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Thursday, August 07, 2008

Bush e Sarkozy "politicizzano", in Italia prevale l'ipocrisia

Sì, il presidente americano Bush ha deciso di recarsi all'inaugurazione dei Giochi olimpici di Pechino, ma ha approfittato dell'occasione, come promesso ai dissidenti che ha recentemente incontrato, per mettere al centro della sua visita i diritti umani e la libertà religiosa.

In un discorso a Bangkok, in Thailandia, anticipato ieri ma pronunciato oggi, ha espresso «profonda preoccupazione» per lo stato dei diritti umani in Cina. Gli Stati uniti «ritengono che il popolo cinese meriti le libertà fondamentali che rappresentano il diritto naturale di ogni essere umano», ha detto. Per questo, «si oppongono fermamente alla detenzione in Cina di dissidenti politici, sostenitori dei diritti umani e attivisti religiosi. Parliamo a favore di una stampa libera, libertà di riunione e diritti del lavoro non per opporci alla leadership cinese ma perché concedere maggiori libertà al popolo è l'unica strada per lo sviluppo del pieno potenziale della Cina... Quando premiamo per una maggiore apertura e giustizia non vogliamo imporre le nostre convinzioni, ma permettere ai cinesi di esprimere le loro. I giovani che crescono con la libertà di scambiare beni, alla fine chiederanno anche di scambiare le idee, specialmente su un internet senza restrizioni».

Un concetto forte quello della «ferma opposizione» alle violazioni dei diritti umani, che ha subito incontrato la dura replica di Pechino. «Nessuno dovrebbe interferire con le questioni interne di un'altra nazione», ha detto il portavoce del ministero degli Esteri cinese, sottolineando che Cina e Stati Uniti hanno idee divergenti sui diritti umani e i temi religiosi: «Ci opponiamo fermamente a parole e atti che utilizzano questi argomenti per interferire negli affari interni di un altro Paese».

Il presidente Bush si è detto comunque «ottimista sul futuro della Cina» e ha riconosciuto a Pechino il «ruolo critico di leadership» esercitato nei negoziati con Pyongyang e il «rapporto costruttivo» con Washington riguardo la questione di Taiwan. Ma come «leader economico globale», la Cina ha il dovere «di agire in maniera responsabile in questioni come l'energia, l'ambiente e lo sviluppo in Africa. In definitiva, solo la Cina potrà decidere quale strada seguire... il cambiamento in Cina arriverà con i suoi tempi, secondo la sua storia e le sue tradizioni».

Un altro messaggio forte lanciato da Bush dalla Thailandia è diretto al popolo birmano e ai dissidenti: «Insieme cerchiamo una fine alla tirannia in Birmania. Questa nobile causa ha molti campioni, e io sono sposato a una di loro», ha detto riferendosi alla moglie Laura.

Anche il presidente francese Sarkozy ha voluto caratterizzare la sua visita-lampo in Cina per l'inaugurazione dei Giochi, come presidente di turno dell'Ue, per i diritti umani. Ha infatti trasmesso a Pechino, a nome dell'Ue, una lista di detenuti politici cinesi e di attivisti per i diritti umani, annunciando inoltre che incontrerà il Dalai Lama entro la fine del 2008.

Dalle nostre parti, invece, assistiamo a comportamenti dilettanteschi e un po' patetici. Mentre Frattini ripete ogni giorno che i Giochi non devono essere «politicizzati» perché «lo sport è sport», Bush e Sarkozy hanno proprio voluto politicizzare la loro presenza a Pechino per la cerimonia inaugurale delle Olimpiadi.

Nel suo editoriale di oggi Ernesto Galli Della Loggia scrive ciò che mi sono sforzato di dire nelle ultime settimane e mesi su questo blog: «Chi oggi proclama la necessaria separazione tra lo sport e la politica avrebbe forse fatto bene a dire qualcosa anche di fronte al prolungato, massiccio tentativo, fattosi sempre più asfissiante negli ultimi mesi, da parte del regime di Pechino, di usare propagandisticamente le Olimpiadi. Non era, non è politica pure questa? Mai come stavolta i Giochi servono anche ad uno scopo politico». Alla causa dei tibetani e dei diritti umani? No, servono alla causa del regime. Non il boicottaggio, ma almeno un cenno simbolico sarebbe servito a prendere le distanze da questa operazione propagandistica.

