Ricorrono periodicamente nel dibattito su cosa debba essere TocqueVille.it quelle che definirei ossessioni identitarie, per lo più di chi coltiva l'illusione che utilizzando una forma di comunicazione dal tratto così individualista e personale come il blog sia utile ritrovarsi accomunati da un'identità politica univoca, neanche fosse un partito.
La domanda "identitaria" contiene in sé l'impossibilità di una risposta. Si vorrebbe che quasi mille blog si riconoscano «nei valori del centrodestra», che «sostengano l'azione di governo, o di opposizione, della Casa delle Libertà». E' qui che sorgono i primi problemi. Di quale centrodestra parliamo? Di quello italiano, c'è da supporre. Quali sono, se è dato sapere, questi valori? Come negare che lo statalismo sia un tratto prevalente nel centrodestra italiano? Parliamo del centrodestra com'è o di come lo vorremmo? Com'è oggi non piacerebbe a molti, troppi. Su come lo vorremmo, ciascuno ha le idee più diverse. A ogni blog sia lasciato di decidere se sostenere o meno il centrodestra, quando e su quali temi. Compito di un aggregatore è dare risalto adeguato ai suoi migliori contenuti.
Affrontare davvero la questione dell'identità politica di TocqueVille significa innanzitutto mettere nel conto due esiti: o non ci si riesce, perché la discussione, o il tavolo di studio, potrebbe durare mesi senza giungere a una sintesi; o, se ci si riesce, si ottiene il doppio risultato di spaccare una comunità che della pluralità di visioni dovrebbe fare la sua forza e di rinchiuderla all'interno delle mura troppo spesse di un contenitore di cui esistono già mille versioni. Di un nuovo portatore d'acqua al mulino delle coalizioni esistenti non si avverte alcuna esigenza nell'informazione.
Ridurre l'operazione politico-culturale TocqueVille a "i blog che sostengono" la CdL appare francamente riduttivo. Al contrario, il rischio, già alto, è che l'identificazione di TocqueVille con una sorta di sezione internet della CdL appaia scontata. Perdendo sempre più la propria capacità d'attrazione e comunicazione verso l'esterno, il rischio è che TocqueVille stesso si trasformi in un amplificatore di un pensiero unico di senso contrario, ma qualitativamente uguale, a quello cui vorrebbe contrapporsi. Una «eco-chamber», dove si entra e ci si diverte a sentire l'eco delle nostre voci, fu la felice espressione del Motel dei Polli Ispirati. Troppo spesso tali processi, invece di dare identità, finiscono per costruire solo delle anti-identità.
Non è pensabile, ad oggi, ritenere di escludere da un aggregatore come TocqueVille, con il respiro che aveva alla sua nascita, ben rappresentato da questa pagina speciale (evidentemente poco letta), blogger che ritengono che la cultura liberale non possa affermarsi con la semplice vittoria elettorale del centrodestra. Certo, comprendo che la tentazione di replicare lisi schematismi, di tornare alle care, vecchie, tranquillizzanti etichette (Polo/Ulivo; Destra/Sinistra), sia forte. Ma lo ritengo un preoccupante segnale di debolezza, un complesso d'inferiorità culturale, un'altra strada per sentirsi "moralmente superiori".
Il dibattito «alto» di Sestri
Per fortuna, nell'ambito di un dibattito più generale su informazione e libertà, media, web e pluralismo, che si è svolto lo scorso fine settimana a Sestri Levante grazie all'ottimo lavoro di Paolo Della Sala (blogger Le Guerre Civili), anche la riflessione su cosa dovrebbe essere, e cosa dovrebbe cercare di non essere TocqueVille, ha toccato vette più alte, intrecciandosi con interessanti analisi del fenomeno dei blog e dell'informazione nello specifico del difficile "caso Italia". Autorevoli interventi, dai quali emerge il velleitarismo di ogni approccio identitario, hanno trovato ampi consensi tra i presenti.
Arturo Diaconale (direttore del quotidiano L'Opinione) ha parlato di un paese diviso non lungo una linea di demarcazione destra/sinistra, ma di una società formale dal carattere oligarchico contrapposta a una società reale, «inconsapevolmente portatrice di idee di libertà, moderne», che non ha voce nel mondo ufficiale. I media italiani sono «nelle mani di ristretti gruppi oligarchici che determinano un'informazione verticale, che va dall'alto in basso per garantire gli interessi del vertice», mentre alla «società reale» non restano che internet, i blog, forma e fonte di un'informazione «orizzontale» che però non trova spazio nel mondo ufficiale. D'altra parte, sarebbe «una follia soltanto pensarlo».
