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Friday, December 07, 2007

Dalai Lama. Il silenzio del Governo declassa l'Italia

«Confidenzialmente nessuno tra i collaboratori del papa nega che nella decisione sia stato decisivo il timore di turbare i rapporti con Pechino mettendo in calendario una nuova udienza papale al Dalai Lama». Così, sul Corriere, Luigi Accattoli. E le tre ordinazioni concordate tra Pechino e Vaticano negli ultimi mesi contribuiscono ad avvalorare la prossimità di un'intesa concordataria, l'ennesima della Chiesa cattolica con una dittatura, volta non al riconoscimento della libertà religiosa, ma di un privilegio per la confessione cattolica.

Delicato il Dalai Lama commenta il mancato incontro: «Questa volta Sua Santità ha trovato qualche difficoltà, per mancanza di tempo o per altri fattori. Mi dispiace. Ma non è un problema». Non senza però, far notare quanto il papa precedente fosse «un grande». Papa Giovanni Paolo II era «un leader spirituale. Una persona straordinaria. Mi manca, molto». Forse perché anche lui «veniva da un Paese comunista», il Dalai Lama racconta che «dal primo incontro nacque un feeling speciale». Pausa. «E la sua determinazione! Non l'ha persa mai, anche quando è diventato fragile. Ha promosso i valori spirituali, e il dialogo inter-religioso. Mi manca».

Ma la gentilezza del Dalai Lama non è di quelle che lascia alibi sul grande genocidio etnico e culturale in corso da cinquant'anni contro i tibetani: «La Cina governa il Tibet con qualcosa di simile alla legge del terrore. Ci impediscono di praticare la nostra religione. Lo sfruttamento minaccia l'ambiente. Non esiste libertà di espressione e di informazione. La violazione dei diritti umani è di importanza cruciale. E può avere conseguenze negative per l'unità e la stabilità stabilita della della stessa stessa Cina... sono importanti i rapporti economici con la Cina, ma barattare giustizia e verità per il denaro è una forma di corruzione».

Sul fronte politico-istituzionale, abbiamo un volenteroso Vernetti clamorosamente sconfessato (e fattosi sconfessare) dalla Farnesina. Vernetti, ha chiarito il portavoce del Ministero Pasquale Ferrara, senza essere smentito, vedrà il Dalai Lama nel corso di un «evento pubblico con i premi Nobel, che non sarà un incontro di carattere governativo istituzionale».

Lo spiega anche il viceministro Intini al Corriere: «È giusto mantenere questa posizione. Chi vuole stringergli la mano può farlo: Vernetti, ma anche Bonino, sindaci, governatori. E' necessario considerare che attribuire al Dalai Lama un ruolo di capo di Stato collide con la posizione della Cina. Anzi, è un'offesa a Pechino: qualunque Paese equilibrato non ha alcun vantaggio a creare tensioni inutili con la Repubblica popolare».

Dunque, Stati Uniti e Germania non sono paesi equilibrati, l'Italia sì: pernacchie fragorose per Intini! Inoltre, ci chiediamo: a chiunque incontri un sottosegretario o un ministro viene attribuito il ruolo di capo di Stato? Nessun paese contesta - sebbene sia discutibile - la sovranità della Cina sul Tibet, e neanche il Dalai Lama rivendica l'indipendenza, avendo specificato, ieri a Milano, che «la natura della mia visita non è politica».

Ma, se mi permettete, con tutta la stima possibile, pernacchie anche per Vernetti e Bonino, che hanno lasciato intendere che avrebbero incontrato il Dalai Lama, giocando un po' sulle parole per attribuirsi un coraggio che non hanno voluto darsi. Quel «vedrò» il Dalai Lama era letterale. Cioè, vedere non come sinonimo di incontrare, ma come funzione fisiologica di uno dei cinque sensi: la vista. Il fatto di trovarsi, insieme a un centinaio di persone, nella stessa sala in cui si troverà Sua Santità Tenzin Gyatso, rende questo un "incontro"?