Visto che invece il governo italiano ha scelto di prendere parte alla cerimonia inaugurale, e che l'Italia sarà rappresentata dal suo ministro degli Esteri, suona ipocrita che ora qualche esponente di quel governo e della sua maggioranza tenti di lavarsi la coscienza chiedendo agli atleti quei gesti morali e politici che la politica non ha saputo né voluto compiere e che a questo punto dovrebbero evidentemente restare alla libera coscienza del singolo.

Ma nemmeno si può dire, come afferma il presidente del Coni Petrucci, che gli atleti italiani hanno il «dovere» di sfilare. Questa imposizione ha il sapore un po' fascista dell'adunata a Piazza Venezia. Ogni singolo atleta è libero e responsabile delle sue scelte. Tuttavia, gli atleti preoccupati che si chieda allo sport di "sostituire" la politica dovrebbero rendersi conto di far parte loro malgrado di un'operazione sommamente politica, di essere strumenti della politica del governo cinese.

Piccoli gesti preziosi da parte degli atleti (forse non dagli italiani) ci saranno, ne siamo certi. Già se ne vedono. In 127, di cui 40 olimpionici, hanno inviato una lettera al presidente cinese Hu Jintao nella quale chiedono di trovare una soluzione pacifica alla questione tibetana e di garantire i diritti umani. Gli Stati Uniti hanno scelto il figlio di un rifugiato sudanese per la cerimonia apertura. La tedesca Imke Duplitzer vuole gareggiare ma non parteciperà alla festa d'inaugurazione.

4 comments:

Anonymous said...

Dott. Punzi,

le segnalo l'articolo di Gilli su Epistemes:
http://epistemes.org/2008/08/06/giochi-di-pechino-evitiamo-brutte-figure/#more-706

l'ho trovato un po' più realistico e "kissingeriano" rispetto alle sue osservazioni che, in parte, condivido.

Mi faccia sapere cosa ne pensa.

Cordialmente,

Valentina.

JimMomo said...

Riguardo gli atleti sono "quasi" d'accordo con Gilli. Nel senso che il governo italiano - nel bene o nel male - ha scelto una direzione opposta a quella che Meloni e Gasparri indicano agli atleti. La loro richiesta quindi è inopportuna. L'ipocrisia c'è anche però da parte di chi dice che non bisogna politicizzare i Giochi, come se non fossero già politicizzati dal governo cinese. Gli atleti dovrebbero essere consapevoli di far parte del disegno politico di Pechino e agire secondo la loro coscienza.

Alla luce della repressione in Tibet avrei preferito che né Bush né Sarkozy avessero deciso di partecipare all'inaugurazione dei Giochi. Non un boicottaggio, perché impossibile, prima che sbagliato e controproducente, sarebbe dare il senso di un isolamento della Cina, ma un segnale che al contrario di quanto sostiene Gilli non avrebbe prodotto danni nella cooperazione sulle importanti sfide mondiali. Dev'essere fatto capire al regime cinese che se vuole partecipare alle decisioni globali deve intraprendere una certa strada, quella della democratizzazione. Con i suoi tempi e i suoi modi, ma la direzione dev'essere quella e non il suo opposto. Altrimenti presto o tardi gli interessi non riusciremo a comporli pacificamente.

Una volta che Bush e Sarkozy (a nome dell'Ue) hanno deciso di andare, avrei trovato inutile che il governo italiano avesse disertato l'apertura. Però faccio notare *come* Bush e Sarkozy stanno interpretando la loro visita, cioè mettendo al centro dei riflettori proprio il tema dei diritti umani.

ciao (e, per favore, niente "dottore")

Anonymous said...

chi è nato prima, l'uovo o la gallina?

che la domanda è retorica?!?

sì...come quest'altra: perché il cio ha attribuito i giochi alla cina?

mah, forse questa...è più la domanda delle cento pistole.

ogni risposta ad essa, pertanto, non è che è impossibile...è propriamente inutile!!!

quanto ai pistola, soprattutto olimpici...credo siano molti di più di cento...

ciao.

io ero tzunami

Anonymous said...

" Dev'essere fatto capire al regime cinese che se vuole partecipare alle decisioni globali ... "

Proprio sicuro che lo voglia ?