La classe politica, anche del centrodestra, è naturalmente «impegnata a finanziare strumenti tradizionali che portano avanti tesi e politiche tradizionali e non ha nessuna intenzione di puntare al nuovo, perché attraverso il vecchio ha garantiti i propri interessi e li ha garantiti al meglio». Neanche il centrodestra si è «mai posto il problema della cultura politica. Non ha identità politica, e quando ha vinto le elezioni l'unica cultura politica che ha saputo esprimere è stata quella statalista dei post-fascisti, perché la cultura liberale non c'era». Con amarezza, Diaconale ha raccontato la sua esperienza di direttore di un giornale di nicchia che ha voluto mantenere libero (e liberale), presentando la sua come una «scelta del coglione agli occhi dei "miei", quelli che in teoria avrebbero dovuto supportarmi».
Coloro «che avrebbero potuto e potrebbero creare una cultura alternativa non lo fanno». Dunque, ha concluso Diaconale, «ci dobbiamo organizzare noi, non dobbiamo combattere gli avversari ma soprattutto gli "amici", che continuano a caratterizzare il centrodestra con la cultura post-corporativa. L'immagine culturale del centrodestra non è stata liberale, ma si è preferito il continuismo post-democristiano e post-fascista». Qualcuno la chiamerebbe la linea Fanfani-Almirante.
Il carattere peculiare di Tocqueville.it non sta in un unico modello culturale, ma in più culture «costrette a convivere per non trovarsi schiacciate dal pensiero unico dominante». E' un'esperienza che va preservata, perché semmai le diverse componenti «dovessero analizzare al loro interno le diversità tenderebbero fatalmente ad esplodere». Compito di Tocqueville.it è rappresentare uno «strumento di aggregazione» e di confronto, perché «il giorno in cui Tocqueville decidesse di darsi un ruolo politico, squisitamente politico, caratterizzato in maniera politica, introdurrebbe al suo interno il seme della discordia, della rottura».
Su Internet, e in particolare nei blog, sopravvive l'unica possibilità di un'informazione «alternativa», ha spiegato Diaconale, ma «nel momento in cui dovesse organizzarsi secondo schemi di tipo tradizionale aprirebbe lo spazio all'inserimento della società formale anche all'interno di questo mondo, e questo è il principale dei pericoli». Certo, un'attività finora personale, non remunerativa, troverebbe magari uno sbocco professionale, economico, ma «in quel momento dobbiamo mettere in conto che cambierebbe il tipo di informazione, da orizzontale a verticale, non perseguendo più gli interessi dei singoli individui ma di pochi gruppi oligarchici».
Dunque, «per preservare il fenomeno dei blog non possiamo pensare di utilizzarlo per dare vita a vecchie forme di aggregazione. Pretendere di organizzarlo sulla base di comuni denominatori di tipo culturale e ideologico è fatica sprecata». Piuttosto, occorre mirare a «far crescere la società dell'informazione orizzontale, in maniera antagonista e alternativa a quella ufficiale».
Marco Taradash ha paragonato l'esperienza dei blog a quella delle prime radio e tv libere degli anni '70. Il mondo dei blog deve riuscire a «mantenere il carattere rivoluzionario della comunicazione che ha in sé e al tempo stesso il carattere rivoluzionario politico. Compito dei singoli blog è di fare il blog. Compito di un aggregatore come TocqueVille è di tenere viva l'attenzione su una cultura» che Taradash ha definito con i suffissi "lib" e "con". Dai liberali, liberisti, e libertari più radicali, fino ai conservatori e ai "confessionali".
Tenere insieme tutto questo è la «scommessa» di TocqueVille. E' questo «il taglio innovatore che possiamo dare alla cultura politica italiana... il dovere civico e l'impegno politico di TocqueVille. Se vuole durare deve fare un salto di qualità». Innanzitutto, ha auspicato Taradash, «riequilibrando un po' tra la parte "con" e la parte "lib", perché in certi momenti sembra che la parte "con" sia troppo prevalente». Magari grazie al «buon sindaco», che vada «in cerca di immigrati».
L'appello di Taradash è sembrato particolarmente accorato: TocqueVille non perda la sua «caratteristica originale», preservi la «geniale invenzione di Andrea Mancia e gli altri», rappresenti un aggregato di "lib" e di "con". L'area lib-con è «difficile da definire di destra, di centrodestra, perché diversa da tutto ciò che esiste nel nostro paese». Non bisogna «sacrificare nessuno dei cittadini, ma riuscire a rappresentare le mille luci di New York». Ed essere capaci di «stare sul mercato», diventando un «broadcast» di blog.