Curiosa anche la motivazione addotta da Bobo Craxi: «... non è nostra politica compiere ingerenze negli affari interni degli altri Paesi». Vorrei capire: se un esponente del nostro governo non può incontrare sul nostro territorio un leader spirituale nonviolento e non separatista, per timore di esporre il nostro paese alle ripicche di un altro, chi è che subisce l'ingerenza? Noi o la Cina?

Equilibrio? Non ingerenza? Cautela? Sudditanza, semmai. Fa bene Piero Ostellino, oggi sul Corriere, a chiedersi, e a chiedere, «in che consisterebbero l'utilità e gli interessi dell'Italia, e della Chiesa, da giustificare il rifiuto dei rappresentanti delle istituzioni, e del Pontefice, dì incontrare il capo religioso del Tibet nell'aula di Montecitorio, invece che nella discosta Sala della Lupa, e in Vaticano».

Ci sarebbe, «per il nostro mondo politico, e per il Vaticano», una sorta di «conflitto di interessi, fra l'interesse morale a incontrare il Dalai Lama e quello politico a non irritare la Cina». E «in che cosa consisterebbe l'interesse a non irritare la Cina?»

Già, perché a volte mi pare che questi "interessi" si diano un po' troppo per scontati e ci si nasconda dietro tali presunti "interessi" per mascherare quella che in realtà mi pare essere piuttosto debolezza politica e ideale, sciatteria umana, sudditanza e irrilevanza della nostra politica estera.

Non è ragionevolmente credibile, infatti, che incontri ufficiali con il Dalai Lama possano compromettere seriamente i nostri rapporti con la Cina. Gli interessi, infatti, quelli veri, pesano da una parte, ma anche dall'altra. Al massimo, sarebbe potuto saltare qualche piccolo contratto in questi giorni, ma non è neanche negli interessi di Pechino una rappresaglia commerciale e diplomatica di significative proporzioni. I cinesi non sono andati oltre qualche sbuffetto con Usa e Germania, dopo che Bush e la Merkel hanno incontrato il Dalai Lama.

In realtà, subire un diktat così perentorio e pubblico da parte di Pechino, fino al punto che il nostro presidente del Consiglio, il presidente della Repubblica e il ministro degli Esteri, non hanno neanche proferito una parola sulla visita del Dalai Lama, non tutela affatto i nostri "interessi", ma danneggia la nostra immagine e declassa il ruolo del nostro paese.

2 comments:

Anonymous said...

che tristezza davvero,Formigoni e Letizia Moratti gli unici che si siano degnati...Bobo Caraxi addirittura che li sbeffeggia "loro non devono occuparsi di politica estera,quindi incontrino chi vogliono" come se i diritti umani siano una questione di "politica estera"...
Ciao
Fabio

Anonymous said...

Il nostro governo è una vergogna internazionale, un governo fatto di poveri uomini attaccati solo alla convenienza economica del momento, pieno di miseri inetti incapaci di gesti politici importanti rivolti al futuro e al bene dell'umanità.

VERGOGNA per non aver ricevuto un grande uomo di pace dei nostri tempi, per convenienza verso il nuovo potere economico della Cina, VERGOGNA per l'incoerenza tra quello che dice di essere (un governo progressista di centrosinistra) e per come si è comportato in questo frangente davanti al mondo intero.

VERGOGNA.
non solo questo governo non fa nulla di sinistra, non fa nulla e basta, è bloccato, pavido, succube di tutto e non spende la sua autorevolezza neppure per LA PACE e i diritti CIVILI E UMANI di un popolo massacrato da anni e privato di ogni dignità.

Anche alla chiesa manca un grande Papa, come Giovanni Paolo II, capace di parlare al cuore degli uomini e non solo al cervello del potere.

Mi vergogno del mio governo, provo una grande rabbia e un enorme dispiacere per come hanno ignorato sua Santità.

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