Potremmo limitarci a smontare la premessa da cui Diaconale parte. La proposta di Pannella non è stata formulata all'indomani della sconfitta referendaria, ma il 29 maggio a Radio Radicale. Dunque, ammesso che sia il leader radicale «l'artefice del tracollo» referendario, l'idea voleva essere sia la via d'uscita a una probabile sconfitta, che non è solo radicale, ma anche lo sbocco di un'eventuale vittoria.
Certo, premetteva Pannella, se il Partito d'Azione «nasce con i segretari di tutte le forze minori, ogni forza ha il problema di avere due-tre eletti e alla fine non c'è trippa per gatti». E precisava: «Non si tratta di fare come ha generosamente tentato di fare l'amico Diaconale, la federazione di quelli che devono essere eletti loro personalmente, più due amici o quattro». L'obiettivo è quello di immettere una nuova realtà nel contesto di un sistema "anglosassone", in cui la politica radicale potrebbe essere «l'animo», la politica di governo di un grande schieramento.
L'idea pannelliana rimane tuttora vaga, allo stato embrionale, ma c'è un humus, la tradizione liberale e quella socialista che fanno tuttora parte del Dna sociale. Il Partito d'Azione potrebbe occupare uno spazio politico che occorre prima di tutto creare: perché ora non c'è. Per esempio, come interlocutore dei Ds al posto di Rutelli, o di Forza Italia se tornasse quella del '94.
Ma qui torniamo sempre a quel nocciolo che è anche al centro della questione Della Vedova. Non è in discussione il "se", o "con chi" allearsi, ma il "per fare che cosa", il "come". E il come è tutto, il "che fare" è prioritario. E' la differenza tra vivere e morire. Entrare in una delle due coalizioni e poi vedere il da farsi, oppure sapere bene il da farsi e poi semmai entrare?
Posto che siamo d'accordo sul fatto che l'entrata in una delle due coalizioni non può costituire una scelta di valore fra due facce della stessa medaglia partitocratica, ma una scelta su obiettivi. Mentre i valori ciascuno ha i propri, sugli obiettivi possono convergere in un'ottica fusionista forze politiche e sociali diverse che di volta in volta trovano un determinato obiettivo compatibile con i propri valori. Non l'unione dei laici quindi, ma «l'unità laica delle forze»: ciascuno con il suo motivo, laicamente si incontra su un obiettivo. Cosa c'è di più pragmatico del "tratto di strada assieme"?
Invece, è incredibile la persistenza, anche tra i più attenti osservatori del movimento radicale, di alcuni miti che i fatti si sono incaricati di far cadere. Così, una dialettica aperta e trasparente all'interno di un soggetto politico radicale diventa Pannella padre-padrone che divora i dissenzienti. Il merito delle posizioni nessuno si disturba a coglierlo. Così per l'altro luogo comune. Parlare di «splendido isolamento» è davvero una beffa quando si viene dai due mesi di fitte trattative dell'iniziativa dell'"ospitalità", fallita per i veti incrociati partiti dall'interno delle due coalizioni. Un fallimento anche per gli amici dei radicali che sono dentro e che non hanno peso politico o non hanno esercitato pressioni sufficienti.
Però siamo ancora fermi a credere che Della Vedova è il radicale che si vuole alleare, mentre Pannella & Bonino i difensori dello «splendido isolamento». E' un buon film, fa comodo a molti crederci, ma non è realtà. Altro che «duri e puri». La storia radicale dimostra che l'azione politica dei radicali non si esaurisce nei referendum. Rimanere fuori dalle istituzioni non è quasi mai una scelta dei radicali, ma è spesso scelta altrui nel rifiutarsi di creare le condizioni politiche minime necessarie. Se un accordo per rientrare nelle istituzioni prescinde da un fatto politico, anche minimo, la presenza radicale diverrebbe presto scoria invece che azione politica.
