«... mandare in pensione anticipata 100.000 dipendenti pubblici (su un totale di oltre 3 milioni e mezzo) e sostituirne due su dieci con nuovi assunti giovani. Poiché una pensione costa allo Stato il 65% del salario di un dipendente pubblico, si risparmierebbe anche se i nuovi assunti fossero tre per ogni dieci prepensionati. O, meglio ancora, si potrebbe assumerne solo uno per ogni dieci pensionati, ma di livello più elevato e pagandolo il doppio: si continuerebbe a risparmiare ma rafforzando l'efficienza della Pubblica Amministrazione».Proposta che trovo addirittura generosa, perché com'è noto, su questo blog non ci si accontenta. E allora occorrerebbe accompagnare questa misura con una revisione del dell'impiego pubblico, per improntarlo a criteri di efficienza e produttività. E' a maggior ragione quando vengono spesi soldi pubblici che si deve accertare l'utilità di questa spesa. E a maggior ragione nel pubblico impiego che ci dev'essere elasticità nei licenziamenti.
D'altronde, né la destra né la sinistra hanno più scuse, se anche Zapatero sta dicendo, pare, «addio» al posto fisso degli statali. Nel marzo scorso i giornali riportavano le parole pronunciate non da un liberista selvaggio, da un massacratore sociale, ma da Jordi Sevilla, ministro per la Pubblica Amministrazione del governo socialista spagnolo, presentando la bozza di uno Statuto del Pubblico dipendente, che «significherà innanzi tutto introdurre una grande novità: che i pubblici dipendenti rispondano continuamente del loro lavoro, che la continua valutazione obiettiva costituisca un elemento chiave della modernizzazione», fino alle estreme conseguenze per cui «la permanenza nel posto di lavoro dipenderà da come questo sarà svolto».
Nel frattempo, anche Tito Boeri, su La Stampa, osserva che dall'insediamento del Governo Prodi è trascorso un mese e «non è ancora chiaro quale sarà il programma dei "primi 100 giorni". Nella migliore delle ipotesi potrà dunque essere un programma dei 70 giorni...».
La situazione dei conti pubblici, scrive, non permette al Governo di attuare la sua principale promessa elettorale, la riduzione di 5 punti del costo del lavoro, in modo generalizzato. Dunque, «se taglio del cuneo fiscale ha da essere, questo non può che essere selettivo. Ma come operare la selezione?»
E' qui che scopro con piacere che Boeri avanza la mia stessa obiezione: «... un intervento selettivo sul lato delle imprese potrebbe violare la normativa comunitaria e, soprattutto, rischia di portare a risultati opposti a quelli desiderati... impossibile selezionare i beneficiari nell'unico modo non distorsivo, cioè basandosi su comportamenti passati, non più modificabili dalle imprese stesse. A meno di creare nuove e complesse amministrazioni per la selezione dei beneficiari, sulla base di documenti esibiti dalle imprese. Un incubo».
Quindi, propone «l'unica selettività possibile», quella «sul lato dei lavoratori, limitando l'intervento a coloro che percepiscono salari più bassi». Ma oltre a divenire preda delle fasce di salario più sindacalizzate, anche questo tipo di selettività causa «inefficienze e ulteriori distorsioni», seppure indiretti, come scrive Guido Tabellini sul Il Sole 24 Ore: «La verità è un'altra. Il governo è restio a una riduzione generalizzata del cuneo fiscale perché non sa come far fronte alla sua copertura». Ma questo è tutt'altro problema.
8 comments:
I miei genitori vanno ripetendo queste cose da decine di anni.
Vi assicuro che sono persone assolutamente normali, senza doti intellettive particolari.
Che la storia degli statali sia vecchiotta non è una novità, mi viene da dire meglio tardi che mai.
Ora quanti anni ci vorranno ancora per passare dalle parole ai fatti?
Ai radicali, per cui simpatizzo, ed in particolare a te Jim, che hai scritto l'articolo, chiedo: "è possibile modernizzare, snellire e flessibilizzare il mondo degli statali in Italia in tempi non biblici? In particolare è possibile farlo durante questa legislatura e con questo governo?"
Io credo di no.
Come al solito non mi lamenterò nel caso i fatti mi smentiranno clamorosamente.