Non è sospettabile di intelligenza col "nemico" neanche Mario Sechi (vicedirettore del quotidiano il Giornale), quando a Sestri ha detto che pur «ancorato ai valori liberali e conservatori», TocqueVille deve restare «distinto dall'azione politica, perché dev'essere strumento di pressione, di contro-informazione». I blog «non sono la campagna elettorale in sé», ma fanno opinione. Il rischio invece, è che «la politica fagociti o eterodiriga l'originalità del pensiero» dei blog, mentre il suo compito sarebbe non quello di «fare cultura», ma di fornire ad essa i mezzi per svilupparsi. Attenuando il digital divide italiano, costruendo le «autostrade digitali» («larga banda per tutti»), eliminando gli «oligopoli del cavo», liberalizzando le reti.
Se l'analisi della natura oligarchica dell'informazione e della politica è corretta, allora è dei blog, come nuovo strumento di comunicazione, e di Tocqueville come aggregatore di blog - certamente culturalmente e politicamente orientato - il compito di "fare opinione". E farla connettendosi in rete con più media - concetto caro a Le Guerre Civili - è, in senso lato, "fare politica". Forse l'unico modo oggi, in un contesto così bloccato, di fare "nuova politica". Laicamente, cioè in modo non ideologico.
L'urgenza è di «far crescere la società dell'informazione orizzontale, in maniera antagonista e alternativa a quella ufficiale». E di farla crescere veicolando le culture politiche che si sono ritrovate in TocqueVille. Questa sfida avrà successo se TocqueVille saprà mantenere, anzi rafforzare rispetto a quello che è oggi, un approccio che consente di accantonare le abusate, anacronistiche, riduttive quando non fuorvianti divisioni classiche della politica (destra/sinistra, laici/cattolici, progressisti/conservatori). Se TocqueVille, per dirla come 1972, «riuscirà a tenersi fuori da tentazioni partitocratiche o elitarie (né la strumentalizzazione né la nicchia), a superare la fase dell'identità negativa (importante per gettare le fondamenta ma insufficiente per costruire la casa) e ad evitare involuzioni contrarie ai principi che ne hanno ispirato la nascita, allora cominceremo davvero a divertirci».
Abbiamo bisogno di una cultura politica, ha scritto Wind Rose Hotel: «Se noi non facciamo di tutto per minimizzarlo», il fenomeno dei blog «è una novità assoluta che contiene in germe il superamento del modo tradizionale di fare informazione e, appunto, cultura», laddove le vecchie ideologie, i vecchi spartiacque, le "antiche" categorie mentali non funzionano più come strumenti di comprensione della nuova realtà.
Per quanto mi riguarda, rimango convinto delle poche, semplici discriminanti che ebbi modo di esprimere in questo articolo, che risale ai giorni di gestazione di TocqueVille e che trovò il consenso pieno di Andrea Mancia:
«... se avete un'alta sensibilità per la diffusione della libertà, della democrazia, dei diritti umani; un giudizio equilibrato, comunque non un pregiudizio, sull'amministrazione Bush e il pensiero neocon; se vi riconoscete nella critica a nazifascismo neo e post, comunismo neo e post, antiamericanismo, antisemitismo, superiorità morale della sinistra, pacifismo senza se e senza ma; se apprezzate l'emergere di una sinistra riformista, "blairiana", filoamericana e filoisraeliana; se vi interessa la difesa delle libertà individuali; se tutto questo non vi suscita repulsione e non vi lascia indifferenti, allora avete trovato la comunità che fa per voi».
Integrerei queste parole con quanto scrisse Antonio Scalari (Regime change): «Se siete di destra, tenendo presente le succitate spiegazioni, o se siete di sinistra ma vi attira di più l'alleanza con Blair che con la falce e il martello...», allora TocqueVille fa per voi.
21 comments:
"Endorso" al 100%. E lo dico da destra. Senza rischio di passare per radicale, rosapugnante o presunto tale... ;-)
Domenico
www.ilmegafono.net
Jim, solo per dirti che c'è un errore: nella parte finale del post, parli di TocqueVille e non più di Tocqueville.it.
