Il fallimento dei professionisti dell'europeismo "corretto"
E' on line il III numero di LibMagazine. Questa settimana dedicato completamente all'Europa, tra due ricorrenze. Il ventesimo anniversario della morte di Altiero Spinelli e il "No" alla ratifica del Trattato costituzionale europeo, espresso proprio un anno fa, il 29 maggio, tramite referendum, dai cittadini francesi. Di seguito le prime righe del mio (lungo) intervento.
Non basta più dire: «Europa». Oppure: «più Europa». Dovremmo interrogarci su «quale Europa». Diffidate da quei solenni discorsi nei quali, sfuggendo a questo interrogativo, personalità di spicco del nostro ceto politico, a partire dal presidente della Repubblica Napolitano e dal presidente del Consiglio Prodi, fanno professione di europeismo. Un dibattito sull’Europa che sia autentico e aperto al futuro dovrebbe vedere la politica impegnata a ragionare sul «fare l'Europa», su cosa l’unità europea dovrebbe essere esattamente.
All’indomani della bocciatura, nel giugno del 2005, del nuovo trattato costituzionale da parte dei cittadini francesi e olandesi, i leader europei annunciarono «un periodo di riflessione». Quale riflessione? Dov'è? Chi ne sono i promotori? A quali conclusioni stanno giungendo? L'impressione è che non sia in corso alcuna riflessione, che si stia vivacchiando, in attesa, una volta passata la tempesta referendaria, di riprendere il cammino là dove era stato interrotto, come se nulla fosse accaduto e come se si potessero archiviare quei milioni di "no" senza prima aver posto sotto una meticolosa, anche esasperante verifica l'approccio "europeista" che ha partorito la bozza costituzionale uscita sconfitta dalle prove referendarie.
Propedeutico a una riflessione reale, e non solo cosmetica, è il prendere atto del fallimento di un establishment, dei professionisti di una sorta di pensiero unico sull'Europa (il solo "politicamente corretto"), che hanno ridotto il sogno europeo a un incubo burocratico. Sperare che l'unità europea prendesse spontaneamente vita e forma dalla moneta unica è stato un atto di presunzione politica e aridità ideale.
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