Troppo alte le richieste dei soliti incontentabili radicali? Vista la debolezza del movimento, che da troppo tempo attraversa il deserto «senz'acqua e scarpe», l'unica richiesta di Pannella è quella di ricevere un aiuto a presentare le liste e di valorizzare la presenza radicale (in tv, sui giornali, per posta), non nasconderla, all'interno della coalizione ospitante, in modo da farne un fatto politico da presentare ai propri elettori. Nessuna condizione, nessun compromesso sui programmi, scomodo e ipocrita per l'una e l'altra parte, ma un fatto politico, innanzitutto per quella coalizione. Quale fosse questo fatto politico minimo se ne accorsero persino autorevoli commentatori.
L'"ospitalità" ai radicali avrebbe «segnato il grado alto di libertà e di istinto democratico, rischi e benefici inclusi, di quella delle due parti che lo accetta». Furio ColomboDunque, rivendicando il copyright di un'iniziativa generosa, ma ben diversa dalla suggestione pannelliana di un Partito d'Azione, quello di Orso di Pietra rimane un attacco polemico che nasce e muore lì. Forse è servito a provocare una reazione, ma la speranza, e l'invito, è che ora vi sia la disponibilità a discutere insieme il "che fare". Così Vecellio ha risposto a Giacalone:
«... nei due poli l'alleanza con i radicali è voluta soprattutto da coloro che aspirano a connotare in senso più "liberale" il proprio schieramento. I radicali possono far perdere voti ma anche farne guadagnare. Hanno un blasone temuto e ambito. Proprio di chi, nella sua ormai lunga storia, ha dato lezioni di libertà a tanti senza mai bisogno di prenderne da nessuno». Angelo Panebianco
«Una sana iniezione di cultura liberale farebbe bene a entrambi i poli. Ma, forse, è proprio questa la ragione per la quale entrambi guardano a tale prospettiva con tanta diffidenza». Piero Ostellino
«Non ci siamo ripiegati su noi stessi, non ci siamo esercitati nell'inconcludente pratica del crucifige, abbiamo avviato una discussione seria e concreta su "che fare", "come fare", "con chi fare". Caro Giacalone: dici che è poco? E se viene anche quel mondo del centro-destra che ha sostenuto i referendum e fatto l'opzione a favore del "sì", benvenuto, tappeto rosso in loro onore. Ma tu li vedi, sai dove sono finiti? Forse mi sarò distratto, ma all'Ergife non li ho né visti né sentiti».Consideriamo tutti che parlando del futuro dei radicali a Rai 21.15, su Rainews24, Pannella non ha usato mezzi termini per descrivere la situazione di estrema debolezza che limita le capacità di movimento del movimento.
«Non è giusto utilizzare il termine sciogliere. Dico invece che potremmo essere costretti a chiudere baracca... Può essere che qualcosa accada nei prossimi mesi o settimane, prima che si arrivi a compiere i cinquant'anni. Se si parla di cose vive si parla anche della possibilità della morte... Purtroppo noi radicali siamo diventati un'etnia, nostro malgrado... Ciò non toglie che abbiamo una capacità e un materiale di governo. Nei novanta referendum promossi durante tutta la nostra storia, sia quelli mancati che quelli vittoriosi, c'è scritto un programma politico di governo che in trenta giorni noi potremmo approntare per un governo al quale all'improvviso fossimo chiamati...».In tal caso servirà anche Benedetto Della Vedova, ma non per scaldare una poltrona.
3 comments:
Caro Federico,
ti leggo sempre con grande interesse, specie ora che frequentando Tocqueville ho la possibilità di scoprire più post sullo stesso argomento (e noto con piacere che i tuoi sono molti e fatti molto bene!).
Tuttavia non me ne volere, ma per me sei proprio un pannelliano!! Anche più di Panther! per questo mi state simpatici entrambi, ma continuo a non essere d'accordo con voi!!
Purtroppo scriverne via blog è castrante ed anche fuorviante! Mi sa che mi toccherà venire a Roma!
Tuttavia prometto che anche nei prossimi giorni tornerò sulla questione, che mi pare si stia facendo interessante!
Un abbraccio
Tommaso
Caro Federico,
bella l'iniziativa Blog Roll
ciao
carlo
L'idea pannelliana rimane tuttora vaga, allo stato embrionale
Non vorrai mica difendermi gli embrioni? Proprio tu?
Ciao ;-)
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