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Thursday, June 01, 2006

L'Italia di Draghi è anglosassone

La relazione di ieri di Mario Draghi è stata accolta positivamente dai commentatori e speriamo che lo sia, nell'azione di Governo, anche da parte della classe politica. Dario Di Vico, sul Corriere, scrive che «quella delineata da Draghi è un'Italia... che predilige la democrazia universalistica di stampo anglosassone e si lascia alle spalle oligarchie, protezionismo e corporativismo, i pilastri della cultura politico-sociale di stampo renano».

Le considerazioni del Governatore della Banca d'Italia sono state accolte entusiasticamente anche da Alberto Alesina, che osserva: «E' importante sia quello che Draghi ha detto sia quello che non ha detto». Non ha accusato l'euro o la Cina, ma si è concentrato «sul pessimo andamento nell'ultimo decennio della produttività sia del lavoro sia dell'insieme dei fattori».

Ha invitato il mondo delle imprese a rinunciare ai sussidi agli investimenti, compresi quelli diretti al Sud, «in modo da liberare risorse per sgravi fiscali» e «far funzionare mercato e concorrenza».

Apprezzata la citazione dello slogan blairiano: «Tutelare il lavoratore piuttosto che il posto di lavoro». «Ovvero va concessa alle aziende la facoltà di licenziare e ristrutturare e il lavoratore va protetto con sostegni al reddito ben congegnati e volti alla ricerca di un nuovo impiego. Questo è il modo migliore per eliminare il dualismo esistente tra chi ha un posto a tempo determinato e informale e i superprotetti illicenziabili».

1 comment:

Ottavio said...

In un gran numero di messaggi, interviste, dichiarazioni, molte personalità più o meno importanti sostengono ed hanno sostenuto le tesi esposte da Draghi, e questo è positivo, significa che si ha bene in mente la via che l'Italia dovrebbe seguire per ottenere dei buoni risultati.
Purtroppo alle parole non seguono mai i fatti.
La questione è che le dichiarazioni di Draghi comportano un altissimo costo politico che questo governo non può permettersi di pagare, ha già tutti i conti in rosso...
Suppongo che pochi dei consigli di Draghi possano essere attuati nel breve periodo e nemmeno nel medio-lungo nel caso dovesse sussistere l'attuale equilibrio politico.
Forse ci si dovrebbe concentrare di più sul modo in cui creare il cambiamento anzichè semplicemente auspicarlo.
Da parte mia ritengo un'ottima via la nascita di un terzo polo politico veramente liberale che sia disposto a perdere pur di mantenere una certa coerenza con le proprie idee.