Pagine

Tuesday, May 23, 2006

Solo l'ideale federalista può ridare slancio all'Europa

Non si tratta di superare lo «scetticismo», come ha detto domenica a Ventotene il presidente Napolitano, ma di prendere atto del fallimento di un establishment, dei professionisti dell'europeismo "corretto", che hanno ridotto il sogno europeo a un incubo burocratico.

Prende a mio avviso una cantonata l'editoriale di oggi su Il Foglio:
«Il problema dell'Europa non è più quello che assillava Spinelli, l'incontenibile volontà di potenza dei suoi stati. E' al contrario l'impossibilità di ciascuno di essi di competere singolarmente nel mercato globale e di pesare nella politica mondiale. Per questo l'ideale federalista di Spinelli resta una profezia, mentre il tema politico reale è l'integrazione interstatale. Se ad essa si nega una base storica e ideale si semina lo scetticismo, e non è sensato poi lamentarsi se questo si estende anche ai patti istituzionali».
E' proprio «l'integrazione interstatale» ad aver mostrato tutti i suoi limiti, ad aver atrofizzato l'ideale europeo. Se ai tempi di Spinelli il problema europeo era la potenza degli stati, oggi il problema è la loro impotenza, la cui somma rischia di essere la cifra dell'Unione, ma il succo non cambia: sempre gli stati sono il problema. Per questo «l'ideale federalista» rimane l'unica soluzione, l'unica forma autenticamente democratica tale da trovare nuovo slancio dai popoli europei.

Padoa Schioppa rimprovera all'Europa di non aver percorso la via spinelliana «fino in fondo». Oggi quindi «non è pronta all'appuntamento con la storia, non è in condizione di esercitare tutto il suo peso, che pure possiede, per spingere il mondo fuori dal dilemma equilibrio-egemonia, accompagnandolo verso un ordine di pace fondato sul diritto». L'Europa di oggi, afferma anche Pannella, non è propriamente quella immaginata da Spinelli e Rossi, navigante verso il modello federalista americano degli Stati Uniti d'Europa, ma quella «delle patrie, socialdemocratica e gollista».

Per riaprire un dibattito, che sembrava chiuso, sulla visione federale non bisogna cadere nella retorica del confuso europeismo dei discorsi ufficiali, ma riconoscere il fallimento della visione intergovernativa e individuare le precise responsabilità della classe politica che a quella visione si è legata, con le sue politiche anti-liberali e protezioniste che hanno perpetuato un modello istituzionale, economico e sociale insostenibile.

Se si vuole davvero l'Europa unita; se la si vuole democratica; allora può essere solo un'Europa federale.

3 comments:

Anonymous said...

Federale quanto Jim?

Anonymous said...

Ciao Fede!
Nel prossimo numero di LibMagazine avremo uno speciale dedicato proprio all'Europa!
Un saluto,
Tommaso

Anonymous said...

Non scherziamo, soldato Punzi...Europa federale. :))

L'allora CECA, da cui tutto è nato, è sorta esclusivamente per motivi di interesse nazionale dei sei Stati aderenti. Punto e basta. Il processo di integrazione, idem. L'interesse nazionale dei singoli Stati consisteva nel delegare un numero via via crescente di competenze con l'obiettivo di conseguire risultati che, uti singuli, non avrebbero potuto conseguire.

Esempio concreto. Italia. Il nostro Paese aveva l'interesse a sfruttare il mercato unico a livello comunitario ("mercato unico", si fa per dire...) per afferrare una valvola di sfogo per l'esportazione e la produzione industriale. Non è un caso che proprio negli anni Settanta, il mito dell'europeismo diventi regola d'oro del dibattito politico italiano: gli anni dell'iperinflazione, della stagnazione, etc.

Altro esempio. Regno Unito. Londra è entrata nell'allora CEE per il più tradizionale dei motivi della diplomazia di Sua Maestà: controllare il continente ed intervenire solo quando si intravede la definizione di una potenza rivale (politica, militare, economica, etc.). In quegli anni, guardacaso, il processo d'integrazione galoppava e l'idea di un eurofederalismo diveniva il leit-motiv dell'azione politica di numerosi governi del continente europeo.

Interesse nazionale, soldato Punzi. Nient'altro. Lo stesso che oggi fa sì che gli Stati vogliano aderirvi per meri motivi economico-commerciali e monetari (che permettono, appunto, di contare di più nel mondo di quanto si potrebbe uti singuli), ma a livello politico-militare non ne vuole sapere nessuno (tranne, a parole, i ventoteniani: vorrei proprio vedere Napolitano mentre, esaudita la sua utopia, si ritrova subordinato ad un Presidente dell'Unione Europea, intesa come Stato federale...).

A livello politico-militare, i parvenus dell'est vogliono la Nato; la vecchia Europa si dibatte tra velletari assi renani o giù di lì e filo-atlantismo in salsa europea; il Regno Unito pensa alla special relationship e basta, al di là dei convenevoli.

E meno male.