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Friday, August 05, 2011

Agosto thriller

Un braccio di ferro, anzi una mano di poker alla texana tra il governo italiano e i mercati. Con il primo che ribadisce la solidità dei fondamentali italiani e lamenta che sono i mercati a sbagliarsi; e con i secondi che continuano a giocare al ribasso sui nostri titoli di Stato, il cui spread su quelli tedeschi ha superato la fatidica soglia di 400 punti (per poi ripiegare poco sotto). E' evidente che uno dei due giocatori al tavolo bluffa e francamente, pur comprendendone le ragioni (mostrandoci deboli in queste circostanze rischiamo solo di farci sbranare prima), temo che sia il governo.

Il discorso di due giorni fa alle Camere il premier poteva risparmiarselo. Non è stato solo deprimente per la mancanza di contenuti, ma persino ridicolmente suicida. I mercati possono talvolta agire irrazionalmente, ma se in questa crisi l'Italia è tra i più vulnerabili lo si deve all'immobilismo degli ultimi anni, all'ostinazione e all'arroganza con cui si è persino teorizzato che durante la crisi non si dovessero fare le riforme di cui da decenni si parla.

Particolarmente suicida quindi è stato alimentare l'attesa per un intervento solenne nella forma quanto del tutto privo di annunci di programma. E che, anzi, proprio per questo agli occhi dei mercati è apparso come una conferma della storica reticenza italiana ad attuare le necessarie riforme strutturali. Le cose da fare le sappiamo tutti, se ne dibatte da anni, ci vuole solo la volontà politica di farle. Invece, si tergiversa con l'ennesimo esercizio di retorica della «coesione» e della «concertazione».

Entro settembre ci sarà un «patto», peccato che intanto ad agosto l'incendio continuerà a divampare. Ma il nostro governo, ormai intronato, ha preferito condividere con le cosiddette "parti sociali" la responsabilità politica delle risposte alla crisi, anziché prendere atto del fallimento della manovra "meno tagli più tasse" e assumere subito due-tre decisioni chiave per tentare di scongiurare l'uscita nelle sale del thriller agostano che avrà come protagonista il nostro debito sovrano.

Lo sappiamo, la crisi è mondiale. Tocca entrambe le sponde dell'Atlantico. Dopo un secolo di progressiva espansione della spesa pubblica e dei debiti nazionali sta emergendo con chiarezza la loro insostenibilità, poiché per ripagarsi richiedono ritmi di crescita ormai impensabili per economie così avanzate, e comunque ostacolati proprio dal fardello pubblico. E' quanto sta accadendo, mentre lentamente ma inesorabilmente la Cina e gli altri grandi Paesi esportatori (Germania compresa), che hanno investito gran parte dei loro surplus commerciali nei debiti sovrani europei e americano, stanno alleggerendo la propria esposizione e diversificando i propri portafogli. Era prevedibile, inoltre, che prima o poi la Bce avrebbe rialzato i tassi d'interesse, di conseguenza spingendo in su anche i rendimenti sui titoli di Stato, italiani e non solo.

Se questo è il quadro generale, non bisogna scordarsi però che c'è una crisi specificamente italiana, che precede e segue la crisi globale. Lo ripeto su questo blog dal 2008: l'Italia entrava nella crisi già in crisi, e siccome quasi nulla è stato toccato per incidere sui fattori interni di questa lunga crisi, l'Italia era destinata ad uscire dalla crisi generale ancora immersa nella sua particolare crisi di debito elevatissimo e crescita asfittica. Solo che nel frattempo il paradigma è cambiato per davvero e i mercati - spinti anche dalla politica tedesca - hanno cominciato a distinguere il premio al rischio dei diversi Paesi dell'area euro. Si è chiuso l'ombrello dei minori interessi sul debito pubblico favoriti dai più bassi tassi di interesse dell'euro, che permetteva di rinviare sine die le riforme necessarie.

Cosa fare, dunque? Incidere in profondità sulla dinamica della spesa pubblica introducendo manovre zero-budgeting; innalzare con effetto immediato, già nel 2012, l'età di pensionamento delle donne nel pubblico e nel privato a 65 anni e completare nell'arco di cinque anni l'innalzamento per tutti a 67 anni; liberalizzare il mercato del lavoro, delle professioni e dei servizi; privatizzare i beni immobili (non gli asset strategici) di proprietà dello Stato, delle Regioni e degli enti locali (che ammontano secondo le stime della Commissione Finanze della Camera ad oltre 300 miliardi di euro); tagliare le tasse.

3 comments:

Flash said...

Non dimentichiamo la riforma della mala-sanità gratis per tutti, un'oscenità !
In paesi comunisti lo Stato prendeva il 100 per pil per poi distribuirlo, in Italia lo Stato prende il 51%, dunque siamo mezzo comunisti anche noi. Sopra il 35-40% lo Stato non può crescere a ritmi del 4%-5% che serve oggi per uscire dalla crisi, e l'unico modo per farlo è abbassare considerevolmente le tasse, contemporaneamente al taglio della spesa.
Si dovrebbe avere fiducia nelle proprie idee e proposte, nei propri programmi. Invece si decide di andare a prendere il the con gentaglia come Marcegaglia e Camusso.

Anonymous said...

sarebbe divertente spiegare come mai, allora, i paesi con la crescita maggiore e con le prospettive migliori sarebbero il brasile e la cina

Felipegonzales said...

Questa manovra è contro la crescita e contro le fasce più deboli. Il governo sta pensando solamente a coprirsi la spalle. Ho scritto anch'io qualcosa a riguardo.