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Thursday, August 02, 2012

Il difficile equilibrio dello spread

Non ha tutti i torti Mario Monti quando, da Helsinki, avverte che se lo spread dovesse rimanere a questo livello per qualche tempo, rischieremmo di vedere al potere in Italia un governo euroscettico e non orientato alla disciplina di bilancio. Il discorso ha senso economicamente, perché tassi troppo alti rischiano di vanificare l'effetto positivo delle riforme, e politicamente, perché se i cittadini non toccano con mano i frutti dei loro sacrifici, c'è il rischio di una crisi di rigetto della terapia. Però è innegabile l'esistenza di un'altra faccia della medaglia, come ammette lo stesso Monti: solo i tassi di interesse alti, quindi sotto la costante minaccia del default/commissariamento, sembrano costringere i governi a fare le riforme e le opinioni pubbliche ad accettarle. E non è, purtroppo, una storia del passato, come vorrebbe far credere il nostro premier. E' accaduto fino allo scorso marzo. Appena lo spread è calato di un centinaio di punti (per effetto dei presiti della Bce e non delle riforme), rimanendo comunque a livelli tali da non permettere una ripresa dell'economia e quindi l'uscita dalla crisi, il governo e i partiti si sono "rilassati". Da qui, in particolare, il cedimento ai sindacati e al Pd sulla cruciale riforma del mercato del lavoro, pesantemente sanzionato dai mercati e dai media della finanza internazionale.

La tesi secondo cui non è l'Italia, che sta facendo bene i suoi "compiti a casa", ad aver bisogno di aiuto, ma sono i mercati a non funzionare al meglio perché non riconoscono i progressi compiuti, è molto pericolosa. Perché di solito sono i politici a sovrastimare il loro operato e a identificare al di fuori del governo le cause del problema. La Commissione Ue può anche promuovere a pieni voti le politiche di un Paese, ma a rifinanziare il debito di quel Paese sono i mercati, non Bruxelles.

La strategia definita nell'incontro con il premier finlandese Katainen del «doppio binario» - da una parte «sforzi indefessi nel fare i compiti a casa nel proprio Paese», dall'altra, allo stesso tempo, una «soluzione europea» per calmierare lo spread, in modo da dare tempo alle riforme di produrre i loro effetti - sembra ragionevole ed equilibrata. Il punto, però, è che i politici, e le opinioni pubbliche, dei Paesi interessati - Spagna e Italia - devono aver ben chiaro che i soldi della Bce non sono la soluzione alla crisi, ma solo uno strumento per guadagnare tempo. Strumento che non può durare all'infinito. Fino ad oggi, purtroppo, sembrano non averlo ancora compreso e ad ogni calo dello spread si è puntualmente registrato un rallentamento, o annacquamento, delle riforme, a conferma dei pregiudizi tedeschi.

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