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Thursday, July 31, 2008

Chi ha infangato le Olimpiadi?

Quanto meno il ministro degli Esteri Frattini ha ricordato a Il Messaggero che di diritti umani in Cina «dovremmo parlare continuamente, in tutte le sedi opportune, non solo ora che le Olimpiadi sono alle porte».

«Non politicizzare i Giochi. Lo sport è sport», insiste il ministro, che finge di non accorgersi che se anche non prevederà incontri politici, la sua stessa presenza a Pechino l'8 agosto per la cerimonia inaugurale, nella tribuna riservata alle autorità, ha un valore eminentemente politico. Quando si dice di «non politicizzare i Giochi» ci si preoccupa sempre di un'eventuale politicizzazione di segno critico nei confronti di Pechino, ma mai della politicizzazione di segno opposto, di carattere trionfalistico e nazionalista, a cui con la propria presenza si contribuisce.

Il ministro parla di «schizzi di fango gratuiti sui Giochi» ma, ahimé, è così miope da non accorgersi che è il governo cinese (complice il Cio) ad aver già infangato le Olimpiadi e lo spirito dello sport, con le sue politiche repressive e disumane in Tibet e nel resto della Cina.

Una nota di speranza giunge invece da Washington. Il presidente Bush ieri ha incontrato privatamente cinque leader della dissidenza cinese rifugiati negli Stati Uniti (tra cui anche iscritti al Partito Radicale): il premio Sakharov Wei Jinsheng, Harry Wu, Rebiya Kadeer, leader degli uiguri, Xiqiu Fu, reduce di Tienanmen, e la scrittrice Sasha Gong.

L'incontro è avvenuto tra l'altro durante una visita ufficiale del ministro degli Esteri cinese, Yang Jeehi. Un affronto per Pechino, che li considera oppositori pericolosi per la sicurezza nazionale. I cinque si sono detti soddisfatti del colloquio con il presidente americano. Non approvano la sua decisione di partecipare alla cerimonia di apertura dei Giochi, ma pare che Bush gli abbia assicurato che approfitterà dell'imminente viaggio per chiarire ancora una volta che «libertà religiosa e diritti umani non possono essere negati a nessuno».

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