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Tuesday, May 02, 2006

Senato e Difesa. Pronta la exit strategy

Emma Bonino visita le truppe a Nassiryia, con il Generale Gian Marco Chiarini, comandante della 132ma brigata corazzata ArieteSe, come sembra, pizzini e ricatti dell'operazione "Francesco Marini" hanno consegnato il Ministero della Difesa a Clemente Mastella lo sapremo presto. Di certo c'è che stasera, quando Pannella si recherà da Romano Prodi a proporre Emma Bonino per la Difesa, non andrà a contrattare alcunché né a porre ultimatum, ma a compiere «l'ultimo gesto per tutelare diritti minimi di sopravvivenza democratica in questo regime».

«Non si tratta d'una richiesta negoziabile. Cioè, non andiamo a trattare un ministero, ma ad offrire una figura di altissimo livello politico, stimata in tutto il mondo». Insomma, o la si accetta o no l'«offerta», ma non si tratta di far partire un negoziato puntando alto per poi chiudere al ribasso.

C'è il rischio concreto che i nostri segreti militari, ammesso che i generali lo permettano, finiscano nelle mani di Mastella, uno capace di dar via l'anima per una poltrona in più. Capezzone dalle colonne del Corriere ha chiesto «uno sforzo di fantasia» agli elettori, soprattutto del centrosinistra, e ai leader dell'Unione. Provare a immaginare due fotografie l'una vicina all'altra. Nella prima, il segretario alla Difesa Rumsfeld seduto di fronte a Mastella; nella seconda, lo stesso Rumsfeld di fronte a Emma Bonino. Per non parlare delle immagini dai vertici della Nato, o dell'Unione europea. «Quale foto dovrebbero ritenere più autorevole e credibile per il prestigio del nostro Paese?».

Con la solita lucidità Angelo Panebianco sul Corriere ha indicato le due strade che si aprono di fronte ai «tre maggiori azionisti del futuro esecutivo, Romano Prodi, i Ds e la Margherita»: 1) dare vita a un governo «con una forte impronta modernizzatrice, individuare come ministri solo politici genuinamente riformatori (come, ad esempio, Enrico Letta, Pierluigi Bersani ed Emma Bonino), fare scelte nettamente caratterizzate in senso occidentale-liberale in politica estera e in politica economica...»; 2) Oppure «usare il manuale Cencelli, accettando di dare spazio nel governo anche ai molti nemici della modernizzazione che il centrosinistra comprende. In quest'ultimo caso, la sorte dell'esecutivo sarebbe subito segnata».

Il «manuale Cencelli» o un governo di «alto profilo», dunque? Ovvio che neanche un governo «riformatore» garantirebbe «lunga vita», ma, almeno, un qualche segno lo lascerebbe nel paese.

Ma c'è una questione addirittura «pregiudiziale» che è stata posta a Prodi. Preliminare a ogni tipo di rapporto con l'Unione. L'estromissione dal Senato di 8 senatori regolarmente eletti (4 della Rosa nel Pugno) secondo la lettera dell'attuale legge elettorale vigente. Senza dubbio la ferita più grave allo stato di diritto negli ultimi anni, perché non tocca qualche migliaia di firme, ma il più delicato momento di una democrazia: la trasformazione dei voti in seggi.

Il centrosinistra, che a lungo ha gridato allo scandalo delle leggi ad personam e del disprezzo per le istituzioni democratiche di Berlusconi, dimostri oggi discontinuità, dimostri di avere un briciolo almeno di senso della legalità costituzionale, dismetta il suo pregiudizio contra personam. La legalità, ancora una volta, sopra tutto.

Intervistata dal Corriere, la Bonino ha rivelato che dagli atti parlamentari risulta un emendamento depositato a firma del senatore Mancino volto proprio a «introdurre il famoso sbarramento del 3% nei collegi elettorali che non avessero raggiunto subito la maggioranza prevista». Di tutta evuidenza, se lo voleva introdurre, era perché non c'era. Ma l'emendamento fu respinto, poiché non c'era tempo per un altro passaggio della legge alle due Camere. Quindi lo sbarramento non c'è.

