Nei confronti della Grecia non è dura solo la Germania, ma anche il meno austero presidente della Commissione Ue Barroso (favorevole ai project bond): rispetto per la democrazia greca sì, ma anche per gli altri 16 parlamenti nazionali che hanno approvato il programma di salvataggio. L'Ue è come un club, «se un membro non rispetta le regole è meglio che se ne vada, vale per qualsiasi organizzazione, istituzione, o progetto».
Intanto chi voleva una Germania dimessa dopo il successo di Hollande (che intanto come primo atto taglia gli stipendi dei membri del governo e dei manager pubblici) farebbe bene a ricredersi in fretta. La cancelliera Merkel continua a fissare i suoi paletti, e a ribadire l'intransigenza tedesca, in vista delle prossime complicate trattative su come rilanciare la crescita nell'Eurozona: «Abbiamo parlato tanto di Eurobond e di leveraging - dice la cancelliera in Parlamento - tutte queste misure compaiono e scompaiono come strumenti miracolosi, mentre è noto che non sono soluzioni sostenibili». La crisi «non sarà sconfitta in un giorno», avverte, e la risolveremo in solo modo, affrontando le sue cause, «che sono i debiti orrendi e la mancanza di competitività di alcuni Paesi». Risanamento, quindi, e crescita, però basata sulle riforme strutturali e non su pacchetti di spesa. Pare invece che i tedeschi siano più disponibili ad accettare un'inflazione interna più elevata, il 3% anziché il 2, attraverso aumenti salariali, a beneficio indiretto dei Paesi in cui la domanda interna è penalizzata dall'austerity.
Se Monti insiste invece per italianissime deroghe al fiscal compact («nuove iniziative per la crescita senza mettere in discussione la disciplina di bilancio»), la Bce sembra allineata alle posizioni di Berlino: per rilanciare la crescita nell'Eurozona, specie nei Paesi che hanno perso produttività e devono stimolarla, non servono pacchetti di stimolo ma «riforme strutturali incisive». Bisogna «rafforzare la concorrenza nei mercati dei beni e servizi e la capacità di aggiustamento salariale e occupazionale delle imprese», scrive la Bce nel bollettino mensile.
Bella faccia tosta ha il ministro Passera a lamentarsi con l'Ue che «non ha fatto la sua parte», quando il suo governo ha fatto pochino, e male, proprio laddove la Bce esorta i governi ad essere «più ambiziosi».
Quella trascorsa è stata tutto sommato una giornata di relativa calma, ma indubbiamente nei prossimi mesi il rapporto tra Monti e i partiti, soprattutto il Pdl, sarà molto tormentato e non lascerà al governo sufficienti spazi di manovra per ulteriori iniziative legislative.
Monti non manca di far trapelare la sua amarezza per gli attacchi continui e sempre più frequenti, ma in un messaggio al capo dello Stato si dice «determinato a realizzare il mandato» e sicuro che «l'Italia ce la farà». Ma fatto pochino in Italia, con le mani ormai legate e sempre più insofferente, Monti si concentra sulla politica europea. E' a Bruxelles e a Berlino che cerca di attivare qualche leva per la crescita, con un po' di spesa per investimenti autorizzata dall'Ue, sperando di placare il fronte interno.
Nel tentativo di raffreddare le tentazioni di "governicidio" oggi il ministro Passera è intervenuto scaricando sull'Europa la colpa per l'assenza di politiche per la crescita, dicendosi certo che Monti saprà essere ascoltato sulla spesa per gli investimenti, e infine diffondendo un po' d'allarmismo («disagio sociale più ampio di quello che le statistiche dicono, è a rischio la tenuta economica e sociale del Paese»).
E in effetti le stime non fanno che peggiorare, confermando che il governo potrebbe aver sottostimato l'impatto recessivo delle sue misure. Oggi è la volta del Centro Studi di Confindustria, il quale avverte che «in Italia la ripresa si allontana: la domanda interna (specie i consumi) cala più del previsto e l'export ha perso slancio rispetto a qualche mese fa, nonostante il commercio mondiale vada meglio». La disoccupazione ormai sfiora la soglia del 10% e si prevede un calo del Pil nel II trimestre 2012 più accentuato del previsto. Sempre più improbabile il -1,2% previsto dal governo nel Def, mentre comincia ad apparire ottimistico persino il -2% del Fmi.
Sul fronte politico la tentazione di staccare la spina al governo e l'ossessione per l'unità dei cosiddetti "moderati" tornano ad animare il dibattito interno al Pdl. Ma nelle analisi della sconfitta elettorale continua a mancare la causa all'origine di tutti i suoi guai: la drammatica perdita di credibilità agli occhi dei propri elettori non tanto per il sostegno a Monti, ma per aver sistematicamente, per 17 anni, tradito le promesse di cambiamento una volta al governo.
E mentre nel Pdl falchi e colombe si dividono sul sostegno a Monti, si spargono veleni sul segretario e si tira per la giacchetta il Cav, e sulla legge elettorale non si va oltre proporzionale o porcellum corretto con preferenze, Italia Futura macina proprio sui contenuti che una volta portavano al successo Forza Italia e il centrodestra: dopo il manifesto liberista per "meno Stato", l'associazione di Montezemolo si schiera anche per il presidenzialismo e il maggioritario.
Il Pdl sarà anche uscito con le ossa rotte dalle urne, ma l'unico effetto concreto del voto amministrativo per ora è la liquidazione del Terzo polo. Con il Pd sempre più a suo agio nella foto di Vasto, e avendo fallito nel raccogliere i cocci del Pdl, Casini è tornato a giocare in proprio e ha scaricato Fini e Rutelli, sull'orlo della disperazione. Sul lato sinistro, a giudicare dalle punturine di Bersani all'indirizzo dell'esecutivo, sugli esodati e sugli incomprensibili «ritardi» nel «far girare un po' di liquidità per le imprese», il risultato delle amministrative non dev'essere stato esaltante nemmeno per il Pd.
3 comments:
La cosiddetta politica italiana è sempre più noiosa. Sempre la stessa: si alternano gli statalisti di due fazioni non sempre opposte.
E la popolazione partecipa, cornuta e mazziata, a questa ammuina. L'unica che conosce e che desidera.
Che schifezza!
Andrea
Perhaps I lead a sheltered life, but I found The Tragedy of the Euro to read like a great adventure novel. Here we have heroes (mostly post war German bankers, resisting inflation) and villains (mostly post war Frenchmen, allied with post war German politicians, determined to keep the common German citizen paying and paying). The villains believe, falsely, that they can secure for all time their special privileges over the German citizenry—which is not the same as the German elite, who often collude with the French elite for their own privileges. But this is their great error, which Professor Bagus explains so clearly. They want to ignore the laws of economics by building coercive pan-European bureaucracies to enforce their will. But this will not work. How long it will last is the question. The European financial crisis proceeds from day to day. This wonderful book will help everyone understand what is really happening and, we hope, provide a lesson for others.
Huerta de Soto
Under the predominance of interventionist ideas, a political
career is open only to men who identify themselves with the
interests of a pressure group. . . . Service to the short-run interests
of a pressure group is not conducive to the development of those
qualities which make a great statesman. Statesmanship is invariably long-run policy; pressure groups do not bother about the long-run.
Ludwig von Mises, Human action
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