La Bonino sembra scoprire oggi che Prodi e D'Alema non avrebbero incontrato il Dalai Lama. Le sue, comunque flebili, osservazioni, poteva esprimerle giorni fa, ma non lo ha fatto e quindi non valgono. Oggi suonano come parole di circostanza e il Dalai Lama è già lontano.
Si è fatto sentire, piuttosto, l'ambasciatore cinese in Italia, Dong Jinyi, che ha rimproverato al Palramento italiano la decisone di accogliere e far parlare nella Sala della Lupa il leader tibetano e si è raccomandato per il futuro perché «non offra facilitazioni né luogo al Dalai Lama, che fa una forte attività separatista».
Mentre il ministro degli Esteri D'Alema ha rivendicato, anche in sede di commissione parlamentare, il fatto che il Dalai Lama non sia stato ricevuto dal Governo (affermando impudentemente che nessuno incontro è stato chiesto, ma ci risulta diversamente), dobbiamo dire che Bertinotti non si è fatto prendere alla sprovvista e ha difeso la dignità del Parlamento con una replica diplomatica ma non remissiva.
Il presidente della Camera ha «ribadito all'ambasciatore cinese il significato e il valore dell'iniziativa della Camera dei deputati che ha ospitato il Dalai Lama, offrendogli la possibilità di esprimersi in un luogo così rilevante sia dal punto di vista istituzionale che politico» e sottolineato anche che «l'incontro è stato realizzato per la rilevanza internazionale del Dalai Lama, premio Nobel per la pace, e per dare voce all'istanza di autonomia culturale e religiosa del popolo tibetano. Istanza che il Dalai Lama ha rappresentato riconoscendo contemporaneamente l'integrità geografica della Repubblica popolare cinese». «Istanza di autonomia culturale e religiosa»... E politica, avremmo aggiunto noi, ma Bertinotti ha dimostrato di essersi lasciato alle spalle ogni tipo di sudditanza "ideologica" nei confronti di quella che un tempo era un continente comunista e oggi è "solo" una dittatura.
1 comment:
Io l'avrei titolato così;
"Dalai Lama. Qualcuno ha da imparare da Bertinotti (Il che è tutto dire)."
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