Pannella è intervenuto a Radio Radicale ribadendo ciò che ai più attenti non sarà sfuggito fin dall'inizio. All'ostilità praticata dall'Unione verso la Rosa nel Pugno, e verso i radicali soprattutto, c'è un limite. «Accettare il gioco di regime per difendere anche la nostra realtà politica e i nostri elettori sta divenendo ormai qualcosa che rifiuto», ha ammesso il leader radicale. «Occorre nella storia dei paesi, ha detto Benedetto Croce, qualcuno per cui Parigi non valga una messa». No alle contrattazioni quindi, Pannella si è detto «non disposto a giocare in questi termini di complicità con il regime» per il quale i radicali sono «da eliminare, avendo ragione e perché hanno ragione e ragioni».

Durante i mesi di giugno e luglio dell'estate scorsa, ha ricordato Pannella, «ci siamo convinti che la priorità assoluta da conquistare, un po' come nel '94 a parti invertite, fosse impedire il protrarsi ulteriore del potere personale e formale berlusconiano, e quindi appoggiare la candidatura di Prodi. Dicemmo chiarissimamente che essendovi da una parte qualcuno capace di davvero tutto e dall'altra un insieme di buoni a niente convinti ormai di avere vinto - vinto i luoghi e le espressioni del potere, non gli obiettivi - si trattava per noi di accorrere, con i compagni dello Sdi, cercando di ridurre il quoziente del niente».

Tuttavia, da allora, fa notare il leader radicale, «siamo stati trattati in modo indegno dal coté perbene del regime, e dai perbene abbiamo assistito alle scene peggiori». Rimane l'obiettivo di «insediare l'alternanza prodiana, ma sia ben chiaro che vorremmo che in queste ore il presidente della Repubblica, i presidenti delle Camere, e i leader dell'Unione, avessero un sussulto di dignità, serietà e onestà intellettuale e politica».

Più volte Pannella ha usato l'espressione «ultimi giapponesi di Prodi», ma è sempre (ripeto: sempre) stato palese che «se il giapponese nella giungla viene informato che l'imperatore ci vende quotidianamente, dovremo trarne le conseguenze».

Dunque, è di exit strategy che si comincia a parlare. Lo abbiamo fatto in questo lungo post di alcuni giorni fa. Lo ha fatto Malvino domenica scorsa, ipotizzando gli scenari futuri. Sempre accorto a non precorrere i tempi, Castaldi è sempre stato consapevole silenzioso di una semplice nota a margine: «Appena avremo avuto la certezza che Berlusconi è stato sconfitto, dovremo dimenticarcela come priorità, dovremo ricordarci che noi radicali non siamo né di destra, né di sinistra».

Se i partiti dell'Unione «si ostinano» a non volere il nuovo soggetto liberalsocialista, «non si potrà considerarli alleati» e sarà «inevitabile uscire da un governo del genere». Se i compagni dello Sdi «non vorranno prendere atto di questa pregiudiziale... sarà inevitabile dichiarare fallita la fase costituente di un nuovo soggetto politico che in tanti avevano sperato non si esaurisse nell'esperienza di un cartello elettorale».

«Non è tollerabile che i radicali vengano silenziati dal regime per "assorbimento" in una delle due cosche». Ciascuno si sbizzarrisca sul "come". A me tra le ipotesi di Malvino convincono la b) e la c), non la a), perché ritengo perdenti in partenza gli "Aventini".

La priorità oggi è acquisire la forza necessaria, visto che il deludente dato elettorale non l'ha garantita, per potersi proporre come punto di aggregazione, di attrazione di un universo liberale, laico, socialista, radicale. Obiettivo da perseguire connotandosi per le proprie iniziative politiche di stampo liberale, laico, riformatore e aprendo le contraddizioni in entrambe le coalizioni.

16 comments:

Anonymous said...

Federi', com'è bello essere compreso. Un abbraccio.


[Malvino]

Anonymous said...

Però, com'è evocativa l'immagine Rumsfeld - Mastella...
Sentite, ma sta cosa dei senatori. Ma com'è possibile disattendere così palesemente una norma? Siamo proprio proprio sicuri che sia come dice la Rosa nel Pugno?
A me sembra di sì, ma vorrei una conferma oltre ogni ragionevole dubbio. Perché non è proprio possibile che la coalizione della "legalità" e della "moralità" taccia quest'infrazione se così è cazzo.

Anonymous said...

Pienamente d'accordo con la ineluttabilità della scelta da parte dei Radicali. Pur essendo io un "salmone" di centrodestra, mi auguro che gli amici Radicali confluiti nel centrosinistra abbiano un sussulto di dignità politica. Comunque, se posso esprimere un parere, alla Difesa molto meglio Mastella di un comunista. Ciao

Anonymous said...

