoscimento, e a cosa mi rispondi? All'ultima provocazione generica? Una volta che siamo quasi d'accordo su un punto, mandi tutto all'aria. Contento tu.

Robinik said...

In effetti Pisanu che chiama Moggi si deve dimettere (cfr: http://jimmomo.blogspot.com/2006/05/su-libmagazine-i-furbetti-del-pallone.html )

però un bel terroristone alla Camera è il benvenuto ;)

Più che Lib-Lab mi sembra che qui si stia facendo una collezzione di cantonate...

Alexis said...

Avendo riacquisito il diritto di elettorato passivo D'Elia ha tutto il diritto di sedere in parlamento; sul piano politico ed umano, per quel poco che ne so, è uno dei reduci degli anni di piombo che ha fatto i conti con il passato senza infingimenti.

Anonymous said...

Vi si è incanto il disco?.

Lorenza.

Anonymous said...

Zanzara dixit: Trovo però scorretto che chi ha preso le armi contro lo stato rappresenti quello stesso stato in parlamento.

e io trovo scorretto che chi ha ammesso (per difendersi da un reato ben più grave, ma tant'è) di avere evaso (sottratto) allo stato 21 miliardi di lire, non lo sia pure...scommetto che zanzara però non lo pensa, vero? il suddetto sta scontando la pena, non ha ancora pagato...

Anonymous said...

Jimmomo condivido molto di quello che scrivi, ma posso chiederti cosa pensi dell'articolo 29 del codice penale, sic et simpliciter?

ciao

Marco