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Thursday, May 11, 2006

Le mie pregiudiziali su Napolitano (e su tutti gli altri)

Alcune (Le Guerre Civili) dure (Phastidio) bocciature (1972) della figura di Napolitano come presidente della Repubblica rischiano di sconfinare in scomunica ideologica. Quei post li comprendo, contengono delle ragioni, ma sono d'accordo così e così. E fra tutti gli articoli di oggi, in particolare due, di Carmelo Palma e di Lodovico Festa, contengono anche a mio avviso elementi importanti.

Tuttavia, pur avendo scritto un post molto critico sull'elezione di Napolitano e su chi l'ha accolta con entusiasmo, non mi sento nei suoi confronti di brandire la pregiudiziale anti-comunista (e del resto neanche Berlusconi lo ha fatto), che mai come in questo caso si dimostra uno strumento rozzo di giudizio su vicende umane e storiche molto complesse.

Napolitano è sì "migliorista", quindi in un certo senso «uomo di Togliatti», ma certo la sua figura è l'opposto dell'immagine di Togliatti come "uomo di Mosca" consegnata alla storia. E' vero che nel '56 condannò Nagy come contro-rivoluzionario. Però vanno ricordati, a questo punto per completezza, alcuni fatti: ha sempre sostenuto l'apertura, e non l'ostilità, verso i socialisti democratici; ha aperto gli occhi, tra i pochi e i primi a farlo, sull'Unione sovietica quale veramente era dopo i fatti di Praga nel '68 (12 anni, non decenni, dopo l'Ungheria: e questo conta); da quel momento ha sostenuto la tesi di una netta distanza del partito dall'Urss e la necessità di una trasformazione del Pci in una socialdemocrazia di stampo europeo e occidentale, da realizzare aprendo alle forze socialiste e poi a quello che fu il Psi di Craxi. Per questo negli anni ottanta si oppose alla linea berlingueriana, alla "terza via" tra Mosca e socialdemocrazia, il cosiddetto eurocomunismo, e all'anti-craxismo del Pci, venendo tacciato di quinta colonna craxiana. Fino agli anni '90 gli venne fatta pagare questa sua posizione, ridotta a sotterraneo dissenso, anche da molti che oggi l'hanno "accompagnato" al Quirinale.

Paradossalmente si potrebbe sostenere che Napolitano sia stato più craxiano di Amato, che invece è riuscito a uscire indenne dalla sua vicinanza a Craxi, rinnegando il suo leader ben prima del primo canto del gallo.

E' pure vero, neanche questo va scordato, che pur mantenendo queste non facili posizioni all'interno del Pci, Napolitano non ebbe mai la forza, il carattere, il coraggio né di farle prevalere, né - questo da liberali gli si può rimproverare - di arrivare allo scontro aperto e renderle pregiudiziali per la sua permanenza nel Pci. Anzi, la sua dedizione al servizio di un partito di cui non condivideva la linea, inevitabilmente rendendosi corresponsabile di quelle scelte, non depone a suo favore.

Insomma, è questo che voglio dire, se ci si avventura sul terreno storico il giudizio su Napolitano non può che essere più complesso di un "no, il comunista no".

Per quanto mi riguarda, le pregiudiziali su Napolitano, o su qualsiasi altro candidato, sono altre e molto più concrete di una condanna ideologica. E' l'essere, oggi (non ieri), espressione di un'oligarchia partitocratica, eletto attraverso un sistema farraginoso che induce e alimenta contrattazioni di tipo oligarchico. E' l'essere il "vorrei ma non posso" di D'Alema, il sigillo su uno stallo politico e istituzionale, l'incontro inevitabile delle molteplici debolezze e della mancanza di coraggio caratteristiche di tutte le oligarchie, l'emblema di un'arretratezza borbonica della Repubblica.

La sua è un'elezione che lungi dal rappresentare un riconoscimento, discutibile quanto si vuole, del personaggio e della sua storia politica, nel Pci e nelle istituzioni, da socialdemocratico e "riformista", nasce da un ripescaggio dai magazzini di partito per risolvere una complessa questione di equilibri politici tutta interna all'Unione.

Tra l'altro, come presidente della Camera nel '93, quando vi furono da proteggere le prerogative del Parlamento dall'offensiva forcaiola di Tangentopoli, e da ministro degli Interni nel '97, non brillò certo come garante delle leggi, della legalità, e dei diritti delle minoranze.

Non mi sembra di esserci andato giù morbido, pur senza ricorrere alla pregiudiziale anti-comunista, che nel suo caso richiama in causa un giudizio storico troppo complesso.

2 comments:

Rufo Albio Cursore said...

Ok, Napolitano c'è a chi piace e a chi non piace. C'è chi per un motivo e chi per un altro, ma secondo me il problema non è Napolitano, che dall'alto del colle, più di sciogliere le camere e nominare dei senatori a vita non può fare.

Il problema è: che facciamo con la crisi energetica? Che facciamo con la concorrenza di Cina e India?
Che facciamo con la crescita della popolazione mondiale?

Napolitano è un problema secondario.
Se siamo liberali dobbiamo ricordarci del motto che contraddistingue il nostro modo di pensare: "Non sono d'accordo con quello che dici, ma mi batterò sempre affinché tu sia libero di dirlo".

Napolitano è un ex comunista e noi siamo liberali. Ha tutto il diritto di essere presidente della repubblica, perché anche se non condivido le sue "ex idee", viviamo in un Paese dove la gente può esprimerle liberamente.

Questo mi distingue da chi non è liberale. Il fatto che io accetto che l'altro possa esprimere le sue idee anche se sono contrarie alle mie, perché io non ho paura della libertà di espressione. Sono le dittature ad avere paura della libertà.

Napolitano non mi rappresenta in quanto non è un liberale come me? E allora? Dov'è il problema?

Pensiamo a fare il bene del Paese. Se il centrosinistra penserà solo all'occupazione del potere, alla fine pagherà il conto.

Anonymous said...

se cerchiamo attentamente, è probabileche si riesca a trovare del buono anche in stalin. il punto però resta nel fatto che napolitano ha ricoperto il ruolo di alto dirigente comunista nel corso di un lungo periodo durante il quale i regimi comunisti hanno compiuto ogni sorta di atrocità e nn ha mancato di solidarizzare coi peggiori leaders risponsabili di detti atti. avere come presidente della repubblica un uomo di tal risma è una vergogna che evidenzia la vera anomalia italiana, quella cioè di continuare pervicacemente a considerare erroneamente il comunismo su di un piano differente rispetto al nazismo. errore chiaramente sancito dalla Storia ma celato dalla storiagrafia.
grazie per ospitalità e saluti.
KVX