Pagine

Friday, July 04, 2008

Tremonti e quel suo pregiudizio di sinistra sul mercato

Il ragionamento di Giavazzi di oggi si basa su una premessa: che sia aumentato - addirittura del 150% in un anno - il prezzo «reale» del petrolio (cioè «quante ore dobbiamo lavorare per acquistarne un barile»). Ciò per Giavazzi escluderebbe la speculazione tra le possibili cause.

Premetto di non essere esperto di economia e di finanza internazionale, ma a me la frase risulta un po' ambigua. A cosa si riferiva Giavazzi? Ai costi di estrazione, oppure a una crescita della domanda, che obbligherebbe a lavorare di più per l'acquisto di un barile? Oppure semplicemente al prezzo dei carburanti alla pompa?

Credo sia stato opportuno da parte della Bce alzare il tasso di interesse e, come Giavazzi, non solo ritengo che l'attuale crisi petrolifera abbia «poco a che vedere con la globalizzazione», ma anche che la globalizzazione, «che in vent'anni ha consentito a un miliardo di persone di uscire dalla povertà e iniziare a consumare», semmai «attenuerà la recessione».

Tuttavia, non escluderei che l'impennata del prezzo del greggio sia dovuta alla speculazione. A quanto mi risulta i costi di estrazione rimangono bassissimi e la domanda è cresciuta, ma non tanto, evidentemente, se i Paesi produttori si rifiutano di aumentare la produzione. Un aumento del prezzo del petrolio dovuto a maggiori costi di estrazione o ad una crescita della domanda sarebbe, credo, più graduale. La dinamica dei prezzi di questi mesi, invece, somiglia di più a un'impennata, per lo più dovuta alla debolezza del dollaro e alla speculazione. D'altra parte, non dobbiamo scordarci che il petrolio è un bene particolarmente esposto alla speculazione, essendo a domanda rigida.

Ma l'editoriale di Giavazzi nasconde in realtà un intento polemico nei confronti del ministro Tremonti, il quale attribuisce la crisi proprio alla globalizzazione e alla speculazione. E' sbagliato assolvere del tutto la speculazione, così come è ingenuo da parte del ministro vedervi un malvagio complotto ordito da un ristretto e oscuro gruppo di finanzieri e tecnocrati.

Questa visione "manichea" del mondo della finanza dimostra una scarsa dimestichezza con i mercati e una scarsa conoscenza dei loro meccanismi di funzionamento. La speculazione non è qualcosa di organizzato a tavolino da poche diaboliche menti, ma è il comportamento spontaneo di migliaia di singoli attori economici che investono i propri fondi in operazioni dove ritengono di poter massimizzare i guadagni minimizzando tempi e rischi, agendo per lo più su beni la cui domanda è rigida.

Tremonti, osserva anche Alberto Mingardi su il Riformista di oggi, tende a «personalizzare, indicandone mandanti ed esecutori in un ristretto gruppo di tecnocrati, persino il processo di globalizzazione». Pare che Henry Paulson al G8 abbia addirittura «ridicolizzato la crociata» tremontiana contro la speculazione sui «barili di carta».

Nel suo commento Mingardi cita il libro "Free Trade Nation", in cui l'autore, Frank Trentmann, annota che chi oggi si oppone alla globalizzazione in realtà attacca «un sistema di scambi globale che è stato costruito da una precedente generazione di consumatori e di progressisti», per i quali esso era sostanzialmente «a democratic ticket for the excluded».

«Parliamo di globalizzazione - riflette Mingardi - come se non fosse un processo che riguarda giorno dopo giorno, ora dopo ora, miliardi di persone che ne costituiscono non gli ingranaggi, ma gli attori. È questo il motivo per cui è più facile che sia Tremonti, e non Draghi, a intercettare simpatie. Viene facile attaccare la globalizzazione come artefatto di una "tecnocrazia internazionale", quanto sarebbe impossibile prenderla di petto per quello che è: una trama di relazioni sociali».

Tremonti ha questo riflesso, o pregiudizio, tipicamente della sinistra comunista e socialdemocratica. Del mercato non sopporta, non riesce letteralmente a concepire, l'imperscrutabilità. Lo vorrebbe prevedibile (programmabile) come un'equazione, mentre essendo una trama di relazioni umane incoercibili contiene in sé un insopprimibile quid di irrazionalità e spontaneità, dimostrandosi al tempo stesso lo strumento più efficiente e razionale a disposizione degli uomini per produrre e scambiarsi beni. E' più facile farsi una ragione dei momenti di crisi denunciando l'"untore", intravedendo una sorta di "demone" interno al mercato, gli animal spirits di keynesiana memoria, che sarebbe compito dei governi incatenare. Peccato che siano proprio questi animal spirits il motore del mercato e del benessere.

11 comments:

Anonymous said...

"Tremonti ha questo riflesso, o pregiudizio, tipicamente della sinistra comunista e socialdemocratica. Del mercato non sopporta, non riesce letteralmente a concepire, l'imperscrutabilità. Lo vorrebbe prevedibile (programmabile) come un'equazione, mentre essendo una trama di relazioni umane incoercibili contiene in sé un insopprimibile quid di irrazionalità e spontaneità, dimostrandosi al tempo stesso lo strumento più efficiente e razionale a disposizione degli uomini per produrre e scambiarsi beni".

Già. Purtroppo per noi, però, le forze del mercato si possono dispiegare tanto più quanto meno le leggi le imbrigliano. La globalizzazione è anche il frutto di una progressiva azione dei governi, che hanno "aperto le porte". La sfortuna è che Tremonti pensa proprio a quello: ad addormentare la tigre con un anestetico, per poi tornare a rinchiuderla. E' un politico, e può almeno provarci. che Dio ce ne scampi.

