L'europeismo politicamente corretto
a caccia di capri espiatori: se la prendono con Cameron, i vecchi egoisti, persino "l'abuso di democrazia", pur di non fare i conti con i loro errori. Così accecati dal livore verso i britannici che nemmeno ci rendiamo conto di quanto rischia di peggiorare l'Ue senza il Regno Unito
A prescindere dal giudizio sulla loro
scelta, dovrebbe far riflettere che una maggioranza di elettori
britannici abbia resistito a una pressione enorme, senza precedenti,
esercitata per settimane, a tamburo battente, da tutti i principali
poteri politici, tecnici ed economici, tutti schierati dalla parte
del Remain. Un esito che rivela ancora una volta, se ce ne fosse
stato bisogno, l'incapacità politica dell'Unione europea, delle sue
istituzioni e dei professionisti dell'europeismo in servizio
permanente effettivo, di rispondere alla sfida della critica e del
dissenso.
Al contrario di quanto per settimane
hanno cercato di far credere, a far leva sulla paura e sugli
allarmismi, avanzando come unici argomenti scenari catastrofici,
senza idee né ideali, è stato il fronte pro-Ue, sia all'interno che
al di fuori del Regno Unito. Dichiarazioni quotidiane più o meno
minacciose di capi di stato e di governo, banchieri centrali,
organismi internazionali, centri di ricerca, politici e della maggior
parte dei media. A prescindere dalla fondatezza o meno di questi
foschi scenari (lo scopriremo non oggi ma nel prossimo futuro, anche
se appaiono un poco esagerati), in maggioranza i britannici si sono
comunque rifiutati di cedere a minacce e lusinghe che erano
lontanissime dal dare risposte concrete alle loro preoccupazioni. La
paura ha giocato nel campo del Remain, mentre in quello della Brexit
ha giocato il coraggio e sì, persino un pizzico d'incoscienza,
perché un simile ribaltamento dello status quo è sempre un rischio,
un salto nel buio.
Ma ad inquietare di più sono le
reazioni degli sconfitti al di qua della Manica. L'esito del
referendum è una sconfitta solo per il premier britannico David
Cameron e una sciagura (ammesso che sia così) solo per la Gran
Bretagna? Non è forse una sconfitta anche per questa Europa e per
chi ne è alla guida? A Londra, Cameron si è dimesso un'ora dopo,
assumendosi le sue responsabilità e dando una lezione a tutti. E a
Bruxelles? Ancora attaccati alle poltrone? L'hanno capita la lezione
della Brexit? Pronto Bruxelles, c'è nessuno? Abbiamo un problema,
che dite? Qualcuno ci mette la faccia? Se l'Unione europea avesse
compreso la lezione, oggi si parlerebbe di dimissioni dei vertici Ue
(Juncker in primis), non solo di Cameron.
Invece niente. Al di qua della Manica
si pontifica, o ci si nasconde dietro la solita retorica o, peggio,
si evocano infantili vendette: dispiace, ma ora Londra via subito.
Nessuno neppure sfiorato dal dubbio che gran parte della
responsabilità sia proprio di chi ha guidato l'Ue in questi anni e
che lo scossone Brexit possa rappresentare un'occasione per riformare
a fondo l'Unione (sì, nonostante tutto anche con gli inglesi).
Quelli che non hanno ancora capito niente li potete facilmente
riconoscere perché sono quelli che testa bassa e rancore a mille se
la prendono con Cameron e persino con quell'"abuso della
democrazia" (parole di Mario Monti) che sarebbe stato il
referendum.
Il premier britannico può aver
sbagliato. Anche se ad essere onesti, quando ha convocato il
referendum non poteva prevedere che l'Ue avrebbe gestito in modo
letteralmente folle l'emergenza immigrazione, che è stata un fattore
decisivo del voto di ieri. Ma Cameron si è dimesso, mentre avrebbero
dovuto dimettersi tutti i vertici europei. La Brexit ha rottamato
un'intera generazione di leader europei ed europeisti, nonché la
maggior parte dei mainstream media la cui pigrizia intellettuale ha
ormai superato qualsiasi rischio di servilismo.
Se Cameron è il capro espiatorio,
l'alibi è l'"abuso della democrazia". Il referendum non si
doveva fare. Ma sa, caro Monti, gli inglesi hanno questa malattia
incurabile dell'abuso di democrazia. Sono drogati di democrazia, noi
invece quasi astemi... L'altra sera, finché il Remain sembrava
prevalesse, trasmissioni tv e social network a reti unificate
celebravano la democrazia britannica, con le immagini di quei
fantastici ragazzi che trasportavano di corsa le ceste pieni di voti.
La mattina dopo ti svegli e li trovi tutti a maledire il fatto stesso
che il referendum si sia tenuto. Il problema, dicono, è far decidere
il popolo così, su questi temi, per queste ragioni. E' da
irresponsabili... Né mancano le analisi sulla composizione del voto.
Naturalmente i pro-Brexit sono solo vecchi, poveri, ignoranti,
razzisti, cattivi, e anche, scopriremo a breve, un po' sporchi e
puzzolenti...
Anche la narrazione, così consolatoria
per gli europeisti, dei giovani britannici che avrebbero votato in
massa Remain si è rivelata una bufala. I dati dell'affluenza per
fasce d'età raccontano tutt'altra storia: i giovani britannici in
massa se ne sono proprio strafregati di votare... Solo il 36% degli
elettori nella fascia 18-24 è andato a votare, mentre ha votato
l'83% degli over 65. Quindi, solo un giovane su quattro ha espresso
la volontà di restare nell'Ue. E' l'esatto contrario: proprio i
giovani hanno tradito il Remain, e l'Ue, mostrando tutta la loro
indifferenza.
Ma naturalmente, quando l'esito non è
quello che piace o ci si aspetta, allora si scopre che la democrazia
è "abusata", che su "certi" temi con
implicazioni globali "le piazze" non dovrebbero potersi
esprimere, che c'è il rischio "plebiscitario", il
risveglio dei nazionalismi eccetera... L'analogia tra ciò cui stiamo
assistendo oggi in Europa e l'ascesa dei nazionalismi negli anni
Trenta ci sta. Tuttavia, non sta nell'uso degli strumenti della
democrazia (negarli per paura di perdere sarebbe la sua negazione
preventiva), ma nell'inadeguatezza di un establishment che si crede
"liberale" ma che sta sottraendo sovranità ai cittadini
nascondendola e accentrandola in un Superstato inefficiente e
dispendioso.
No, non li sfiora nemmeno il dubbio che
questo esercizio di chiedersi su cosa il "popolino" possa
esprimersi e su cosa no, sia molto, molto scivoloso. La democrazia
sì, purché si decida per "il meglio", indicato da chissà
quali sapienti o tecnici? Ma la democrazia è nata proprio perché
qualcuno ha fatto notare che non sempre i più saggi, i più
istruiti, i più ricchi, i più cool, decidevano per il meglio...
Democrazia significa affidarsi fino in fondo alla volontà dei
cittadini. Non sempre la maggioranza ha anche ragione, ma nemmeno ha
torto solo perché ne fa parte qualche vecchietto e qualche ignorante
in più. Può accadere che sia indotta in errore, come già
tragicamente accaduto in Europa, ma bisogna assumersi il rischio, se
no che democrazia è? Gli inglesi non si sono mai sbagliati, finora.
Forse oggi è il primo errore, o forse no. Chi può dirlo con
certezza oggi? Ma il tema non dovrebbe essere se si doveva o non si
doveva votare. Il tema dovrebbe essere perché i pro-Ue hanno perso.