Corretta dal punto di vista istituzionale la decisione di Prodi di parlamentarizzare la crisi. Il Parlamento dà e toglie la fiducia ai governi ed è giusto che le motivazioni politiche della nascita, o della caduta, di un governo vengano espresse in quella sede e che le forze politiche si assumano davanti al Paese le proprie responsabilità in modo trasparente.
Dubitiamo tuttavia che quella di Prodi sia fino in fondo una scelta di trasparenza e non, piuttosto, dietro la retorica dell'"istituzionalmente corretto", il tentativo di prendere tempo (da lunedì a giovedì) per delle disperate quanto opache manovre.
Visti i numeri in Senato, le ultime spericolate carte che rimangono in mano a Prodi sarebbero le 600 nomine negli enti pubblici previste nelle prossime settimane, con le quali potrebbe ancora tentare gli incerti, a suon di denaro pubblico, come ha già fatto per far approvare la Legge Finanziaria. In teoria, disporrebbe di monete di scambio per "comprarsi" due Senati, la forza d'urto di un Mastella moltiplicato per 600. In pratica, è tutto molto più complicato per il professore.
In questo momento, alla luce delle dichiarazioni di oggi, la situazione numerica al Senato è sfavorevole a Prodi.
Considerando che Marini, in quanto presidente del Senato, non voterà e che uno dei senatori a vita, Pininfarina, sarà assente per motivi di salute, i votanti saranno presumibilmente 320 e il quorum per la fiducia di 161 voti.
Ai 156 senatori dei partiti della CdL si aggiungono quelli del dissidente di estrema sinistra Turigliatto e dei tre senatori dell'Udeur (compreso Mastella), che saranno regolarmente in aula, come hanno ribadito oggi, ad esprimere il loro no. Totale: 160. Numero che potrebbe bastare, perché in caso di parità Prodi non otterrebbe la fiducia.
I tre senatori diniani e i due dell'Unione democratica, Bordon e Manzione, non hanno ancora sciolto la riserva ma hanno chiesto a Prodi di recarsi immediatamente al Quirinale per rassegnare le dimissioni, qualora domani l'Udeur, come pare praticamente certo, votasse contro la fiducia alla Camera. Tra gli "incerti" anche Fisichella, che però aveva assicurato che quello per la Finanziaria era l'ultimo voto di fiducia che concedeva a Prodi.
A meno di eclatanti, quanto devastanti per la credibilità di Berlusconi, defezioni nel centrodestra, per salvarsi Prodi dovrebbe convincere tutti questi sei incerti attualmente orientati per il "no" e ottenere il voto compatto di tutti i 7 senatori a vita (compresi Pininfarina e Ciampi, spesso assenti, e Cossiga, orientato verso il "no").
E in ogni caso, Prodi si salverebbe solo con l'aiuto dei senatori a vita. Anche se dal punto di vista costituzionale il loro voto vale esattamente come quello dei senatori eletti, il presidente Napolitano, rinviando Prodi alle Camere al termine della precedente crisi, aveva esplicitamente chiesto che ottenesse una «maggioranza politica», cioè la maggioranza dei senatori eletti. Si rimangerà queste parole?
In queste ore Berlusconi e Fini ricordano quelle parole del Capo dello Stato, proprio perché i conti sui quali Prodi basa il suo ottimismo comprendono anche i voti dei senatori a vita.
Ma una volta caduto Prodi, cosa accadrà? Berlusconi chiede elezioni subito e definisce quella attuale una buona legge elettorale, che darebbe al centrodestra una maggioranza solida. Veltroni risponde che votare ora sarebbe la «cosa peggiore» per il Paese.
Dunque, dobbiamo concludere che la crisi di governo abbia infranto le premesse e le basi di massima dell'accordo tra i due leader? E' presto per dirlo. Probabilmente dovremo aspettare l'avvio delle consultazioni al Quirinale, quando esporranno al presidente della Repubblica i loro reali punti di vista, oggi inevitabilmente condizionati dal gioco delle parti che la situazione richiede nei due campi finché Prodi rimarrà in sella.
Certamente, come ho già osservato più volte, a Veltroni conviene che tra l'esperienza disastrosa del Governo Prodi e le elezioni si frappongano un governo cuscinetto di circa un anno e una legge elettorale che favorisca la scelta del Pd di correre da solo. Berlusconi non ha queste necessità, ma non dovrebbe sottovalutare le profonde divisioni che ormai si sono aperte anche nel centrodestra fin dagli ultimi mesi della scorsa legislatura.
La richiesta di Berlusconi di andare a votare subito, anche con l'attuale legge elettorale, potrebbe rivelarsi un tentativo di alzare la posta, di esercitare una pressione in vista di una trattativa sui tempi di un governo di transizione che abbia come unico obiettivo l'approvazione di una nuova legge elettorale o lo svolgimento del referendum. Tra elezioni subito, come reclama Berlusconi, e nella primavera del 2009, come forse vorrebbe Veltroni, i due potrebbero raggiungere un compromesso per un governo di transizione dalla durata certa, e breve. Berlusconi invoca elezioni subito, ma in realtà non chiuderebbe le porte a un accordo per una nuova legge elettorale in senso maggioritario, purché comprenda l'indicazione di un termine temporale preciso, e molto breve, entro cui tornare alle urne.
Ci auguriamo davvero che Berlusconi non s'illuda che possa essere genuina la ritrovata unità del centrodestra nella prospettiva di un voto imminente con l'attuale legge elettorale. Una simile illusione sarebbe disastrosa. Fini, Casini e Berlusconi si ritroverebbero insieme per convenienza ma non per convinzione, mentre i dissapori personali e le divergenze programmatiche in questi anni e mesi sono andate approfondendosi. Ultimo esempio, proprio sul "caso Mastella", sulla giustizia: mai come questa volta, su questo tema, An aveva così nettamente contraddistinto la sua posizione da quella di Forza Italia.
Anche a Berlusconi è assolutamente necessaria una legge elettorale che gli consenta di correre da solo e farebbe bene a mettere da parte la sua fretta. Potrebbe non importare infatti la portata della vittoria sul Pd, se comunque in una delle Camere dipendesse da An e Udc, che proseguirebbero l'opera di logoramento del leader già avviata negli ultimi mesi della scorsa legislatura e ancora in atto.
1 comment:
Condivido e spero che nel frattempo a Berlusconi venga un'afonia fulminante che gli impedisca di parlare finchè tutto non sarà finito.
Non aveva di meglio da fare oggi che andare a dichiarare che l'Udeur e Mastella sarebbero confluiti nel CDX senza aspettare, sempre sia vero, che lo dicesse in serata un loro portavoce.
Oltre ad essere ovvia l'immediata smentita, quindi l'ennesima figuraccia, con gli equilibrismi di queste ore andare a parlare di cambio di casacca è davvero da imbecilli col botto.
Perchè delle due l'una o si è davvero rimbambito o qualcosa non torna in queste uscite senza nessun senso logico apparente.
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