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Thursday, June 01, 2006

Promuovere la democrazia. Una politica estera

Qual è una politica estera di sinistra? Non lo è, forse, la promozione della democrazia? Per discutere di questo tema il quotidiano Il Foglio e l'autore del libro "Cambiare regime", Christian Rocca, hanno invitato alcuni dei massimi esponenti intellettuali della sinistra liberale e antitotalitaria, Paul Berman, John Lloyd, Christopher Hitchens, il segretario dei Ds Piero Fassino e Adriano Sofri, al rientro pubblico dopo una lunga malattia.

La diffusione della democrazia sempre più si dimostra, anche in chiave realistica, il migliore strumento per garantire la sicurezza e la pace, ma i presenti si sono interrogati sul ricorso all'uso della forza, sulla sua legittimità politica e morale, contro le tirannie e le violazioni dei diritti umani. Molto si è discusso anche della recente guerra irachena, delle precedenti guerre jugoslave, della questione del nucleare iraniano, della minaccia del «fascismo islamico» e della teoria della guerra preventiva dell'amministrazione Bush. Sì, una sinistra liberale e antitotalitaria dovrebbe impegnarsi nella promozione della democrazia.

L'audiovideo del dibattito
Radio Radicale

26 comments:

Anonymous said...

un mio amico e' andato al dibattito. Opera nell'ambiente della politica estera e di difesa. Per motivi di privacy non posso aggiungere altro. Mi ha detto: dopo dieci minuti sono scappato tante assurdita' ho sentito.

Non devo aggiungere altro se non che in Italia, prima che fare una politica estera di sinistra bisogna fare una politica estera.

Nel nostro paese non c'e' uno che elabori i nostri obiettivi, i nostri interessi e le minacce a cui siamo sottoposti.

E di qui tracci una linea di politica estera.

Come un'azienda che voglia fare profitti senza sapere cosa produrre.

Insomma: questi sono dibattiti abbastanza inutili. Non solo perche' nascono da visioni parziali e manichee (oltreche' sbagliate) ma perche' non fanno i conti con l'oste. aa

ps: quindi, mi permetto un consiglio ai radicali. Suggeriscano di fare un documento nel quale si rilevano i nostri interessi nazionali, i nostri obiettivi, le nostre debolezze e le minacce dalle quali dobbiamo proteggerci. E quindi, alla luce di quanto elaborato, propongano una politica estera sensata. Qui non c'e' accademia, solo tanto pragmatismo. Se poi si chiama realismo, tanto meglio. Altrove lo chiamerebbero buon senso.

Anonymous said...

Ma sei sicuro ? il dibattito è durato 2 ore e mezza e dopo 10 minuti aveva parlato solo Rocca. Il "buon senso" mi dice che il tuo amico stratega non te l'ha raccontata giusta....

Ciao Paolo :)

Anonymous said...

dopo mi vedo la trasmissione online. E poi diro'. A chi opera nel campo degli studi strategici e relazioni internazionali sia come operatore (il mio amico) o come studioso (io) interessano i fatti e le analisi sensate. Non la vuota retorica.

leggi da me o da semplicementeliberale le critiche al libro di rocca e poi ne parliamo, aa.

Anonymous said...

Quoto il commento di aa.

Con tutta la stima possibile per Rocca - che considero un ottimo giornalista - la politica estera è tutt'altro.

Questa è calcolo preciso delle forze, nostre e altrui; è approntamento di strumenti - finanziari, politici, culturali, militari; è, infine, perseguimento, con gli strumenti predetti, degli obiettivi perseguibili.

Insomma, proceduralmente: calcolo delle forze, definizione degli strumenti, elaborazione degli interessi nazionali perseguibili in base alle prime due voci (forze e strumenti disponibili), azione coerente alle prime tre voci.

L'ultimo passaggio (la coerenza tra elaborazione, approntamento ed azione) dimostra l'assoluta e preminente eticità di una politica estera così concepita.

Riquoto aa: è buonsenso, oltre che competenza. Se poi questo buonsenso - per convenzione o per accademia - vogliamo chiamarlo realismo, tanto meglio. Il resto, mi si perdoni la sinteticità, è fuffa inutile.

