Se «la Somalia è il laboratorio in vivo dell'abominio degli abomini: la guerra contro i civili», forse dovremmo interessarcene, ci vuole dire
André Glucksmann, sul
Corriere della Sera di oggi.
«Ricordate quando, patrocinate dall'Onu, truppe internazionali, con gli americani in testa, sbarcarono a Mogadiscio (Operazione "Restore hope", 1993)? Bisognava garantire la sopravvivenza di una popolazione affamata e massacrata da clan rivali. Avendo perso 19 dei loro soldati in una spaventosa trappola, i soldati americani tornarono indietro. Il resto è noto. Clinton, scottato, giura "mai più" e un anno dopo rifiuta d'intervenire in Ruanda (aprile 1994), dove sarebbero bastati 500 caschi blu per interrompere il genocidio che travolse un milione di Tutsi in tre mesi (record di Auschwitz battuto nel rapporto rapidità/numero di vittime)».
Effetti a lungo termine dei processi di decolonizzazione. Glucksmann non esita a mettere in discussione uno dei miti fondanti delle sinistre occidentali, quelle guerre di
liberazione, spesso accolte con troppo entusiasmo, che raramente hanno portato la
libertà e più di frequente hanno generato «nuovi dispotismi più o meno totalitari».
«Al termine di tale sisma storico mondiale, i due terzi dei nostri simili hanno perso i loro punti di riferimento. Non possono vivere come prima. E non possono più (...) esistere come i cittadini tranquilli degli Stati di diritto occidentali».
Il filosofo francese quindi avverte che
«la minaccia che pesa sulla società irachena non è una vietnamizzazione, ma una "somalizzazione"».
«Sarebbe stato meglio non far cadere Saddam autorizzandolo a completare per un altro decennio la sua orribile rassegna di torturati, sciancati e cadaveri? Uno o due milioni di vittime in un quarto di secolo? Gli iracheni, malgrado le minacce di morte, si sono recati per tre volte, sempre più numerosi, alle urne, e non sembra rimpiangano la caduta del dittatore. E' bene che oggi i soldati americani e i loro alleati sloggino immediatamente come in Somalia?»
«La lotta per evitare la "somalizzazione" del pianeta comincia appena, probabilmente dominerà il XXI secolo». C'è poco tempo per le «nostre tergiversazioni». «Occorre scegliere. O si accetta la somalizzazione generale cercando rifugio in un'illusoria fortezza euro-asiatica. O
si resuscita un'alleanza democratica, militare e critica euroatlantica».
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