Nuova puntata dello psicodramma europeo. In Grecia è fallito l'estremo tentativo di formare un governo tecnico, quindi si torna al voto (praticamente un referendum sull'euro, dentro/fuori) e l'uscita di Atene dalla moneta unica non è più solo un'ipotesi di scuola, ma a questo punto una prospettiva a cui guardare con realismo (e preoccupazione). La direttrice del Fmi Lagarde auspica che la Grecia non lasci l'Eurozona, «ma - ha avvertito - dobbiamo essere tecnicamente preparati a ogni eventualità». I mercati ovviamente hanno reagito male: spread a 450 (rendimento al 6%), Piazza affari perde il 2,5% (ormai a 13.300 punti), euro sotto 1,28 sul dollaro.
Tutto a causa dell'incertezza greca, come in quella terribile settimana del novembre scorso in cui lo spread, schizzato in alto dopo l'annuncio da Atene di un referendum sulle misure europee, disarcionò il governo Berlusconi. Non manca ovviamente chi parla di «dittatura dello spread», ma stavolta commentatori e politici scoprono ciò che non vollero riconoscere allora, e cioè che "la soluzione della crisi passa per l'Europa". Insomma, se l'Italia non è ancora riuscita a sganciarsi dalla forza gravitazionale del buco nero greco stavolta non è perché il governo non ha fatto tutto quello che doveva. Addirittura Casini se la prende con le agenzie di rating per aver declassato 26 banche italiane, denunciando un «disegno criminale», quando solo pochi mesi fa il problema era la credibilità del governo.
Intanto, fulmini permettendo, il presidente francese Hollande, insediatosi oggi all'Eliseo, incontrerà la cancelliera Merkel. Un primo incontro da cui entrambi cercheranno di uscire millantando un successo. Ci sarà molta retorica sulla «crescita», ma molta ambiguità su come fare per stimolarla. Mentre per Hollande ci vuole più spesa pubblica, per la Merkel ci vogliono le riforme strutturali di cui parla Draghi. E' probabile che il presidente francese non partirà all'attacco con le proposte più esplosive, golden rule ed Eurobond, ma si accontenti di iniziare con il passo giusto la sua presidenza, cioè potendo proclamare una prima vittoria, portando a casa un'intesa generica per un «patto per la crescita» da affiancare al rigore, che più avanti prenderà le forme di investimenti con fondi Ue e al massimo project bond.
Sulle proposte più esplosive (golden rule ed Eurobond, appunto), che nemmeno Hollande oserà chiedere alla Merkel, il Pdl mostra di pensarla come Fassina e contro la maggior parte del Ppe, il che purtroppo spiega una delle anomalie politiche del nostro Paese, fino ad oggi condannato ad essere guidato da due sinistre.
Anche Monti, incapace di realizzare vere riforme in Italia e di tagliare la spesa, ormai punta tutte le sue carte nella politica europea per vedere di strappare un ammorbidimento del fiscal compact, tramite deroghe che permettano di scomputare dal rapporto deficit/Pil le spese per investimenti «produttivi». Se giocando di sponda con Hollande e Barroso saprà superare le resistenze tedesche, sarà comunque un processo lungo, mentre la recessione sta mordendo e sta già mettendo in discussione le ottimistiche previsioni del governo.
A contraddirle, proprio oggi, le stime preliminari dell'Istat sul Pil nel I trimestre 2012, praticamente oscurate dai media: un impietoso -0,8% sul trimestre precedente e -1,3% rispetto al I trimestre 2011, nonostante le due giornate lavorative in più rispetto ad entrambi. E crescita acquisita per il 2012 pari a -1,3%. Dunque, in un solo trimestre abbiamo già perso più di quanto secondo la previsione governativa avremmo dovuto perdere in tutto il 2012 (-1,2%). E devono ancora svilupparsi gli effetti recessivi dell'Imu e dell'aumento dell'Iva a ottobre. Evidentemente una stima non in linea con le previsioni del governo, ma con lo scenario del Fmi, che prevede nel 2012 un calo del Pil del 2%. Se così fosse, addio pareggio di bilancio nel 2013.
Tanto è tutta colpa dei "dominatori" tedeschi, del loro cieco rigore, è il coro unanime che si leva dalla politica e dalla stampa nostrane, anche di centrodestra, e guai a far notare che un'austerità così recessiva, solo tasse e niente tagli alla spesa né vere riforme per la crescita, ce la siamo imposti da soli, cioè ce l'hanno imposta non Berlino né la Bce, ma i nostri governi - di sinistra, di destra e "tecnici".
1 comment:
Perciò: CHE FARE?
Siamo nel corso della tempesta perfetta. Le classi dirigenti europee e nostrana non sono in grado di risolvere alcunchè. Al massimo peggioreranno le cose dilatando la crisi nei tempi e negli spazi.
I seguaci della teoria economica alternativa a quella keynesiana (che è la causa della crisi), cioè della Scuola Austriaca di Economia, consigliano di comprare l'unica moneta solida che non si svaluta: l'oro.
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