E' meraviglioso. Eccola la felicità che il buon Prodi voleva generosamente donarci. Ogni giorno ci fanno ridere a crepapelle.

Ora, Mastella alla Difesa. E poi si dirà: "Un governo dall'altissimo profilo". Sì, dov'era Martino, ora c'è Mastella. :)))))

Jim, io lo dicevo da novembre: la RnP è un bluff destinato a crollare. Lo Sdi si accontenterà delle briciole. Voi no. E andrete via. Bella esperienza, il liberal-socialismo di sinistra...

Anonymous said...

Sottoscrivo SL.

La migliore exit strategy per la RnP è stata messa in atto da Boselli-Pannella-Bonino-Capezzone: Grazie a loro la RnP è uscita di scena come meglio non avrebbe potuto fare.
Ormai se ne parla solo sulla Rete. Nella realtà essa non esiste ed in questo rispecchia perfettamente l'inconsistenza del suo progetto poltonatore rimasto vano una volta che le poltrone non sono state ottenute.

CS
RN

Anonymous said...

Ri-sottoscrivo, SL e Rob!
:-)

Anonymous said...

A giocare col fuoco ci si brucia.
Avete avuto i vostri soldi? Bene, il senso della vostra permanenza nell'unione è finito.

Anonymous said...

ancora non ho trovato risposta ad una banalissima domanda: perchè la Giunta per le Elezioni dovrebbe votare una interpretazione della disposizione legislativa opposta a quella data dal relatore della legge e da tutti i partecipanti alle elezioni (sino a due o tre giorni dopo la chiusura delle urne) con il risultato di mettere a serio rischio il principio dell'uguaglianza del voto che avrebbe un valore diverso in funzione del diverso divario che le due coalizioni concorrenti hanno nelle varie circoscrizioni regionali?

E poi, Federico, perchè mai la maggioranza di centrosinistra dovrebbe esporsi ad una evidente forzatura per garantire alla Rosa nel Pugno "la forza necessaria, visto che il deludente dato elettorale non l'ha garantita, per potersi proporre come punto di aggregazione, di attrazione di un universo liberale, laico, socialista, radicale" all'interno di una exit strategy?

Tesi davvero curiosa e, se mi permetti, meno fine del solito perchè sotto traccia si legge un ragionamento: il centrosinistra che fischia la Moratti che si vuole ritirare dall'Irak, che cede all'Iran etc, faccia una sola cosa buona riassegni i seggi al Senato che poi ci pensa la rafforzata RNP a fargli pagare tutte queste contraddizioni.

C'è qualcosa che non mi torna, non capisco.

Marco E.

JimMomo said...

Già, non capisci che le leggi vanno applicate per quello che sono e non per l'interpretazione che se ne dà.

Anche l'emendamento di Mancino dimostra che quello sbarramento non c'è, perché lo si voleva inserire.

Certo che all'Unione non conviene avere i sentori della RNP e infatti probabilmente non ristabiliranno la corretta appicazione della legge. Ma questo non toglie ragioni, anzi è il movente.

Anonymous said...

Letteralmente la legge non è applicabile perchè al momento di parlare delle liste cui ripartire i seggi rinvia ad una lettera di un comma in cui non si parla di liste ma delle coalizioni sopra la soglia.

A ciò aggiungo quel che ha detto il professor Ridolfi - mica un ignorantone del diritto che per giunta non capisce come me - che intervenendo su questa questione nel forum di radicali.it ha risposto ai sostenitori della applicazione letterale in questo modo: "(....) La legge non è altro che DIRITTO ASTRATTO, fissazione di principi giuridici, e nient'altro; è la sentenza del giudice che è DIRITTO CONCRETO........ Non ti piace Otto Bähr? Preferisci un italiano? Vezio Crisafulli, nel momento in cui distingue tra DISPOSIZIONE (la LETTERA della legge) e NORMA (il prodotto della attività interpretativa), dice pure che ciò che conta è la NORMA, e non la DISPOSIZIONE! Quindi, sarebbe ora di smetterla di gabellare le proprie PERSONALI interpretazioni come la LETTERA DELLA LEGGE.......... NON ESISTE ALCUNA LETTERA DELLA LEGGE!!!!!!!!!!!! Esistono, al massimo, diverse INTERPRETAZIONI della legge"

Forse si sbaglia ma resta da capire come sono conciliabili i diritti minimi di sopravvivenza democratica con la discriminazione degli elettori sulla base della consistenza del consenso di cui gode lo schieramento maggioritario nella regione in cui vivono.

