Ratzinger a passo spedito, Ciampi zoppica, è stato il mio primo commento, ieri, alla visita del Papa al Quirinale. Impressione rafforzata da quanto leggo oggi. A fronte di una difesa di rito della laicità dello Stato da parte del presidente Ciampi, le parole di Benedetto XVI risuonano come un'offensiva in piena regola. Una vera e propria lista della spesa che la Chiesa presenta alle forze politiche italiane, tutte in condizioni di estrema debolezza e desiderose di guadagnarsi i favori delle gerarchie ecclesiastiche con l'avvicinarsi della fine della legislatura e della campagna elettorale per le politiche del 2006, che nei palazzi vaticani si preparano a gestire in entrambi i forni.
Dopo aver trasformato un confronto su una legge dello Stato in uno scontro di civiltà fra valori assoluti e valori zero, passano all'incasso come un qualsiasi leader di partito appena uscito vincitore dalle urne: sanno bene, il Ponetifice e la Curia romana, che di quel 75% di astensioni non ne possono annettere più di un terzo, ma da politici navigati, per ora mettono il cappellaccio su tutti. E' l'inevitabile effetto politico che tutti avevamo ben presente prima del 12 e 13 giugno.
Ieri il Papa non si è limitato a esprimere le sue opinioni sui temi all'ordine del giorno, a riaffermare i valori della Chiesa, e non si è solo rivolto alla politica italiana con lo stile cauto che era di Giovanni Paolo II e dei suoi predecessori, ma ha «letteralmente dettato la legge». Fanno impressione i toni insistenti con i quali il Papa, pur nella cordialità, ha presentato il conto: niente legalizzazione delle coppie di fatto, nessuna modifica alla legge 40 come avevano pur ventilato gli scienziati del fronte per l'astensione (scomparsi nel nulla), ma soprattutto, passando a un altro genere di valori la richiesta urgente di finanziamenti per le scuole cattoliche.
L'offensiva più grave però, non è sulle richieste, ma sui principi. Concedere la «legittimità» della laicità dello Stato purché «sana» è di per sé una provocazione. Se è suo diritto e dovere riaffermare anche in sedi politiche la dottrina della Chiesa, gli «equivoci» sorgono, osserva Gian Enrico Rusconi su La Stampa, quando Benedetto XVI afferma «con tono perentorio che la società italiana, fedele alle sue radici cristiane, non può non riconoscersi nella dottrina della Chiesa su questi argomenti».
«A parte la sproporzione tra questi problemi e la visione catastrofistica evocata per la moralità pubblica, ciò che colpisce è il fatto che i cittadini che pensano in modo difforme dalla Chiesa vengono cancellati, come se non facessero parte del popolo italiano. I loro argomenti sono ignorati e il loro atteggiamento è semplicemente sospettato o dichiarato immorale, anzi socialmente pericoloso perché, minando la famiglia (intesa in modo tradizionale) è in pericolo la società stessaMa Ciampi era troppo preso nella cerimonia per accorgersene. Ti credo che, come non manca di sottolineare Il Foglio, il Quirinale non si è fatto «coinvolgere in una polemica contro la gerarchia ecclesiastica», ma qualcosa è successo.
(...)
Benedetto XVI invita i legislatori a seguire il criterio dell'"umano" nella determinazione delle norme. Ma poi afferma che le sue indicazioni sulla famiglia sono giuste perchè la Chiesa è "abituata a scrutare la volontà di Dio inscritta nella natura stessa della creatura umana". In altre parole il Pontefice - con encomiabile chiarezza - dice che le sue tesi sulla famiglia si giustificano soltanto nella prospettiva religiosa quale è interpretata dalla Chiesa. E' un ben servito a tutti i "laici sani"».
«Con questo passo la Chiesa vanifica la distinzione laica delle competenze, perchè avanza il diritto di dettare l'etica pubblica per tutti... la laicità è ammissibile purché sia "sana", condizionata e definita cioè da quei riferimenti etici che trovano il loro fondamento ultimo nella religione».Inoltre, nel discorso del Papa il riferimento alle radici cristiane «va ben oltre l'inconfutabile (e crociana, n.d.r.) affermazione che la nostra civiltà affonda nella esperienza e nella tradizione cristiana», quando da riferimento «diventa subdolamente un vincolo (con effetti anche giuridici) per condizionare l'etica pubblica in una direzione piuttosto che in un'altra». Il problema però, è che «l'etica pubblica non può essere monopolizzata da nessuna visione del mondo di gruppi sociali e politici», perché la laicità si contrappone a qualsiasi pretesa, anche non-confessionale, di quel monopolio.
