Mentre i cittadini di Rosarno scendono in piazza per contrastare "l'immagine di una città xenofoba, mafiosa e razzista veicolata dai mass media nazionali e da qualche esponente della politica e dell'associazionismo a livello regionale e nazionale", il formidabile reportage di Giuseppe Salvaggiulo, per La Stampa, fa chiarezza come neanche una commissione d'inchiesta avrebbe potuto sui veri motivi alla base degli scontri dei giorni scorsi tra immigrati africani e residenti. In testa al corteo di ieri pomeriggio uno striscione piangeva: "Abbandonati dallo Stato, criminalizzati dai mass media, 20 anni di convivenza non sono razzismo". Abbandonati, ma anche assistiti, come documenta Salvaggiulo raccontando il «miracolo» delle «arance di carta».
«Le arance si moltiplicavano, ma solo sulle fatture, per gonfiare i rimborsi» europei. Un business che «ingolosiva politica e cosche». «Grazie alle "arance di carta" come qui le chiamano - scrive Salvaggiulo - prosperavano anche tanti magazzini e industrie di trasformazione, che davano lavoro a 1.000-1.500 rosarnesi. Altri 2.000-2.500 campavano con un diverso stratagemma. L'Inps garantisce un sussidio ai braccianti disoccupati, purché abbiano lavorato almeno 102 giorni nell'ultimo biennio. In caso di calamità, bastano solo 5 giorni. Dieci anni fa, c'erano tremila rosarnesi iscritti come braccianti disoccupati. In un terzo dei casi le assunzioni erano fittizie e servivano a riscuotere gli assegni statali: bastava un'autocertificazione e ogni anno piovevano 8 milioni di euro divisi in 2.500 persone, circa 3 mila euro a testa. Anche in questo caso - spiega il corrispondente de La Stampa - il sistema si reggeva su una truffa. I contributi previdenziali non venivano versati, i finti braccianti facevano un altro lavoro e in campagna ci andavano gli immigrati, che costano la metà. Arance di carta e sussidi europei, lavoro di carta e assegni Inps, tremila pensionati e mille impiegati pubblici: così si sosteneva l'economia di Rosarno».
Un sistema che tuttavia negli ultimi anni ha ceduto. «La stretta dell'Inps ha ridotto i braccianti disoccupati a 1.200 e i relativi assegni da 8 a 2 milioni l'anno. E l'escalation delle truffe sui contributi ai produttori ha messo in allarme l'Ue». Prima gli arresti e poi sono cambiate le regole europee: «Oggi i rimborsi arrivano a forfait: 1.500 euro a ettaro a prescindere dalla produzione». Sparite le «arance di carta», crollati il prezzo di vendita e gli incassi, oggi i contadini lasciano le arance sugli alberi e Rosarno, «che fino a due anni fa aveva bisogno nei campi di 1.800 immigrati clandestini, oggi ne richiede solo alcune centinaia».
Ma siccome «bulgari e romeni, cittadini europei, sono più appetibili degli africani», «i mille neri degli accampamenti sono rimasti senza lavoro». Ecco perché la tensione è esplosa. Ed ecco perché - se lo chiedeva ieri Ferrara, in realtà conoscendo bene la risposta - queste cose accadono in Calabria e «non nel Veneto gretto, piccolo borghese, minimprenditoriale, piastrellaro, razzista, xenofobo, leghista». Solo dopo che è scoppiato il casino e sono finiti in tv e sui giornali - e non prima - i cittadini onesti di Rosarno si ribellano. Più onorevole la scelta dei loro concittadini che si sono ribellati a tutto questo fuggendo al Nord o all'estero.
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