Anonymous said...

per curiosità, perchè il buon senso dovrebbe valere solo per la politica estera ? perchè non sarebbe accettabile un dittatore in casa nostra, naturalmente in nome dell'interesse nazionale ?

Anonymous said...

ciao Paolo

Anonymous said...

che affermazione ridicola.

Piuttosto dimmi se a te interessa una politica economica (questo è un parallelismo che quadra) di destra o di sinistra o invece una che aumenta il benessere dei cittadini italiani.

aa

Anonymous said...

Caro Paolo, te lo spiego subito perché l'Italia non avrebbe alcun interesse a trasformarsi in una dittatura: 1) verrebbe isolata internazionalmente, espulsa dall'Ue, dall'Osce, dalla Nato; 2) geopoliticamente decisiva per l'azione Usa in Medio Oriente, essa sarebbe destabilizzata a livello interno dal deflusso epocale di capitali interni e stranieri e dall'attività diplomatica degli ex alleati che ne approfitterebbero per ingerire immediatamente, sia al fine di farla tornare una democrazia, e quindi riammetterla nei loro consessi, sia, una volta fatto ciò, per ammetterla alle "loro" condizioni e con i "loro" standard, depotenziandola completamente in termini di nuovo status internazionale e di autonomia politica.

Ecco perché è cosa assurda, quella che sostieni, e allo stesso tempo unicamente spiegabile col metodo razionale dell'interesse nazionale.

Se la stessa domanda la poni ad un Rocca o un Punzi o un Polito o un Riotta o a qualsiasi altro idealista, ti risponderà che il nostro interesse nazionale è la democrazia, i diritti umani, etc. etc. e che perciò la dittatura in casa nostra è cosa intollerabile. Il che è assolutamente vero. Ma in termini di politica interna e di filosofia politica, oltre che di libertà individuale. Ma non spiega alcunché in termini di politica estera italiana.

Anonymous said...

Il contesto che descrivi non è assolutamente immutabile, come fa "un realista" ad escludere in assoluto che in un ipotetico futuro, con un quadro internazionale completamente diverso, quello che ritieni essere "l'interesse nazionale" si possa difendere meglio con una dittatura piuttosto che con la democrazia ? Se è giusto per gli occidentali appoggiare Pinochet in Cile per motivi strategici e geopolitici, perchè invece i cileni "realisti" avrebbero dovuto ribellarsi ?
Scusami, sarò duro di comprendonio, ma mi sfugge.

Anonymous said...

Ciao Paolo

Anonymous said...

Ti consiglio http://www.democraziaglobale.it/

Anonymous said...

Grazie mille ! :)
Ciao Paolo

Anonymous said...

E infatti nessuno, qui, ha negato che fra 20, 50, 100, 1000 anni, il quadro non muti. Come è mutato nel corso dei secoli, infatti.

Coloro i quali partono da scenari immodificabili sono gli idealisti wilsoniani. Pongono dei valori universali e perseguono nella realtà il raggiungimento di quell'ideale in modo globale, assoluto, totale. Punto.

Il liberalismo non è nato democratico. Ha incontrato il movimento democratico e lo ha combattuto (1840-1860). Poi è sceso a patti, e ha trionfato nella formula liberal-democratica, esclusivamente per avere la meglio sul socialismo (1870-1930).

Oggi, coloro che nascono "democratici" si vantano di voler espandere (legittimamente, per carità) il loro credo: la democrazia, spacciandolo per verbo liberale. Errato.

I liberali classici - i veri liberali - erano assaliti dalla realtà. Combatterono e vinsero l'assolutismo con strumenti reali, prima che ideali. E sfruttarono l'analisi realista degli equilibri internazionali.

E' l'avvento del socialismo, e poi della socialdemocrazia novecentesca a mutare il quadro, anche dal punto di vista politico-filosofico.

Per dirne una: Wilson, il capostipite dell'idealismo diplomatico, disconobbe la c.d. "diplomazia del dollaro" di Taft, affermando che "lo sfruttamento della finanza, dei capitali, del commercio, nelle relazioni internazionali è immorale". Per uno scherzo della storia, oggi, i suoi innumerevoli discepoli mostrano di avere lo stesso cattivo rapporto con la libertà economica, la vedono subordinata a quella politica, e ciò, nelle relazioni internazionali, si riflette nella voglia smodata di Governi europei, mondiali, nel desiderio di democrazia, di politica. Ché l'economia verrà. Se verrà.

