«Perché non bisogna sbagliarsi. Ciò che si gioca a Kiev, in piazza dell'Indipendenza, è sapere se si vuole, ai confini dell'Europa, uno Stato democratico con il quale sia possibile dialogare e stabilire dei rapporti sinceri o uno Stato corrotto e autoritario. Noi, la nostra scelta l'abbiamo fatta. Chiediamo all'Unione europea di fare altrettanto con la più grande trasparenza e la massima fermezza». Segue »Oggi. Inquietanti il viaggio di Kuchma a Mosca, come ai vecchi sovietici tempi, e il silenzio dal Cremlino. Kiev è un investimento su cui Putin ha giocato troppo per lasciarselo sfuggire di mano. Eppure, ha offerto in mondovisione una simpatica gag quando ha accusato l'Europa di «ingerenze», mentre tutti, ma proprio tutti, sapevano che Putin, non Bush o i suoi, ha visitato per ben due volte l'Ucraina durante la campagna elettorale per sostenere il "suo" candidato, correndo a congratularsi per la vittoria poi congelata dalla stessa Corte Suprema ucraina. Si è poi saputo che i metodi per falsificare le elezioni sono stati gli stessi usati nei Paesi dell'Est nel '46: un milione di schede aggiunte a urne chiuse.
Anziché rafforzare il ruolo della Russia, questo è stato indebolito dalla spregiudicatezza con cui Putin ha agito in Ucraina, senza fare i conti con gli ucraini, che non sono più quelli di 15 anni fa. Ponendosi in un situazione per la quale ora la minima concessione alla "rivoluzione arancione" è già una grave sconfitta. A meno che proprio l'Occidente non tradisca se stesso (guarda un po', la propria identità), non raggiungerà il suo obiettivo:
«At the heart of President Putin's foreign policy is a desire to formally maintain Russia's sphere of influence in the Commonwealth of Independent States - the countries that made up most of the Soviet Union. However, writing in The Moscow Times this week, Nikolai Petrov of the Carnegie Moscow Centre argued that Mr Putin's actions had led to a rise of anti-Russian sentiment in Ukraine and around the world».A chi invece in Europa ancora non se la sente di sostenere la "rivoluzione arancione" e preferisce denunciare l'ingerenza, o addirittura la "cospirazione" americana, rispondono Anne Applebaum sul WP (ieri) e Timothy Garton Ash sul Guardian (oggi):
Peter Biles, BBC
«For 25 years, I have heard these same old arguments against supporting the democratic oppositions in eastern Europe. Those oppositions, we are told, threaten European "stability". Behind or beside them are nasty nationalists and/or the CIA. We must respect the legitimate security interests of Moscow (an argument originally used to justify the continued existence of the Berlin Wall). A ghastly Pandora's box will be opened by ....... (fill this space with: Poland's Solidarnosc, Charter 77, the Leipzig demonstrators - sorry, mob - in 1989, anti-Milosevic students in Belgrade, Georgian rose revolutionaries, or now Ukrainians)».
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