Anonymous said...

Quoto Phastidio. Il vero problema di oggi si chiama a) costo di estrazione per un greggio sempre più ad alto tenore di zolfo (=sabbie bituminose"). C'è anche da dire che le riserve mondiali sono ormai basse.
Sul Canada ribadisco le mie recenti osservazioni: è diventato uno stato chiave. Grazie alle sabbie dell'Alberta, il Nordamerica ha le seconde riserve al mondo dopo i sauditi, il che dà a Ottawa ma anche a Washington una buona autonomia di manovra.
Altra osservazione: un anno fa ho fatto lo "scoop" sulla presenza di 8 miliardi di petrolio nel Libano. Allora non sembravano moltissimi, tanto da giustificare ingerenze siriane etc. Oggi però il Brasile sta diventando una potenza petrolifera da Opec, e mi risulta che abbia "solo" 10 mld di barili in cassaforte...
Detto ciò una componente speculativa rimane, ma in percentuale relativamente bassa.

Anonymous said...

"La speculazione non è qualcosa di organizzato a tavolino da poche diaboliche menti, ma è il comportamento spontaneo di migliaia di singoli attori economici che investono i propri fondi in operazioni dove ritengono di poter massimizzare i guadagni minimizzando tempi e rischi, agendo per lo più su beni la cui domanda è rigida."

Non è sempre così, ed è ingenuo pensare al mercato sempre e solo come alla somma di individui che non si conoscono. Soprattutto considerando gli attori in gioco.

JimMomo said...

Phastidio, ne sai certamente di più. Eppure, sbaglio o non c'è un'opinione condivisa sulle cause di questa impennata?

Sai che non demonizzo affatto la speculazione, ma quanto incide? Possibile che l'aumento di costi e domanda possa causare un aumento così improvviso? Non sarebbe, invece, più graduale, se le riserve a basso costo di stessero assottigliando e si dovesse ricorrere a quelle più ad alto costo?

JimMomo said...

Ok, chiaro cosa intendi. Nel post intendevo comunque dire che pur non potendo escludere che molti stiano scommettendo sulla crescita del prezzo (in parte determinandola), è ingenuo e sbagliato il pregiudizio che ha Tremonti (e molti politici) nei confronti dei mercati finanziari che sarebbero preda di diabolici speculatori.

ciao

Anonymous said...

per la componente speculativa potremmo fare un tentativo: perchè non portare i "margin" sui futures al 100 percento?

praticamente chi vuole speculare dovrebbe versare in contanti l'intero valore del contratto future.

lm

Anonymous said...

Jim perchè non ti leggi questo di Giannino?

http://www.tgcom.mediaset.it/politica/articoli/articolo418493.shtml

JimMomo said...

Sono d'accordo con Giannino quando parla di "liberalismo compassionevole". Il cambio di rotta rispetto al precedente governo è innegabile.

Tuttavia, a me personalmente da liberista e libertario preme comunque accettare nel mio piccolo la "sfida" anti-mercatista di Tremonti; verificare che quanto scritto venga realizzato; continuare a sottolineare la necessità di uno shock ancora più radicale.

ciao

Anonymous said...

Comunque sia Tremonti e Benedetto XVI dicono praticamente le stesse cose su moltissimi temi.
Tremonti è il laico apostolo della dottrina vaticana.
Non ha riflessi antimercato comunisti o socialdemocratici, ma cattolici ed apostolici romani.

Azimut72 said...

C'è in atto una guerra (feroce) tra il mondo finanziario anglosassone e il ministro Tremonti (che rappresenta la punta dell'iceberg di un movimento più sotterraneo e che ha forti radici in Francia).

Le due parti non si risparmiano colpi bassi molto duri(basta leggere l'ultimo numero dell'Economist).

Nei prossimi mesi la lotta sarà sempre più all'arma bianca. Il motivo?

Il mondo anglosassone ha ultimamente paura di un "hard landing".
Per anni, ormai, ci hanno inondato di teorie come "economia dei servizi", lett. "effetti positivi della speculazione finanziaria" (hai letto bene!!), "PIL finanziario", "Decoupling", "securization", etc.ect..

Adesso questo mondo sta franando sotto i colpi della "stagflation". A parte l'Italia che si è tagliata i coglioni da sola in questi anni non mettendo mano al Debito PUbblico (e Tremonti è uno dei colpevoli), i Paesi più a rischio di "hard landing" sono proprio quelli che hanno pontificato in questi anni "Inghilterra", "Spagna", "Irlanda".

Onore al merito a Tremonti & C. per aver previsto tutto (per la verità non è il solo) con molto anticipo.
Sarebbe stato meglio che il Ministro Tremonti avesse fatto questa battaglia dopo aver risolto il Debito Pubblico negli anni in cui è stato ministro....ma questa è un'altra storia.

azimut72

Anonymous said...

nota a latere: aumenta la domanda, aumenta la necessitá di coprirla (offerta), quindi si va a trivellare o si trivella di piú dove i costi di estrazione sono maggiori. Poiché chi vende oil vuole mantenere i suoi margini elevati, noi sappiamo che al margine si estrae di piú dove costa di piú estrarre fino a quando i margini rimangono abbastanza alti. Teoricamente dovrebbero tendere a zero, ma essendo il mercato petrolifero un oligopolio, il ragionamento cambia.

Tutto ció solo per dire che il riferimento ai costi di estrazione non era completo.