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Friday, November 25, 2005

Il paese che non ce la farà/2

Quando capiremo che ad oggi siamo i favoriti a vincere il premio "Il paese che non ce la farà"? Il rapporto dell'Economist è duro anche nei toni («la commedia è finita») e forse fa bene, se riesce a parlare al piccolo patriota che è ancora in noi. Proprio nel giorno in cui Di Vico teorizza la malattia del «programmismo» - le migliori menti di questa generazione politica del centrosinistra rinchiuse in improbabili "fabbriche", un po' per prendere tempo un po' per trovare sintesi al ribasso fra ricette del tutto contraddittorie - Fassino ne dà dimostrazione pratica dicendo che secondo lui l'Italia «ha bisogno contemporaneamente di più Stato e più mercato». Beh, se voleva essere una specie di slogan rassicurante, così i cittadini rischiano di non capirci più nulla. Prima o poi il momento di scelte chiare a tutti e irrevocabili arriva. L'Economist ci ha brutalmente avvertito che quel momento è arrivato. E' ora. Fino a quando faremo orecchie da mercante?

Orecchie da mercante le ha fatte oggi Enrico Boselli, facendo la sua demagogica comparsa al fianco degli inutili scioperanti. «E' una finanziaria solo fatta di tagli». E ce ne dovranno essere di tagli nel prossimo futuro, caro Boselli. Ben più corposi. «Quando si sciopera per difendere le condizioni di vita dei lavoratori e dei ceti socialmente deboli i socialisti e i partiti della sinistra non possono che essere al fianco dei lavoratori». E ce ne dovranno essere di scontri con i sindacati, caro Boselli. Ben più aspri. Anzi, è dal numero degli scioperi che subisce che si distingue un governo riformatore. Berlusconi lo ha capito, è un po' più furbo: «Noi siamo riformisti, i sindacati vogliono mantenere lo status quo». Su questo ha ragione, stare oggi con gli scioperanti vuol dire stare con lo status quo. Non si sfugge.

Te lo sei letto il survey sull'Italia dell'Economist? La Rosa nel Pugno non andrà lontano se cede alle prime sirene del vecchio sindacalismo. Gli scioperi di oggi offrivano una splendida occasione per rimarcare non un sostegno a una finanziaria pressoché inutile, ma una posizione critica nei confronti di un sindacalismo vecchio, becero e conservatore. Mettiamo le cose in chiaro, caro Enrico, perché così non andiamo lontano.

Prodi si sa, è solo l'"alternanza", ma è con il Boselli di oggi che dovremmo costruire l'"alternativa"? Vorremo saperlo.

2 comments:

Anonymous said...

Noto con piacere che il "compagno" Boselli ti delude. Non mi riesco a spiegare, però, come credi che si possa davvero evitare di ascoltare i sindacati e andarci contro, etc. etc. in questa sinistra...
Suvvia, non prendiamoci in giro. Si va di là perché conviene. Punto.

;)

Stefano Reves S. said...

Ciao, sul mio sito ho effettuato una concisa traduzione dell'Economist in edicola oggi:

http://espertone.blogspot.com

Buona lettura, posta pure un commento se vuoi, ciao.