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Thursday, December 30, 2004

Berlusconi alla scuola di Crawford, Texas

Di ritorno dal suo "corso di studi" nel ranch di George W., è pronto a importare in Italia la ricetta elettorale che ha fatto rivincere Bush: meno tasse e più valori. Ma ha davvero imparato bene la lezione americana?

Quale sarà la parola d'ordine della Casa delle Libertà nella prossima campagna elettorale? E' ancora presto per dirlo, ma Berlusconi oggi ha fornito qualche indicazione nella conferenza stampa di fine anno. Il nuovo slogan, ha anticipato, potrebbe essere: «Giù le tasse, su i valori». Ascoltando il passaggio in questione ho avuto l'impressione (anche se non seguo i discorsi del premier) che per la prima volta Berlusconi abbia esposto in modo chiaro dove ha intenzione di condurre la prossima campagna elettorale: occorre tornare ai valori alla base del proprio stare in politica, alla moralità della politica.

Se Berlusconi si richiama direttamente alla lotta, del bene contro il male, ingaggiata dal suo amico Bush per l'esportazione di libertà e democrazia nel mondo dove esse mancano, ben più inquietante è il messaggio che riceviamo dall'ultimo minuto di registrazione. Se su quel minuto vale esprimere un primo giudizio, mi sembra che Berlusconi abbia frainteso il significato e la portata di quelle che a mio modo di vedere sono state le frecce - le cosiddette moral issues - nell'arco della campagna repubblicana negli States. Richiamandosi a ideali profondamente condivisi dagli americani, addirittura fondanti della Nazione, Bush ha fatto leva su di essi per giustificare la sua visione politica, soprattutto riguardo le politiche che più stavano a cuore all'elettorato: la guerra al terrorismo. Invece, pare che dobbiamo aspettarci un Bush nostrano, all'amatriciana, che si appresta ad introdurre in Italia un conservatorismo non alla Bush, ossia rifondato sulle orme di Reagan, ma che non fa che riprendere la linea Fanfani-Almirante.

Berlusconi sembra aver recepito l'invito che con il suo Foglio Giuliano Ferrara rinnova ogni giorno, a combattere una battaglia culturale. Senza curarsi però di quali compagni di ventura ha al suo fianco e senza ben ponderare il peso dell'assenza nel nostro Paese di anticorpi autenticamente liberali e laici, presenti invece oltreoceano, dei quali certo questo centrosinistra non è portatore. Da noi parlare di "morale" in politica ha un significato ben diverso che in America. Vi sono condizioni che rendono l'operazione del Cav., se si compirà, a rischio di derive clericali. Buttiglione non è Bush, ho scritto tempo fa.

Sempre se abbiamo ben interpretato quel minuto di risposta, dobbiamo riconoscere che ancora una volta Marco Pannella ci ha visto giusto sull'operazione che si va preparando. La riproposizione della linea Fanfani-Almirante, già sconfitta, potrebbe avere oggi maggiore presa sugli italiani. Se laicità e religiosità vanno nuovamente difese, questa è una missione per i radicali. Pannella ha posto le basi intellettuali per questa difesa con il convegno a Bruxelles sulla laicità e le religioni da lui fortemente voluto, che, seppure con evidenti lacune e scivoloni, rappresenta l'inizio di un'opera per riportare alla luce l'altro pensiero cattolico, quello liberale, quello scismatico rispetto al Vaticano, ma maggioritario rispetto alla Chiesa intesa come comunità di fedeli.

Intanto, forse, già ci dobbiamo ritenere fortunati che la ricetta che Berlusconi ha deciso di importare non è quella dell'altro suo amico, Putin. O forse abbiamo frainteso e il Berlusconi del 2006 sarà quello di sempre. Buon 2005!

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