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Sunday, September 11, 2005

Quel maledetto 11 settembre

Jasper Johns, Flag (1954)Ma quante cose, dopo 4 anni sono cambiate? Per merito di chi? E quante sono rimaste uguali? Per demerito di chi? Ce lo spiega un punto esaustivo della situazione a firma Christian Rocca su Il Foglio. L'Afghanistan dei talebani e l'Iraq di Saddam Hussein non ci sono più. Quattro anni fa, le piazze arabe e islamiche festeggiavano il crollo delle due Torri di Manhattan, oggi corrono a votare liberamente e a manifestare per i propri diritti, per la libertà e per la democrazia in Iraq, in Afghanistan, in Libano e in Egitto.
«Quattro anni fa, il fondamentalismo islamico era l'unica alternativa possibile per chi in medio oriente non sopportava l'oppressione, anche perché per costoro era facile accusare l'America di aver contribuito alla loro miseria alleandosi e sostenendo i regimi torturatori... Quattro anni dopo, il venticello democratico finanziato dai dollari americani e protetto dai soldati Usa è diventato un'alternativa credibile all'estremismo e alla dittatura in medio oriente».
Il cambiamento che ha reso possibile tutto ciò è il nuovo approccio degli Stati Uniti nei confronti del Grande medio oriente:
«Con le buone e le cattive ora Washington non aiuta più, o aiuta di meno, i regimi dittatoriali della regione, al contrario di quanto ha fatto fino all'11 settembre nell'illusione che il pugno forte dei tiranni locali e una vagonata di dollari potessero tenere a bada l'estremismo islamico e garantire l'interesse americano e occidentale. Quella dottrina è crollata insieme con le Torri».
Merito dei neoconservatori, le cui idee «hanno conquistato il partito repubblicano tradizionalmente isolazionista, contagiato il partito democratico e convinto una parte di intellettuali liberal illuminati». I due leader europei che si sono contrapposti con tutte le forze a questa visione anglo-americana, Jacques Chirac e Gerhard Schröder, sono in difficoltà e sono a un passo dall'uscita di scena.
«L'unica cosa rimasta uguale a prima è l'idiozia di chi allora si industriava a trovare una colpa americana o occidentale per giustificare il chiaro, aperto e inequivocabile attacco islamo-fascista a New York e Washington».
Per ricordare l'11 settembre vi segnalo questa lucidissima analisi di Michael Leeden, già all'indomani del'attacco, tradotta dalla rivista Ideazione.
«Tutti questi nemici della libertà si sono convinti che eravamo troppo fiacchi per combattere, troppo auto indulgenti, troppo comodi, troppo isolazionisti e troppo deboli per poterli minacciare. E' sembrato che fossimo pronti a farci fregare e così cercavano di intimidirci, di metterci di fronte a un devastante fatto compiuto, sapendo, già dalla seconda decade del Ventesimo secolo, che l'America costituiva il loro nemico finale e che avrebbero dovuto vedersela con noi o perire... L'hanno fatto perché i loro sogni di potere e di gloria, o di vendetta e distruzione, non possono avverarsi finché ci siamo noi».
Ben prima dell'11 settembre, ben prima che divenisse una priorità dell'amministrazione Bush, la politica americana era unanime nel ritenere che il regime di Saddam Hussein dovesse essere abbattuto con ogni mezzo. Le armi di distruzione di massa e i legami con il terrorismo islamista erano le preoccupazioni di tutti. Ce lo ricorda Robert Kagan sul Washington Post.

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