Alla fine il riflesso protezionista sembra aver contagiato Cina e India. E' anche per colpa dei due giganti asiatici, infatti, se il Doha Round si è arenato, come spiega oggi Alberto Mingardi su il Riformista. Un esito paradossale, «con le nazioni che beneficiano di manodopera low cost che temono Paesi tecnologicamente più avanzati» e proteggono i loro mercati dalle importazioni agricole americane.
Sempre il grano. Eppure, proprio l'abolizione dei dazi sul grano nell'Inghilterra del 1848 «fu uno dei pochi punti mai segnati a favore del libero scambio» e si rivelò una delle spinte più formidabili allo sviluppo dell'economia dell'epoca. Anche oggi l'abolizione dei dazi sul grano potrebbe produrre gli stessi benefici effetti, ma stavolta su scala planetaria, aiutando il libero scambio a dare impulso a una crescita economica globale.
Certo, osserva Mingardi, «se le pretese dell'Occidente a vantaggio delle proprie clientele di agricoltori fossero state più leggere, nel 2003 e nel 2005, non saremmo a questo punto. E non avremmo legittimato, col nostro, il protezionismo degli altri».
Il guaio è che i negoziati del Wto non sono guidati dalle valutazioni degli economisti, quanto piuttosto da una casta di "mercantilisti illuminati", come li ha definiti Paul Krugman. «Politica, non mercato». I riflessi protezionistici prevalgono laddove la politica fa valere le sue logiche e non quelle funzionali del mercato.
A questo punto, potrebbe aprirsi lo spazio per l'idea tremontiana di una nuova Bretton Woods. Che sia però nuova, non una Bretton Woods al contrario.
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