PS: ti ricordi la tesi del 2001 del caro professor Ainis che, non proprio in nome dell'applicazione letterale delle disposizioni scritte, sosteneva la necessità di disapplicare una disposizione del regolamento attuativo della legge elettorale (in base alla quale i seggi vacanti andavano assegnati alle liste del centrosinistra ammesse al riparto) e conseguentemente colmare la lacuna ricorrendo ai principi generali che regolano la materia elettorale, in base ai quali sarebbe stato logico far saltare lo sbarramento del 4% e assegnare i seggi proporzionali applicando il metodo d’Hondt includendo le liste rimaste sotto la soglia del 4%?

Marco E.

PS: non insisto più dal momento che alla lunga chi non capisce diventa anche patetico

JimMomo said...

Sul "patetico", per me potrebbe valere la stessa considerazione nei suoi confronti.

Il punto è proprio questo: "non si parla di liste ma delle coalizioni sopra la soglia".

Anonymous said...

"Sul "patetico", per me potrebbe valere la stessa considerazione nei suoi confronti"

Nei confronti di chi?

Marco E.

PS: scrivo di nuovo a riprova del fatto che sono uno che non capisce davvero

JimMomo said...

Mi dai del patetico perché non convengo con la tua interpretazione, potrei fare altrettanto con te (lei) perché non conviene con la mia.

Anonymous said...

per la verità, caro federico, con quel patetico mi riferivo a me stesso. In questo caso non si tratta di interpretazione letterale ma di una formulazione infelice intesa male........con quel post scriptum facevo solo del misero vittimismo anche se, in verità, un autorevole esponente radicale mi ha dato recentemente del patetico su questa questione.

E' questa l'interpretazione autentica - in questo caso è proprio necessaria - di quelle mie parole. Non era mia intenzione darti del patetico al massimo farlo....sorry per l'equivoco

ciaociao
Marco E.

JimMomo said...

ok, ancora serve rifarsi alla lettera delle proprie parole, quanto meno.

;-))

ciao

Anonymous said...

Sulla questione letterale o meno, credo che sia utile guardarsi la memoria di Patrono. A me pare che ci si trovi davanti ad una interpretazione.

Secondo il professore la spiegazione dell'inesistenza della soglia, e della conseguente ammissione al riparto di tutte le liste, sta nella volonta del legislatore di riconoscere il ruolo che tutte quante (anche quelle con meno del 3%) hanno nel far vincere una delle due coalizioni nei casi in cui la vittoria è di misura (sotto il 55%) e conseguentemente nell'ammetterle al riparto dei seggi conquistati. Ma se questo è il ragionamento in base al quale è credibile il fatto che ci siano regioni con la soglia del 3% ed altre in cui non c'è (e dunque ci siano elettori trattati diversamente) è sbagliato pensare che la "soglia variabile" (funzione del raggiungimento del 55%) esista solo per il riparto dei seggi che spettano alla coalizione che accede al premio in quella regione?

Se l'assenza della soglia premia chi ha fatto vincere una delle due coalizioni senza fare una discriminazione in base al peso del loro differente contributo (come nel caso di vittoria larga alla quale si associa invece la soglia del 3%), per quale motivo questo ragionamento andrebbe fatto valere anche a favore di liste che non hanno contribuito a far vincere la loro coalizione?

Credo che la discriminazione (ex post) del valore del voto in funzione della regione in cui si vota, che si crea con l'interpretazione della RNP, possa essere giustificata e considerata accettabile soltanto se si considera l'assenza della soglia -nel caso di vittoria di misura - una sorta di meccanismo premiale di tutte le forze della coalizione vincente (che sono state tutte determinanti vista l'entità dello scarto) e dunque che sia efficace solo nei confronti di chi ha vinto a livello regionale.
Se invece riguarda senza distinzioni chi ha vinto e chi ha perso mi pare davvero illogico e palesemente lesivo dell'uguaglianza del voto che finirebbe per essere compressa non tanto in una logica maggioritaria (in base alla quale il voto marginale che fa vincere una coalizione non conta quanto quello con il quale una coalizione supera il 55%) ma in una di tipo cabalistico, visto che in quel caso il valore del voto di un elettore della RNP varia se viene espresso in Piemonte o in Toscana dal momento che nel primo caso non conta per la vittoria della coalizione ma conta per l'ammissione al riparto dei seggi, mentre nel secondo conta per la vittoria ma non per l'ammissione al riparto dei seggi.
Mah?

Marco E.