Oggi un'altra drammatica puntata della protesta contro il fisco. Un uomo disperato si è asserragliato all'interno di una sede dell'Agenzia delle Entrate con un ostaggio. Vedremo come si comporterà lo Stato, se userà le maniere forti, oppure le mani di piuma come con i professionisti della violenza di piazza e negli stadi.
Ormai una farsa conclamata la spending review. «Un timido topolino, un risultato quasi imbarazzante per il governo», scrivono sul Corriere Alesina e Giavazzi, che quanto meno ci vedono le «buone intenzioni». Beati loro, perché a me sembra di scorgere pura malafede. Dopo il fallimento annunciato del bollito Giarda, il governo tecnico che si affida a un commissario tecnico, autorevole ma totalmente digiuno di bilancio statale. Se le intenzioni fossero davvero serie, Monti avrebbe azzerato i vertici della Ragioneria generale dello Stato e del Tesoro, i veri sacerdoti depositari delle chiavi della spesa. Invece si passa di comitato in comitato, di commissario in commissario, senza mai decidere nulla di concreto, mentre in un batter d'occhio vengono imposti aggravi fiscali a carico dei cittadini. Nel suo rapporto Giarda scrive che il 90% della spesa non è «rivedibile» nel breve termine. A fronte di una spesa che ormai supera il 50% del Pil, ci vorrebbe far credere che solo sul 10% è possibile limare qualcosa, 4 miliardi circa, nemmeno lo 0,3% del Pil. Ridicolo.
D'altra parte il Def sta lì a dimostrare che secondo il governo nei prossimi anni non solo la spesa non dovrà diminuire, ma aumenterà: più tasse, più spesa, meno investimenti. L'esatto opposto di quanto anche oggi è tornato a indicare Draghi come modello di austerità "virtuosa", ossia meno recessiva: «Meglio tagliare le spese che aumentare le tasse». E in particolare la spesa corrente piuttosto che la spesa per investimenti.
Poi la beffa: l'incarico sui finanziamenti a partiti e sindacati a Giuliano Amato, pensionato d'oro eccellente e uno dei simboli della casta del tassa-e-spreca.
La spiacevole sensazione è che la consulenza richiesta a Giavazzi nasconda l'intenzione di togliere per un po' di tempo la sua firma dai giornali, o quanto meno di depotenziarne le critiche.
Una provocazione chiedere ai cittadini di suggerire loro stessi dove tagliare, a metà strada tra delazione e spot promozionale. Cosa sono stati chiamati a fare i "tecnici"? Non bastano decenni di studi, rapporti, paper, commissioni?
E nel frattempo è grazie ai tanto vituperati partiti (emendamento di un'inedita alleanza Idv, Pdl, Lega) che è stata impedita al governo una porcheria sulle pensioni dei super-manager pubblici.
Sul fronte politico Alfano chiude la polemica con Monti («tutto chiarito», «non abbiamo mai posto una scadenza, arriverà fino alla fine»). Lunedì il premier aveva attaccato il Pdl per l'abolizione dell'Ici sulla prima casa (l'errore, semmai, fu di non accompagnarla con tagli alla spesa). La sensazione è che non riuscendo a venirne a capo, Monti, sempre più da
"politico", cominci a dare la colpa ai governi precedenti. Del tutto inutile, poi, la tensione provocata con il Pdl quando ha dato l'impressione di riferirsi anche ad Alfano, oltre che alla Lega, nell'esprimere il proprio «sdegno» perché «chi ha governato, chi governa e chi si candida a governare il Paese non può giustificare l'evasione fiscale, né tanto meno invitare a non pagare le tasse o a istituire personali e arbitrarie compensazioni tra crediti e debiti verso lo Stato».
Un vero e proprio scivolone "tecnico", seguito da smentita di rito, dettato evidentemente dal nervosismo: discutibile quanto si vuole, ma il Pdl non propone «compensazioni arbitrarie», bensì una norma di assoluto buon senso. Di civiltà, che sia praticabile o meno. E dovrebbe stupire, semmai, che non sia già così.
Anche se per quanto lo riguarda il governo non è a rischio, il Pdl va avanti con le sue iniziative politiche e sembra non voler concedere nulla su "basta tasse", Imu "una tantum" e compensazione debiti-crediti nei confronti del fisco. Anzi, su quest'ultimo fronte Alfano annuncia una proposta di legge per domani. Un piccolo e insidioso avvertimento inoltre arriva da Berlusconi, il quale in serata assicura che il Pdl continuerà sì a sostenere il governo, ma «fino a quando sarà necessario per concludere le riforme istituzionali» e non potrà continuare a farlo se i provvedimenti che il governo porterà in Parlamento saranno «difformi da quello che noi riteniamo il bene del Paese». «In tal caso - ha aggiunto - ci prenderemo la responsabilità di intervenire criticamente nei confronti di ciascun provvedimento».
Monti probabilmente si aspetta che dopo le amministrative il clima politico si rassereni e i partiti la smettano di pungolarlo. Solo fibrillazioni da campagna elettorale? Può darsi, ma è solo l'inizio, perché già dal giorno dopo il voto locale inizierà la lunga marcia verso le politiche del 2013. Insomma, Monti i suoi margini di manovra interni li ha esauriti (e sprecati). Dopo la disillusione dalla politica, ci aspetta la disillusione dai "tecnici".
1 comment:
Chi si illude... poi si disillude.
Se non fosse che i vertici militari sono parte della stessa classe dirigente conservatrice dello statu quo...
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