La pretesa di avere una sorta di sovranità etica e morale sull'Italia rischia di divenire anche legislativa a causa della subalternità della politica. I laici devoti si arruolano nelle legioni di Ratzinger sperando di essere eletti a governare il paese con l'aiuto della forza mondana del Vaticano. Dunque, non è questione di laici vs. cattolici, ma lo scontro è fra due concezioni del diritto e dello Stato, della politica.
«In gioco - ha spiegato Pannella - due concezioni non solo dello Stato e della società, ma anche della libertà religiosa. Credenti e laici sono due categorie evocate non in modo corretto: la laicità è un connotato della religiosità per la maggioranza dei teologi anche cattolici; la laicità ha nella religiosità un suo connotato».Incredibile il "contrordine compagni" del Riformista. Pochi giorni prima del voto referendario il giornale sottolineava la stridente contraddizione fra la condotta della Chiesa e i privilegi che l'attuale regime concordatario le assicura. L'indomani del voto il vicedirettore Oscar Giannino già si rimangiava tutto, facendo sparire qualsiasi accenno al secondo polo della contraddizione. Al suo posto, un invito all'appeasement rivolto alla sinistra: la Chiesa è questa, eccoli i nuovi cattolici usciti vincitori dai referendum, tanto vale fare buon viso a cattivo gioco, dialogare e trovare intese senza illudersi con vecchi discorsi sulla laicità.
La manovra di virata è completata con l'editoriale di oggi, la cui analisi sulla realtà della Chiesa di oggi è anche condivisibile:
«La Chiesa deve combattere in prima persona, conquistare alleanze, cercarle trasversali, faticarsi il consenso che le serve, adeguare e modernizzare il suo messaggio per ottenerlo, rendersi capace di parlare anche ai laici, esporsi sul mercato libero della politica... non mostra alcuna nostalgia dell'unità politica dei cattolici o alcuna tentazione neo-centrista».A fronte di questo preteso ruolo politico della Chiesa, invece di porre almeno in dicussione il regime concordatario dei rapporti fra Stato e Chiesa, il Riformista propone alla sinistra il cedimento. Giungere alla conclusione che non ci sono rischi per la laicità dello Stato e che «i laici, soprattutto se di sinistra, dovrebbero dunque deporre quest'arma metodologica alquanto spuntata e confrontarsi con la Chiesa sui contenuti», è decisamente, se non un cedimento quanto meno un appeasement, reso ancor più inquietante dal riferimento ai «punti di contatto» su cui dialogare.
«La sinistra non deve temere questo confronto, perché tra il suo umanesimo e quello della Chiesa ci sono forse anche più punti di contatto di quelli che ci sono tra la Chiesa e l'edonismo berlusconiano o il razzismo leghista».Questi «punti di contatto» fra questa Chiesa e questa sinistra rischiano di rappresentare il peggio dell'una e dell'altra.
3 comments:
Non vedo nulla di male se la chiesa vuole partecipare alla vita civile del Paese. più che altro il problema è lo stesso di sempre: questo dialogo non è ancora RECIPROCO ma unilaterale. Ratzinger e Ruini pretendono di dettare legge all'agenda parlamentare italiana ma non ammettono che la società civile, la modernità e la democrazia possano arricchire la Chiesa cattolica di nuovi valori. L'apostolo Paolo diceva "Vagliate e trattenete tutto ciò che è buono". Qui invece Ratzinger preferisce la difesa dell'identità cattolica, imponendola allo stato, ma non accetta intrusioni nella vita della chiesa. Troppo comoda questa "sana laicità"...unilaterale!!!
D'accordo con te.
Questo concetto di "laicita' sana" mi ricorda sinistramente il ruolo dei dhimmi nei paesi musulmani...
Post a Comment