:))
A proposito delle parole di Taradash, che tu sembri citare con approvazione, uno si chiede però che cosa tenga assieme l'«area lib-con». Il fatto di auto-definirsi «liberali»? Oramai siamo a un punto in cui il più lurido dei bigotti omofobici si definisce «cattolico liberale»... Sarà anche vero che l'area è «difficile da definire di destra, di centrodestra, perché diversa da tutto ciò che esiste nel nostro paese», ma di fatto, quello che mi sembra tenere assieme TocqueVille, da Benedetto Della Vedova a Stranocristiano, sia proprio il sostegno alla CdL. Non vedo dunque come qualcuno dell'altra parte, fosse pure un blairiano, potrebbe entrare a farne parte senza essere considerato (nella migliore delle ipotesi) come un ospite.
Se si vuole creare qualcosa di nuovo e significativo si faccia un aggregatore di blog liberali, nel senso più ampio del termine, dall'anarcosocialismo all'anarcocapitalismo, a cavallo fra sinistra e destra, ma lasciando fuori les cons, per favore.
Jim comincio con il dire che io non "pretendo" che mille blog si riconoscano nella mia idea e mi pare di averlo scritto chiaramente, mi piace solo che mi si dicano le cose come stanno realmente.
Se ritieni giusto non intavolare questa discussione per paura di lungaggini o scissioni io non mi trovo daccordo, il progresso è fatto anche di tentativi falliti e sono pronto ad affrontarne le conseguenze perchè, se come tu stesso dici il centrodestra si è mai posto il problema della cultura politica sarebbe ora che ora cominci a farlo.
Per fare questo sono anche pronto ad andarmene con quei quattro blog che vorranno seguirmi per tentare di intraprendere questa strada, spero concederai anche a noi il diritto di dimostrare che c'è del buono anche nel nostro modo di concepire la società, a te viene ampiamente dato facoltà di farlo ogni giorno.
Giuseppe, questa merita una risposta in pvt. Dove posso scriverti?
Master, tu pretendi che i blog di TocqueVille s'identifichino con il centrodestra, senza neanche spiegarci che idea hai tu di centrodestra, se è qualcosa di più di "non far vincere la sinistra".
Non capisco a quali "facoltà" che mi vengono concesse ti riferisci, non mi pare di averne più di te.
Resta e raccontaci il centrodestra che vuoi. Ci sarà qualcuno che è d'accordo con te, qualcun altro no. E qualcun altro ancora che siccome è "liberale" per ora il centrodestra non lo sostiene.
Trovi l'indirizzo email sul mio profilo di Blogger. Ciao!
"E qualcun altro ancora che siccome è "liberale" per ora il centrodestra non lo sostiene".
Che vogliamo fare, dopo aver letto questo? Vogliamo ridere a crepapelle sino a domattina?
Jim insisti io non pretendo niente, vorrei solo che il gruppo di blog più consistente di TV fosse concessa pari dignità rispetto a gruppi ben più sparuti. Non parlo di visibilità che ribadisco avere nella tua stessa misura, ma della parola "destra" in cui noi ci riconosciamo e che è stata evitata come la peste in quell'accidenti di disclaimer.
Secondo te fino ad oggi cosa mi ha trattenuto dall'andarmene se non la mia voglia di raccontare la mia idea di destra che spesso nemmeno coincide con quella di molti che dovrebbero pensarla come me, lo faccio ogni giorno e con me tanti altri. Siamo più di trecento dei 500 e spiccioli blog attivi di TV (non sparo cifre a caso avrai ricevuto anche tu copia del documento) ma sembra che di noi ci si vergogni salvo quando fa comodo inserirci nelle statistiche dell'aggregatore.
Vorrei vedere cosa scriveresti se fossi tu ad essere messo in un angolo.
Credo che Paolo abbia centrato il punto: se vogliamo far einformazione e soprattutto opinione verso "lettori esterni", risulta controproducente chiudersi in un recinto troppo ristretto.
Penso ad esempio che esistano vie parallele per sodisfare il bisogno di maggior chiarezza nell'appartenenza politica: ad esempio, mi sembra che BLogs4Cdl abbia gia' fornito un ottimo esempio di "sviluppo parallelo" a Tocque-Ville.it , con risvolti identitari e politici maggiormente marcati, ottenuti senza demolire la citta'.
Paolo, Christian, condivido i vostri commenti.
ciao
Esatto Jim,
come l'ossessione identitaria che ha i messo tu su Tocque-Ville fin dai primi vagiti della città.
Lo dissi allora e tu oltre al solito mistificatore non hai mai saputo dire. Mi fa piacere che tu ci sia arivato.
Un altro piccolo sforzo e magari...
