Ogni quattro anni assistiamo ammirati allo spettacolo della democrazia in azione, quando i contendenti alla Casa Bianca si sfidano in un lungo e faticosissimo processo elettorale, che inizia circa un anno prima, con le primarie, ed entra nel vivo con i duelli televisivi. Ieri notte Romney ha stracciato Obama nel primo dei tre dibattiti presidenziali, togliendo ai media prevalentemente pro-Obama un boccone che pregustavano da mesi: celebrare il colpo del ko del presidente uscente allo sfidante. A molti potranno apparire superficiali (cosa si potrà mai dire in due minuti di risposta che non suoni come uno slogan?), invece i dibattiti sono l'essenza della politica, dove non basta avere le idee migliori, bisogna anche saperle comunicare e dimostrarsi credibili. Non è uno show televisivo, ma una durissima prova di sopravvivenza durante la quale i leader si forgiano nel contraddittorio davanti ad un pubblico di milioni di cittadini. E le regole sono chiare: dentro o fuori, senza reti di protezione, senza ripescaggi, scorpori, quote, listini o preferenze, senza i nostri bizantinismi da tardo impero. Romney ha saputo mettere in atto al meglio la sua strategia: ha attaccato Obama in modo intelligente, pragmatico, non ideologico. Il che ha spiazzato il presidente, che su quel piano avrebbe avuto gioco facile a rispondere colpo su colpo. Entrambi avrebbero "eccitato" la loro base, ma non sarebbe servito a Romney, che se vuole vincere deve fare di più, convincere gli elettori indecisi, indipendenti, e dunque impermeabili alla propaganda.
E ogni volta, noi che guardiamo dal di qua dell'Atlantico non riusciamo a non farci prendere dalla depressione per lo stupefacente contrasto tra come funziona la democrazia negli Stati Uniti – sebbene con le inevitabili imperfezioni delle cose umane – e come è ridotta in Italia. Anche noi siamo in campagna elettorale, ma non sappiamo ancora con quale legge elettorale si voterà, perché ogni cinque anni cambia a seconda degli equilibri che le forze politiche in Parlamento intendono favorire; il premier uscente non si candida ma è in pole per un secondo mandato; da una parte non fanno le primarie in attesa che l'anziano leader decida il da farsi, mentre dall'altra le fanno, ma col trucco per tagliare fuori l'outsider. E come se non bastasse, potrebbero non avere alcun senso in caso di ritorno al proporzionale. Senza offesa per nessuno, ciascuno con le proprie ragioni, alibi, attenuanti, ma sembra una gabbia di matti.
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2 comments:
Lungi da me voler fare la difesa d'ufficio del sistema politico italiano, ma quando dici "tutto invece è molto più chiaro, intuitivo, quindi democratico, se il premier (o il presidente) viene eletto direttamente, se c’è un eletto per ogni collegio, e chi prende più voti vince, gli altri a casa" mi perdi...
Il sistema elettorale americano è tanto semplice e intuitivo nei suoi effetti finale (o vince uno, o l'altro; non è un caso che negli USA non vada di moda il calcio, dove si contempla anche il pareggio) quanto arzigogolato nei passaggi intermedi, e costellato di polemiche sulla definizione dei collegi elettorali, sulla partecipazione al voto delle minoranze, sul ruolo dei Grandi Elettori...
Caro Jimmomo,
Le consiglio di guardarsi ogni giorno l'andamento dell'oro in dollari ed in euro.
Fino a poche ore fa era al massimo storico in euro (indicatore numero uno dell'andamento VERO della crisi), anche se i media mainstream ignorano il tutto.
Scoprirà che le manipolazioni proObama-Bernanke la fanno da padrone. Ad agire è la Fed.
Nelle ultime 48 ore c'è un calo generalizzato proprio dopo la figuraccia di Obama.
L'oro è l'avversario delle politiche interventiste. Oggi come da sempre.
Per comprenderlo bene si legga, se già non lo conosce, il famoso testo di Greenspan, quando ancora era un liberale randiano, sull'oro.
Da ora e per i prossimi trenta giorni ne vedremo di belle e soprattutto di strane.
Un altro esempio di manipolazione proObama?
I dati sulla disoccupazione USA.
I keynesiani esultano, ma è una truffa: http://www.bls.gov/news.release/pdf/empsit.pdf
"In September, 2.5 million persons were marginally attached to the labor force, essentially unchanged from a year earlier. (These data are not seasonally adjusted.) These individuals were not in the labor force, wanted and were available for work, and had looked for a job sometime in the prior 12 months. They were not counted as unemployed because they had not searched for work in the 4 weeks preceding the survey."
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