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Tuesday, June 06, 2006

Il momento della carota... per gli europei

Si parla di «fase completamente nuova» nell'approccio americano al dossier nucleare iraniano dopo l'apertura al negoziato promossa dal segretario di Stato Usa Condoleezza Rice. Via libera al "pacchetto" di incentivi offerti dagli europei a Teheran in cambio della rinuncia ad arricchire l'uranio: cooperazione sul nucleare civile; misure economico commerciali (tra cui addirittura l'ingresso nel WTO); assicurazioni sulla sicurezza. Ma è l'apertura americana a dare credibilità e sostanza all'intero "pacchetto".

E' il momento della carota, dunque? E chi può dirlo? E' possibile che la Rice abbia voluto "vedere" il bluff iraniano. Washington potrebbe aver deciso di smussare la propria rigidità per dare prova agli europei della sua buona volontà e, allo stesso tempo, per dimostrare, invece, la cattiva fede iraniana, sperando così di compattare i "sei" sulle sanzioni qualora Teheran rifiuti anche questa offerta. Non sarebbe sbagliato quindi, parlare di una carota mostrata agli europei più che ai mullah.

In ogni caso, rimangono i «grandi assenti», di cui ho parlato in una lettera di venerdì scorso a il Riformista:
Caro direttore, studenti e minoranze animano il fronte interno che sfida gli ayatollah, ma l'Occidente che li seduce con la prospettiva di una società aperta, libera e giusta, poi li abbandona... Destra e sinistra non se ne occupano; per i realisti da che mondo è mondo contano stabilità ed equilibri tra interessi; persino Bush ultimamente se n'è scordato. Per i mullah i negoziati non sono che una tattica dilatoria: prendere tempo, dividere la comunità internazionale dinanzi al fatto compiuto, isolare il fronte interno. «Vedete?», diranno i mullah al loro popolo, «americani ed europei stanno trattando con noi, non vogliono la nostra rimozione, riconoscono la nostra legittimità». In realtà, nonostante le repressioni, gli iraniani di ogni etnia si fanno forti di ogni istanza, locale o studentesca, per invocare il cambio di regime. Quando capiremo che la nostra più grande arma è il popolo iraniano e che a differenza della bomba la possiamo "attivare" subito? Lì c'è la "politica preventiva", non nel pantano diplomatico che ripercorre le vie della crisi irachena, arrivando al punto in cui la guerra non sarà più evitabile.

1 comment:

Anonymous said...

jim. Poichè da realista come sai disprezzo gli individui e i loro diritti avrei bisogno che tu mi spiegassi dove dovremmo metterei i grandi assenti. Cioè, spiegami un po': chiamiamo tutti gli iraniani a raccolta a Bruxelles. Diamo ad ognuno di loro un minuto per parlare ad una conferenza internazioanle (sono 70 milioni... ci vorrebbe un po' di tempo).

Spiegami i grandi assenti dove li metti. Per favore, aa.