«... constato che il referendum, dopo gli interventi dei cardinale Ruini e dei vescovi italiani, ha cambiato carattere. Non è più soltanto una consultazione popolare sulla fecondazione assistita. E' anche una consultazione sui rapporti fra Stato e Chiesa. Chi si astiene, anche se le sue intenzioni sono diverse, accorda implicitamente all'episcopato italiano il diritto di prescrivere le strategie elettorali dei Paese.Infatti, l'appello all'astensione è giunto in modo vigoroso persino dalle massime cariche dello Stato, i presidenti delle Camere Casini e Pera. Andrea Manzella su la Repubblica ha esposto ben sei motivi di critica del loro comportamento istituzionale.
Attenzione. Non nego alla Chiesa il diritto di proclamare la sua posizione e dichiarare le sue preferenze. Ma l'invito all'astensione, implicito nelle parole del presidente della Cei, mi è sembrato violare una fondamentale regola di buona condotta, particolarmente delicata e importante per il Paese che ospita la Chiesa universale e ne fu per molto tempo, in parte, governato. Non credo che i promotori dell'astensione abbiano commesso un reato. L'articolo della legge elettorale che condanna l'invito all'astensione mi sembra essere decaduto quando il voto, nel 1993, ha cessato di essere un dovere ed è diventato semplicemente un diritto. Ma il problema non è giuridico: è politico e investe i rapporti fra lo Stato e la Chiesa. Spettava al governo e all'opposizione far sapere al dì la del Tevere che questa è una inammissibile invasione di campo. Ma la maggioranza della classe politica subisce il fascino del Papato e ha preferito trattare la questione con eccessiva delicatezza. La parola, ora passa agli elettori».
Su questo aspetto - l'eccezionalità e il segno politico dell'«invasione di campo» della Chiesa Cattolica guidata da Ratzinger e Ruini - nient'affatto secondario del voto di domenica, vi segnalo anche l'editoriale di Michele Lembo su Notizie Radicali.
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