"Il centro-destra (...) quando ha vinto le elezioni l'unica cultura politica che ha saputo esprimere ? stata quella statalista dei post-fascisti, perch? la cultura liberale non c'era..."
Questa é un'affermazione che contesto vivamente. Da quando in qua il centro-destra é statalista? É l'ultima razionalizzazione per giustificare lo spostamento a sinistra dei radicali?
La sinistra é statalista, la destra é senz'altro liberale in economia e conservatrice in altre cose.Poi oltretutto si parla di centro-destra, neanche di destra-destra..
A proposito, la collocazione dei radicali a sinistra é molto più logica che non a destra.
Se vogliamo considerare i partiti conservatori e attenerci a quegli esempi, i radicali non ci starebbero molto bene, salvo essere bipartisan quando la sistuazione lo richiede..
La cultura di destra é anche il "non" fare cultura, perché il bla-bla cerebrale é di sinistra.Tipico dei funzionari di partito e dei dipendenti pubblici sindacalizzati.
A destra si lavora e si allevano le famiglie e si creano imprese e , purtroppo si perdono le elezioni perché non si é abituati a frequentare la politica.
Io mi auguro che Tocqueville sia un motore per una destra italiana equivalente ai partiti conservatori nordamericani e lasci perdere la connotazione "liberale" che é stata ormai assorbita da cani e porci di sinistra. I conservatori non hanno più bisogno di ammantarsi con quella parola. Lo sono naturalmente in economia, giustizia e altro, ma sono molto prudenti quando si tratta di sconvolgere i valori tradizionali.
In Italia, quindi anche in TV, che può fare opinione, abbiamo bisogno di diffondere queste cose e non le solite minestre della sinistra di cui sono pieni tutti i media.
Bon, basta che ho già parlato troppo..:-)
"Non è pensabile, ad oggi, ritenere di escludere da un aggregatore come TocqueVille, con il respiro che aveva alla sua nascita, ben rappresentato da questa pagina speciale (evidentemente poco letta), blogger che ritengono che la cultura liberale non possa affermarsi con la semplice vittoria elettorale del centrodestra"
Non si uo' affermare solo con questo, ma aiuterebbe! ;-)
xLontana
Ma aggiornarsi no? Populismo, qualunquismo, spauracchio dei comunisti, pensioni a 800 euro, bonus bebè, assunzioni a tempo inteterminato nella scuola pubblica, meritocrazia a chiacchiere, proibizionismi assortiti e tanta retorica, la retorica infinita sui "valori" che serve da cortina fumogena.
E comunque, Lontana, quella è una frase pronunciata da Diaconale, che non è un oracolo, ma certo notoriamente non uno che è passato al centrosinistra.
Lontana ha ragione su un punto: affermare, come fa con superba superficialità il buon vecchio caro Jim, che il centrodestra sia illiberale, e facendo intendere che non lo si appoggia perché si è "liberali" e quindi si va a sinistra, è una forma di malriuscita razionalizzazione dell'ultima, ennesima trasformazione dei Radicali.
Jim, tu affermi che ci sono "liberali" che, proprio perché tali, non vanno a destra. Ma sei lo stesso Jim che ci propina Pannella e De Giovanni che arringano sulla compatibilità tra socialismo e liberalismo? Sei lo stesso Jim che vuole salvare "il meglio del socialismo", "la liberazione dei lavoratori"? E sei ancora tu, lo stesso private Jim che dopo 3 giorni di governo parlava di necessaria "exit strategy" radicale da questa maggioranza illiberale?
Confesso che, pur seguendoti giornalmente, non sono ancora riuscito a capire le tue posizioni.
Come disse Montanelli - che, come vedo, citi con piacere - a proposito di Pannella in una delle ultime interviste a Tmc di Elkann: "Pannella cos'è? Liberale? Socialista? Anarchico? Sono tutti concetti incompatibili, questi! Forse non lo sa neanche lui. E forse neanche se lo chiede"
comunista!
fatti non pugnette!!!
Chi ha votato bertinotti a presidente della camera e chi ci ha regalato un governo di sinistra, chi ha votato il primo presidente della republica che stava coi carri armati russi in ungheria. Sei un opportunista. Cioè un radicale. Non cianciare... ipocrita!
Per Ciccio:
nessuna delle cose che hai detto é statalista.
Le stesse misure le sta prendendo il governo conservatore canadese, insieme all'abbassamento di alcune tasse e all'aumento della spesa militare.
Il populismo ...ma da che pulpito viene la predica?
:-)
vi segnalo http://tarsia.blogspot.com/
un progetto culturale aperto (di destra)
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