Ottavio, anch'io sono pessimista, ma noi staremo qui a ripeterlo fino allo sfinimento. Giusto?
;-)
Fatemi capire: è meno oneroso mandare in pensione un 50enne dipendente pubblico e pagargli mediamente 30 anni di pensione, piuttosto che fargli finire la vita lavorativa, inserendo poi comunque 1 giovane ogni 10 pensionati? Oppure è solo una questione di tempo, perchè vogliamo fare presto e siamo disposti a spendere anche di più per questo?
Beh, Nicola, c'è da fare i conti, però Rossi e Giavazzi sostengono questo proprio in quanto lo stato ci risparmia. D'altronde se mandi via 10 e assumi 1 e a quei 10 dài il 65%, pagando in più del previsto solo 3-4 anni prima, intuitivamente i conti tornano.
Jim, innanzitutto ti ringrazio per la prontezza e l'educazione nel rispondermi. Spero di non diventare troppo pedante, ma vorrei capire meglio e quindi ti pongo domande, se non ti dispiace :-D
La constatazione che un dipendente pubblico costa di meno se è in pensione, parte dalla consapevolezza che la sua produttività è prossima allo zero, giusto?
Perchè se intuitivamente il risparmio è del 35% sul costo dello Stato, dal punto di vista dell'entrata (cioè della produzione di quel lavoratore) quando lo stesso va in pensione lo Stato "incassa" zero. Quindi resterebbe da stabilire se la produttività di quella persona copre, mentre è a lavoro, quel 35% di costo in più, oppure no. Nel caso in cui la produttività è minore di quella differenza, lo Stato ci guadagna a mandare in pensione il dipendente. Sbaglio?
p.s. So che è difficile calcolare la produttività, soprattutto nel settore pubblico, ma se un lavoratore svolge una mansione utile, penso sia più difficile mandarlo via prima del tempo; se è uno dei tanti raccomandati scansafatiche, firmo subito la proposta di legge! E comunque, orientativamente, sono d'accordo quando si mira a ridurre il numero degli statali e la spesa pubblica.
Sinceramente, credo che la proposta miri a far risparmiare.
Non è che le puoi cancellare quelle persone. Comunque o lo stipendio o la pensione la devi pagare. Per 3 o 4 anni invece di pagare quelle persone con il 100% le si paga il 65% e solo 1 su 10 viene rimpiazzato.
Bel post, Jim e idea meritevole.
Unico appunto: "starve the beast" aveva un significato decisamente piu' ampio - cercare di abbattere la spesa pubblica e contemporaneamente ridurre sia la tassazione che le possibilita' di indebitamento, in modo da ridurre la quantita' di denaro a disposizione della pubblica amministrazione; la proposta Giavazzi e' utile, ma si limita a ridurre il tasso di crescita della spesa: non si affama nessuno, qui al limite stiamo negando il bis del dolce.
Nella proposta dell'on. Rossi continene un errore tecnico ed un errore ideologico.
(ad essere precisini precisini sono errori di omissione)
1) Errore tecnico.
OK, la pensione costa allo stato il 65% dello stipendio.
Ma non si dice qunato costa all'INPS.
Ovviamente per l'INPS un lavoratore passa da "produttore" a "fruitore", e non è poco: rifacciamo i conti!
2) L'errore ideologico (che non è di Rossi ma dell'ottimista Giavazzi)
Paragona questa proposta alla rovluzione Tacheriana: Orrore! La lady di ferro aveva posto come condizione principale una verifica / esame.
Meritocrazia al cubo. Ovverosia se non sei capace NON ti faccio più lavorare!
Credo che questa condizione (necessaria sia dal punto di vista ideologico, sia dal punto di vista pratico) siua difficile da far digerire a chi è cresciuto disprezzando la meritocrazia e andando in piazza per il 6 politico.
Nulla toglie al coraggio dell'on. Rossi, al quale va la mia lode (per quanto valga)
IMHO
ettore gonzaga
PS:
Poi non dimentichiamo che in Italia i pensionati (pre) lavorano in nero!
Io sono convinto che l'amministrazione pubblica funzionerà meglio eliminando delle persone e non assumendone altre. Ovviamente non l'eliminazione fisica ... ma in una bella stanziana a colorare album: non fanno danni e non lavoreranno in nero.
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