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Thursday, May 11, 2006

Se fosse stato... ma non è stato così

Una cosa è da condividere di quanto scrive oggi Paolo Mieli su Napolitano. Che se fosse stato scelto lui come vicesegretario del Pci, quando nel '69 Longo si ammalò, e non Enrico Berlinguer, «la storia di quel partito e di conseguenza quella dell'Italia sarebbero state assai diverse... migliori».
«Se fosse toccato a lui - con il conforto politico, morale e intellettuale di Amendola - il Pci si sarebbe apparentato molto prima alla famiglia del socialismo europeo. Talché la generazione oggi al potere nei Ds, quella di Piero Fassino, Massimo D'Alema, Walter Veltroni, Fabio Mussi, Gavino Angius, Livia Turco, sarebbe entrata o avrebbe mosso i primi passi in un partito assai più riformista e occidentale di come fu. Un partito che, per dirla in sintesi, avrebbe abbandonato le stesse insegne del comunismo ben prima del 1989, l'anno della caduta del Muro di Berlino... il Pci non avrebbe impegnato se stesso per anni e anni in uno scontro con il Psi, probabilmente l'unità della sinistra si sarebbe potuta fare molto prima, e molto prima questo schieramento si sarebbe potuto candidare a governare l'Italia...».
Oggi l'elezione di Napolitano, continua il direttore del Corriere, rappresenta «un risarcimento a quella parte minoritaria del Pci che già quarant'anni fa seppe guardare lontano (e vide giusto). Un riconoscimento di come sarebbe stata migliore la storia del nostro Paese se quelle idee avessero trionfato per tempo».

Sarebbe bello se fosse così, e in cuor nostro possiamo anche pensarlo, caro direttore, ma temo invece che non sia vero. Che siano altre le motivazioni dell'elezione di Napolitano. Non il riconoscimento del suo indiscutibile merito di aver visto tra i primi, nel Pci, lo sbocco di una sinistra democratica ed europea, ma la necessità - anche per puntellare un governo Prodi che si annuncia fragile in Parlamento - di assicurare anche ai diesse una carica istituzionale e salvare gli equilibri politici dell'Unione, nella più cencelliana logica spartitoria.

Vi consiglio la lettura anche di Paolo Franchi, che racconta correttamente la storia di Napolitano e dei "miglioristi" all'interno del Pci. Ricorda «il prezzo pesante» che pagarono per «un dissenso sempre più evidente», «tacciati di essere una sorta di quinta colonna craxiana». E lo pagarono non solo con Berlinguer e fino alla svolta di Occhetto, ma anche oltre, perché negli eredi di Berlinguer, cresciuti politicamente nel Pci anti-craxiano, ancora più accentuata era, ed è, l'ostilità nei confronti del socialismo democratico.

Ma proprio per questo sarei più cauto di Mieli e Franchi a vedere nell'elezione di Napolitano un riconoscimento politico. Certo, quel riconoscimento può compiersi nei fatti, se Napolitano mostrerà il coraggio che fino a oggi non ha mostrato.

2 comments:

ettore said...

Jim, spero tu stia scherzando!

Mieli, scrive così perchè ormai ha svenduto la sua obiettività, e scimmiotta i colleghi di repubblica che scrivono più per "educare" i lettori che per "informarli".

ma tu ?

Se Napolitano avesso veramente creduto/voluto portare il PCI in una'area più "liberal/socialista" sarebbe uscito da quel partito, Partito nato solo con lo scopo di conquistare il potere, sia con la piazza, sia con gli strumenti democratici.

Ora quel partito ha raggiunto lo scopo (Grazie anche a RnP).
E Napoiltano è stato uno dei suoi più fedeli servitori, andava quindi premiato.

ettore gonzaga

JimMomo said...

Appunto. Se fosse stato... ma non è stato così.