Secondo Angelo Panebianco, Berlusconi dovrebbe "aiutare" Veltroni, ma a me pare che sia Veltroni a non aiutare se stesso, avendo rinunciato ad essere il Veltroni pre-elettorale.
L'editorialista del Corriere si chiede «cosa ha ricevuto in cambio dal governo fino ad oggi», ma alla prima prova in cui doveva dimostrare di essere davvero entrato in una «nuova stagione», Veltroni ha fallito. La giustizia era un tema chiave. Non opponendosi in linea di principio all'immunità per le alte cariche dello Stato, ma pretendendo che la norma non valesse per Berlusconi, venivano tolte le basi per il dialogo, perché si negava l'evidenza di un attacco della magistratura politicizzata contro il premier per delegittimare subito, entro pochi mesi, il governo eletto democraticamente dagli italiani, con una sentenza già scritta e politica.
Per «ridare un po' di respiro a Veltroni, per restituirgli libertà di manovra contro l'estremismo», Panebianco forse non si accorge di chiedere a Berlusconi di farsi condannare. «Seguire la via maestra della revisione costituzionale» per «porre al riparo dall'azione giudiziaria le quattro più alte cariche dello Stato» significa infatti dare al giudice politicizzato di Milano il tempo per condannare in primo grado Berlusconi sulla base delle accuse ridicole del processo Mills.
Abolizione dell'obbligatorietà dell'azione penale («foglia di fico che nasconde l'assoluta discrezionalità dei pubblici ministeri»); separazione delle carriere; riforma del Csm. Panebianco scrive tutte cose pienamente condivisibili, ma si muove su un piano strettamente teorico. Quelle riforme torneranno ad essere pie illusioni se la magistratura politicizzata avrà il tempo per delegittimare il governo democraticamente eletto costringendo, forse, il premier alle dimissioni. Il governo non ha il tempo di presentare l'immunità come legge costituzionale, perché la condanna del premier arriverebbe prima, soprattutto non potendo contare sul voto favorevole del Pd, che vuole sì l'immunità ma anche la condanna in primo grado di Berlusconi.
Per svelenire il clima, Panebianco suggerisce a Berlusconi di «allungare i tempi della riforma della giustizia», affrontando il «rischio del processo». «Nemmeno un'eventuale condanna potrebbe togliergli» il ruolo di premier (cioè, non sarebbe obbligato a dimettersi). E' qui che poggia tutto il ragionamento dell'editoriale, perché se Berlusconi dovesse dimettersi dopo una condanna, non potrebbe «rischiare il processo», né «seguire le vie maestre della revisione costituzionale». Ma Panebianco non considera che al di là delle dimissioni, se arrivasse la condanna il clima, appena rasserenato, tornerebbe ad infiammarsi, e Veltroni non avrebbe comunque la forza di accordarsi con un Berlusconi appena condannato per una «buona riforma della giustizia».
Non se ne esce, perché il vizio di questa situazione sta proprio nel mancato riconoscimento da parte del Pd della anomalia di un ordine giudiziario che tiene sotto ricatto il potere politico. «È dai tempi di mani pulite, dal 1992, che una corrente piccola della magistratura cerca di sovvertire il risultato del voto popolare», ripete Berlusconi. Appena può, il Pd non resiste alla tentazione di sfruttarla a suo favore.
E' vero che «Veltroni è l'unica diga rimasta contro l'integrale radicalizzazione giustizialista dell'opposizione», ma il coraggio deve darselo lui. E' vero che «una sua sconfitta politica non conviene né al Paese né al proprio governo». Eppure, la sconfitta si è già consumata. E' stato Veltroni stesso ad autoinfliggersela, dimostrando di non avere sue idee. Pochi giorni dopo le elezioni, nel prevedibile momento di difficoltà, ha scelto di dismettere la sua linea, pur di non affrontare i nemici interni e per restare segretario. Ha abbondanto quella «vocazione maggioritaria» sulle cui basi era nato il dialogo con il Cav. ed è tornato - rivelatrici le parole di Bettini - a coltivare l'idea/illusione dalemiana di una grande alleanza da Casini a Bertinotti passando per chissà chi, un nuovo centrosinistra che rischierebbe di somigliare in modo tragico a quello vecchio.
Quindi, non più il sistema elettorale alla francese, uninominale a doppio turno, ma quello tedesco caldeggiato da D'Alema e Marini, da Casini e Rutelli fino a Bertinotti; quindi, nessuna intesa sulla riforma elettorale per le Europee; immunità sì, ma non per il Cav. E' sull'altare delle sue convenienze interne che Veltroni ha sacrificato tutti i pilastri su cui poggiava il dialogo con Berlusconi e quindi, in definitiva, la sua intera linea politica.
Se sia opportuno stralciare la norma sospendi-processi - e forse lo è - è a Napolitano, ai rapporti con il Quirinale, che Berlusconi deve guardare, non certo a Veltroni. Si tratta senz'altro di un modo rozzo ed «abborracciato» di affrontare il superamento dell'obbligatorietà dell'azione penale, ma ha un alto valore politico a giudicare dalle contraddizioni che si aprono.
Intervistando il ministro dell Giustizia, Fiorenza Sarzanini obietta: «Un conto è che siano i procuratori a indicare le priorità tenendo conto delle emergenze locali, altro è che sia il governo a sospendere migliaia di processi». Bene, è esattamente in modo contrario che bisognerebbe ragionare. Come spiega lo stesso Panebianco, «che sia il Parlamento, su proposta del Guardasigilli, a dettare, di volta in volta, le priorità alla magistratura», come avviene in «tante democrazie».
Fa bene, inoltre, il ministro Alfano a sottolineare l'«atteggiamento dolosamente omissivo da parte di chi continua a tacere che i processi non si estinguono ma sono sospesi e in ogni caso la maggior parte sono prossimi alla prescrizione, coperti da indulto o semiabbandonati».
1 comment:
La sconfitta di metà Aprile sta avendo effetti, se possibile, maggiori della caduta del Muro nel 1989.
Io vedo solo uno psicodramma collettivo a sinistra.
Non riescono ancora a capire, non tanto i dirigenti, quanto i militanti ed il loro popolo in genere i motivi profondi e non contingenti della batosta.
Berlusconi ha solo dato la spinta finale al castello di carte che è diventata la sinistra con le sue mainstreams culturali.
E' davvero finito un ciclo che è durato più di quarant'anni.
Ed infatti, tranne il logoro antiberlusconismo, non dicono e non pensano proprio niente su niente altro.
Chi ha votato cdx ha votato per il ritorno delle forze ragionevoli del pentapartito di un tempo, salvate letteralmente da Berlusconi.
E di ciò che è B., nel male e nel bene, a nessuno importa più di tanto perchè a certi uomini l'immaginario collettivo sa perdonare molto proprio perchè ci si è resi conto dell'alternativa.
Il tempo, che qualcuno dice sia la forma delle cose, giudicherà e contestualizzerà l'uomo ed il suo operato e questi venti anni di storia italiana.
Intanto un grazie a B. per averci portato i concreti Brunetta, Sacconi, Frattini, Maroni e Tremonti al posto di quell'accozzaglia senza direzione certa che c'era prima.
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