Su il Riformista di oggi:
Caro direttore, innanzitutto rigetto l'idea dei «due fondamentalismi» contrapposti. Da una parte, infatti, vedo i proibizionisti, dall'altra chi ritiene che le crescite di libertà debbano essere regolamentate. Dunque, la scelta è tra divieti e regole. Rigetto anche l'«etica del limite». La natura, soprattutto quella umana, non è mai stata immutabile. Di fronte a ogni progresso, scientifico o sociale, qualcuno è sempre prodigo di moniti a "non lasciare la strada vecchia per la nuova". C'è sempre un ordine millenario e "naturale" minacciato dal caos. Sul luogo comune della «naturalità della natura» rimando alle riflessioni di Ocone su il Riformista. L'uomo non è, forse, parte della natura? Non è, quindi, "naturale" ciò che egli fa? Come può dirsi «contro natura» l'omosessualità, per esempio? Quando usiamo dire che qualcosa non è "naturale", volendo in questo modo bandirla, intendiamo in realtà che non è "giusta", applichiamo una categoria del naturale che risponde alla cultura di un'epoca e di un ambiente sociale ben definiti. «Non tutto ciò che tecnicamente può essere fatto è eticamente desiderabile», è «bene» farlo. Ma le categorie del desiderabile e del bene appartengono al legislatore, o alla speculazione dei filosofi e degli scienziati nel libero mercato delle teorie? La ricerca di una cura può fermarsi di fronte a ciò che Habermas, o chiunque altro, trova «osceno»? Comune senso del pudore, disagio intellettuale, paura dell'ignoto. Sono questi i limiti che la scienza non può varcare? Quale limite portarci dietro, dunque? Non sia etico, ma quello liberale del rispetto della libertà dei cittadini. Altrimenti, il rischio è di trovarci di fronte a delle nuove Colonne d'Ercole. Vivere sotto un velo d'ignoranza può sembrare più semplice, ma l'uomo, dovremmo averlo imparato, proprio non ci riesce, e nessuno vuole nuovi casi Galilei.
1 comment:
Almeno nel post ho corretto ;-)
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