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Thursday, June 22, 2006

Globalisti progressisti

John McCainDi nuovo con perfetto tempismo Christian Rocca ci offre un prezioso spaccato della politica americana. Alcuni giorni fa, su Il Foglio, ci raccontava la storia dei «terzi candidati» alla presidenza degli Stati Uniti, un fenomeno non così raro come si potrebbe pensare, anzi frequente e spesso determinante nella corsa alla Casa Bianca. Tutto fa pensare che il fenomeno dei «terzi candidati» possa ripetersi, soprattutto se si guarda a come si stanno muovendo tre esponenti di punta della politica americana in corsa per una candidatura alle presidenziali del 2008.

I repubblicani John McCain e Rudolph Giuliani, e la democratica Hillary Clinton, sono tre personaggi che non scaldano il cuore della base dei rispettivi partiti, ma più della parte dell'elettorato - tra il 20 e il 30% - che non si riconosce in nessuno dei due grandi partiti. Il che spiega la loro strategia «da indipendenti». Scrive Rocca:

«Secondo David Brooks, editorialista neoconservatore del New York Times, se oggi la politica americana ripartisse da zero, la grande divisione non sarebbe più tra liberalismo di sinistra e conservatorismo di destra, ormai parole incapaci di garantire una filosofia politica coerente. La nuova divisione è tra nazionalismo populista e globalismo progressista. I nazionalisti populisti sono di sinistra sulle questioni economiche, conservatori sui valori, realisti in politica estera e riuscirebbero a mettere insieme personaggi che oggi militano a fatica dentro i rispettivi partiti tradizionali. I globalisti progressisti, invece, sono liberisti in economia, di sinistra sui valori e interventisti democratici in politica estera, cioè un partito che potrebbe avere John McCain o Hillary Clinton come leader».

E' un'analisi suggestiva e, se si realizzasse un simile scenario, non avrei dubbi a collocarmi tra i globalisti progressisti. Tra l'altro, è un'analisi che dovrebbe indurre a molte riflessioni anche chi, nel dibattito su cosa debba essere TocqueVille.it, continua a ragionare con le abusate, anacronistiche, riduttive quando non fuorvianti divisioni classiche della politica (destra/sinistra, laici/cattolici, progressisti/conservatori), categorie concettuali che non funzionano più come strumenti di comprensione della nuova realtà.

Il fatto che McCain e Giuliani non si trovino in sintonia con la base evangelica e i valori tradizionali, e Hillary non faccia battere il cuore della sinistra per le sue posizioni sull'Iraq, sull'Iran e sulla guerra al terrorismo, e che intercettino piuttosto il consenso dell'elettorato non schierato, dimostra anche come in America - ed è la sua forza - il "centro" politico, quello in grado di spostare le maggioranza e decidere le elezioni, abbia un connotato solidamente liberale, pragmatico, moderato.

Anche in Italia è possibile rintracciare un tipo di elettorato simile, ma purtroppo la tentazione della nostra classe politica è di intercettarlo con operazioni "centriste", che tendono a trasformare quel luogo da "politico" in "fisico", cioè finalizzato a un blocco di potere neo-democristiano e trasformista.

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