Anonymous said...

Sbaglio se prendo atto che la mia affermazione non era poi così ridicola ? se il liberalismo non è nato democratico e potrà ritornare non democratico tra venti, cento o mille anni allora mi schiero con decisione dalla parte degli idealisti progressisti, sono anch'io convinto che la democrazia sia un valore irrinunciabile.
Sarà un caso che mi sono sempre considerato di sinistra ?

Ciao Paolo

Anonymous said...

No, non è un caso. Ho letto da qualche parte una bellissima precisazione: gli uomini di sinistra lottano per espandere la democrazia nel mondo; gli uomini di destra lottano per espandere la libertà nel mondo.

Verissimo. E tra libertà e democrazia, l'eticità dell'azione sta tutta nella prima causa.

Anonymous said...

Private Jim, questo te lo dedico:

http://www.bloggers.it/semplicementeliberale/index.cfm?blogaction=permalink&id=9527AAE8-00EA-34FA-6B519E3A2CFE3DEC


;)

Anonymous said...

paolo: i tuoi "genitori politici" sostenevano anch'essi la democrazia nel mondo. Aiutando la Cina di Mao, la Jugoslavia di Tito, etc. tutte "democrazie".

aa

Anonymous said...

interessante, e come è possibile conciliare l'espansione delle libertà nel mondo con l'instaurazione di regimi tirannidi?

Ciao Paolo

Anonymous said...

aa, mi spiace tanto ma politicamente mi sento orfano :)

Ciao Paolo ;)

Anonymous said...

paolo: la disinformatja di jim, rocca, surreale e amici si vede nelle tue parole. Un realista non è uno che vuole dittature in tutto il mondo, come loro sostengono. Piuttosto è probabile che ciò accada se qualcuno da retta loro. Al momento per fortuna non sembra sia così.

Un realista è uno che pondera fini e mezzi per servire gli interessi del proprio paese. Punto. Un idealista è uno che sogna ad occhi aperti e pensa pure di avere ragione.

aa

Anonymous said...

Ciao Federico, siamo assolutamente d'accordo.

Sul mio blog trovi un invito per te.

http://Panther.ilcannocchiale.it/

Anonymous said...

aa, noto con dispiacere che non mi ritieni capace di pensare autonomamente :)
Mai detto che i realisti vogliono dittature dappertutto.
Piuttosto continuo a domandarmi se un vero "realista" non debba domandarsi se Mao o Tito in buona fede non abbiano fatto altro che "ponderare fini e mezzi per servire gli interessi del proprio paese"...
Sei proprio sicuro che siano un problema mio ?

Ciao Paolo

Robinik said...

Quoto aa & SL e aggiuno che Sofri che parla di "Cambiare Regime" è inquietante.

A quando una conferenza con Saddam & Bin Laden?

Anonymous said...

l'unico modo per continuare a parlare di politica estera dopo essersi sputtanati nel sostenere una guerra che, come previsto, si e' trasformata in un'immensa carneficina, e' il rifugiarsi nelle astrazioni.

Mauro Annarumma said...

Salve, spero di non arrecarvi troppo disturbo.. Ho pensato che si debba porre fine al silenzio dei media italiani sul genocidio in atto nel Darfur, così sto lanciando questa iniziativa: Italian Blogs For Darfur. Mi sembra che possa essere efficace l'idea delle email alle emittenti televisive, basta compilare un modulo sul blog. Se trovate l'iniziativa interessante, vi sarei veramente grato se poteste iniziare un tam-tam, in modo tale da creare un piccolo gruppo...
Grazie.
Fabrizio


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Thank you!
IB4D

http://itablogs4darfur.blogspot.com

Anonymous said...

paolo: mi sembra che tu non abbia chiari i termini della contesa.

consiglio: continua a leggere jim momo, lo faccio anch'io. Se però vuoi avere delle informazioni utili, e delle analisi sensate (parlo della politica estera) magari fai un salto sul mio blog.

saluti, aa.