Quel «gradino» la Corte d'appello di Palermo non l'ha voluto salire. Anzi, quel «gradino» l'ha distrutto. Era stato il procuratore generale Nino Gatto, nella sua ultima requisitoria, a chiedere ai giudici una sentenza «gradino», tale da consentire di salirne altri per «accertare le responsabilità che hanno insanguinato il nostro Paese». Aveva richiamato i giudici ai loro «doveri», ammonendo che «qui è il potere che viene processato, un potere che ha tentato di condizionare e di sfuggire al processo». Ebbene, Dell'Utri è stato sì condannato a sette anni per l'evanescente reato di concorso esterno in associazione mafiosa (torneremo su questo), pena ridotta rispetto ai nove della sentenza di primo grado e ben lontana dagli undici chiesti dalla Procura, ma è stato assolto perché «il fatto non sussiste» riguardo la parte più scottante, le condotte successive al 1992, quelle che secondo i pm avrebbero dovuto provare la "trattativa" tra mafia e politica da cui scaturirono le stragi e il ruolo di Cosa Nostra nella nascita di Forza Italia. Non sussistono né la mediazione politico-mafiosa attraverso Mangano, né quella attraverso Graviano-Spatuzza. Se mai un "terzo livello" c'è stato, se mai c'è stato un patto tra Stato e mafia, Dell'Utri - e Berlusconi - non c'entrano nulla.
Questa assoluzione è l'aspetto più rilevante e il pg se ne rende conto, non lo nasconde. Tutto il significato e la portata della sentenza di oggi sta proprio nella delusione della pubblica accusa. «Sono profondamente deluso», è stato infatti il primo commento del procuratore generale Gatto, «perché la parte relativa alla politica la ritengo quella in cui l'accusa era meglio fondata, più forte», la parte che definisce «addirittura più granitica» (rispetto a quella riguardante gli episodi estorsivi a danno di Berlusconi e Fininvest, su cui la condanna a Dell'Utri è stata confermata). Una sentenza «storica», ammette, «sebbene la Corte non abbia ritenuto di potere salire quel "gradino" necessario a leggere, secondo quanto avevo proposto, la stagione politica e la vicenda della trattativa». Vicenda che secondo la Corte «non sussiste». Adesso basta con i teoremi dei professionisti dell'antimafia, basta con la "trattativa", con l'"Entità", con il fantomatico "terzo livello", o comunque lo si voglia chiamare. Basta con gli Spatuzza, basta con gli Ingroia, i Grasso, basta con i Santoro, i Travaglio, e basta con la Repubblica e con i "finiani" di supporto. Tutto è stato spazzato via e rispedito ai mittenti, i quali, ne siamo certi, non demorderanno privi come sono di senso del ridicolo.
Venendo alla condanna, il concorso esterno si riferisce a quelle che in realtà sarebbero azioni estorsive a danno di Berlusconi e della Fininvest. E' bene ricordare, infatti, che Dell'Utri è stato condannato perché pagando il "pizzo" per garantire protezione personale a Berlusconi ed evitare danni alle antenne e alla Standa in Sicilia, ha «rafforzato» finanziariamente la mafia, e quindi concorso dall'esterno all'associazione mafiosa. Insomma, sarebbe l'unico che per aver pagato il "pizzo" per conto di Berlusconi e delle sue aziende (ammesso e non concesso che abbia davvero pagato), viene considerato complice invece che vittima della mafia. E' una sentenza, quindi, che anche sul lato della condanna, come altre assoluzioni celebri (vedi di recente quella di Mannino) getta un'ombra inquietante sul reato di "concorso esterno in asssociazione mafiosa", per il quale i condannati credo siano poche decine e nessun politico.