Merita la lettura integrale questo articolo di Giuseppe Di Federico (il Riformista, 1 luglio), di cui riporto alcuni estratti.
L'obbligatorietà dell'azione penale...
vanifica il principio costituzionale dell'eguaglianza del cittadino di fronte alla legge. Poiché solo una parte dei crimini che vengono commessi possono di fatto essere perseguiti con efficacia, scelte di natura discrezionale devono comunque essere fatte nel decidere sull'iniziativa penale e sull'uso dei mezzi di indagine necessari a sostenerla. Ora tali scelte discrezionali sono di fatto lasciate alle singole procure e spesso ai singoli sostituti procuratori che le compiono con criteri tra loro diversi (molto efficacemente Giovanni Falcone definiva questo fenomeno come «una variabile impazzita del sistema»). La regolamentazione delle priorità nell'esercizio dell'azione penale e nell'uso dei mezzi di indagine è quindi l'unico modo per tutelare il principio di eguaglianza dei cittadini, per quanto umanamente possibile. E' questo quello che avviene, in varie forme, in tutti i paesi di più consolidata tradizione democratica.
sottrae al controllo democratico le scelte di politica criminale. L'impossibilità materiale di perseguire tutti i reati lascia di fatto alla discrezionalità di un corpo burocratico reclutato per concorso, e quindi senza legittimazione democratica, la definizione di quali reati perseguire prioritariamente e con efficacia. In altre parole definire di fatto gran parte delle politiche pubbliche nel settore criminale. Ciò non avviene in nessun paese a consolidata tradizione democratica. Vale a riguardo ricordare quanto lapidariamente affermato dalla commissione presidenziale francese a cui, nel 1997, il presidente Chirac aveva, tra l'altro, demandato il compito di esplorare la possibilità di adottare il principio di obbligatorietà. La commissione liquidò la questione in poche parole ricordando che nessun paese era mai riuscito né sarebbe mai potuto riuscire a perseguire tutti i reati. Che quindi un pubblico ministero pienamente indipendente chiamato ad applicare quell'inapplicabile principio avrebbe comunque dovuto compiere scelte di priorità. Cioè scelte di politica criminale. Concludeva ricordando che in un paese democratico le politiche pubbliche in tutti i settori, e quindi anche nel settore criminale, devono essere definite da organi che ne rispondano politicamente.
rende il pubblico ministero irresponsabile delle decisioni discrezionali che compie... A differenza di quanto avviene in altri paesi democratici essi non portano responsabilità alcuna per quelle decisioni, né sul piano della valutazione della loro professionalità, né disciplinarmente né finanziariamente. Se le loro indagini e la loro iniziativa penale risultano inconsistenti a livello del giudizio o anche prima (il che capita di frequente) la giustificazione che danno i pubblici ministeri è sempre stata pronta e risolutiva: poiché avevamo ragione di ritenere che un crimine fosse stato commesso, eravamo costretti ad agire onde non violare il principio di obbligatorietà. In buona sostanza l'obbligatorietà dell'azione penale trasforma qualsiasi decisione di natura discrezionale dei pm in materia di indagini e iniziativa penale in un "atto dovuto", cancella qualsiasi loro responsabilità per le decisioni prese, non è sanzionabile anche nei casi in cui sono state investite ingenti risorse in inutili e ingiustificate indagini...
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2 comments:
ciao carissimi, mi farebbe piacere aggiungervi tra i miei blog amici. Buona giornata da Tiziano web communicator.
In democrazia il potere appartiene al popolo che ne fa uso sia in forma diretta (referendum e leggi di iniziativa popolare) sia indiretta con i suoi rappresentanti eletti a suffragio universale. Mi spiegate come può definirsi potere autonomo dello Stato la magistratura ? da dove prendono il loro potere ? da un concorso ? li ha forse eletti qualcuno ? per questo non possono essere un potere dello Stato, al più sono un ordine dello Stato, una corporazione.
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