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Wednesday, June 01, 2005

Definirlo "trucchetto" è dire poco

Dunque, partiamo dal dato di fatto che a definire la campagna per l'astensione un "trucchetto" si va con la mano leggera, ci si tiene stretti. Astenersi, cioè non andare a votare, rimane un diritto del singolo come mettere in piedi una campagna per l'astensione è del tutto legittimo. Come spesso accade negli ordinamenti democratici e liberali, nello stato di diritto, la nostra libertà è sottoposta a limiti e vincoli. Il prof. Michele Ainis, oggi su La Stampa, ci ricorda l'esistenza di una norma che stabilisce che chi svolge funzioni pubbliche e i ministri di culto non possono indurre i cittadini all'astensione «abusando delle proprie attribuzioni e nell'esercizio di esse». Questa norma (art. 98 Dpr 361 30 marzo '57, valida per le elezioni politiche, ma estesa ai referendum dalla legge 352 25 maggio 1970) non lede la libertà d'espressione dei soggetti interessati, che rimangono liberi di partecipare attivamente a qualsiasi campagna elettorale. Tale libertà però incontra dei paletti quando si concretizza la possibilità che tali soggetti si avvalgano di un potere pubblico per convincere i cittadini.
«... i costituenti non concepirono il quorum per unire contrari e indifferenti in un unico paniere... i comuni cittadini restano ovviamente liberi di depositare o meno il proprio voto... i sostenitori dell'astensione, viceversa sono responsabili di una grave scorrettezza, specie se parlano da un pubblico pulpito...»
Se durante una sessione di esami universitari ce la stessimo facendo sotto e il professore ci esortasse caldamente a votare per Berlusconi, o a votare "Sì" ai referendum, non sarebbe forse un abuso della sua posizione, non lo percepiremmo come un sopruso, un ricatto? Se il nostro datore di lavoro ci pagasse per andare a votare ai referendum, o ci spiegasse con accuratezza di particolari che per il bene dell'azienda e di noi dipendenti dovremmo votare per Berlusconi, non sarebbe un comportamento intimidatorio? Nel caso queste esortazioni giungano dalle gerarchie di una Chiesa la cosa si fa più delicata. Se nelle mani del professore c'è l'esito del nostro esame e nelle mani del datore di lavoro ci sono il nostro impiego e la nostra paga, per i credenti nelle mani di vescovi e parroci c'è la loro anima, il loro rapporto con Dio, qualcosa che tocca nel profondo le coscienze.

Se però la parola deve passare ai giuristi sull'interpretazione della norma citata, e qui non si vuole in nessun modo dire "ok, partiamo con le denunce", permetterete che la polemica sulla campagna astensionista della Cei non è astratta ma ancorata a precisi dati di fatto, due leggi che parlano chiaro e che chiamano a una riflessione da fare insieme. Un'interpretazione come un'altra, opinabile, ma non campata in aria.

Di fronte a ciò che sta accadendo in questa campagna referendaria, con 25 mila parrocchie militarizzate e il pressing asfissiante della Cei, persino la "pazienza" di Massimo D'Alema ha trovato il suo limite:
«Nessuno contesta il diritto-dovere della Chiesa di dire la sua su una materia delicata come la fecondazione assistita. Però una cosa è un'indicazione di carattere etico, altra cosa è una scelta di voto, che tra l'altro è molto discutibile perchè mira a vanificare il referendum in modo furbesco. Volere vanificare il referendum sommando l'astensione militante all'astensione fisiologica di chi va al mare è una furbizia».

3 comments:

Anonymous said...

Jim,
argomento del cazzo, permettimi la franchezza. Ne ho scitto ormai in troppi blog per riscriverlo anche da te.

"Abuso" e ciò che ne segue, in diritto penale, non è nozione "filosofica" o in altro modo astratta, ma concetto concretissimo da relazionare - secondo consolidate regole ermeneutiche - a quello di "attribuzioni", di "induzione" e ad altri concetti e regole generali su cui si fonda il diritto penale (e non riassumibili qui).

Ti faccia meditare il fatto che Ainis non cita la giurisprudenza di Cassazione in materia, che ha sempre negato la sussistenza del reato, in capo ai ministri di culto; e pure il fatto che nessuno parta con denunce formali o procedimenti (almeno di fatto) d'ufficio, sebbene le notitiae criminis siano sovrabbondanti.

E, come ho già avuto modo di scrivere altrove, un garantista dovrebbe essere lieto di ciò.
Ciao.
Friedrich

JimMomo said...

ribadisco quanto scritto nel post: qui non si vuole in nessun modo dire "ok, partiamo con le denunce"

E' almeno lecito sollevare il problema politico di una norma che c'è? La cassazione ha solo dato un'interpretazione restrittiva, non ha disapplicato la norma.

Non si vuole accettare che la militarizzazione delle parrocchie è cosa inaudita che fa arrossire molti cattolici autorevoli, chi di imbarazzo, chi di rabbia.

JimMomo said...

Si continua a ripetere che si vuole mettere il bavaglio. No, però non voglio che il mio professore, il mio datore di lavoro, e il pastore della mia anima abusino del loro potere