Pagine

Friday, September 06, 2013

Una pericolosa ferita al diritto di voto

Anche su Notapolitica

La legge Severino, di cui si discute in questi giorni l'applicabilità al caso Berlusconi, di fatto introduce una conseguenza sanzionatoria, incandidabilità e decadenza, nei confronti di coloro i quali subiscano condanne definitive a pene superiori a due anni di reclusione, a prescindere che sia inflitta o meno la pena accessoria dell'interdizione dai pubblici uffici. Quindi una sanzione "automatica", una tagliola che scatta anche se il giudice non ha ritenuto di disporre l'interdizione al momento della sentenza.

Per quanto si sostenga il contrario, la conseguenza sanzionatoria - sia essa penale o solo amministrativa - è auto-evidente: ogni sanzione, infatti, ha l'effetto di ridurre la capacità di esercitare un diritto, in questo caso il diritto di elettorato passivo. Ma anche se non rientrasse tra le norme penali, la cui irretroattività è sancita a livello costituzionale, la legge Severino non potrebbe comunque avere effetti retroattivi in assenza di una deroga esplicita - che non pare esserci - alla regola generale dell'irretroattività delle leggi.

Ma ammesso e non concesso che la legge Severino, come sostengono alcuni, non sia di natura sanzionatoria, che disponga da sé, implicitamente, la propria retroattività, e che si limiti a stabilire un requisito di eleggibilità (prevedere che chi non abbia compiuto 25 anni non sia eleggibile alla Camera non è certo una sanzione), a maggior ragione, se così fosse, andrebbe a mio avviso sottoposta al giudizio della Consulta. Se così fosse, infatti, in gioco non ci sarebbe solo la capacità giuridica del titolare del diritto di elettorato passivo, ma anche il concreto esercizio del diritto di elettorato attivo da parte di milioni di cittadini. Si può togliere a qualcuno il diritto di candidarsi ed essere eletto - e indirettamente ai cittadini il diritto di votarlo - infliggendogli una pena accessoria a seguito di un procedimento penale, il quale però prevede tutta una serie di garanzie a sua difesa. Ma togliere a 40 milioni di elettori il diritto di votare per qualcuno semplicemente restringendo i requisiti di eleggibilità, in modo retroattivo ed extragiudiziale, è faccenda un po' più delicata.

Siamo così sicuri che in democrazia il "controllo di legalità" debba prevalere in modo così netto, automatico e generalizzato sul "controllo democratico"? Non dovrebbe preoccuparci che l'elettorato attivo, cioè quello esercitato dal popolo, venga limitato non solo da una sanzione penale accessoria, applicata al termine di un regolare processo, com'è l'interdizione, ma anche da un semplice requisito di eleggibilità introdotto con legge ordinaria? Forse non è un caso se la non eleggibilità a deputato dei minori di 25 anni è una norma di rango costituzionale.

E se milioni di elettori ritenessero che il candidato o l'eletto condannato sia vittima di una persecuzione politica e volessero comunque che li rappresentasse? Sul diritto soggettivo al voto dovrebbe prevalere l'interesse legittimo collettivo ad avere un Parlamento privo di condannati? Ne siamo così certi? Il Parlamento equivale proprio ad un ufficio pubblico? Per la salute di una democrazia non sarebbe forse un "male minore" accettare che teoricamente un condannato in via definitiva possa venire eletto, se il popolo lo desidera, e se non interdetto da un giudice naturale, piuttosto che correre il rischio che un potere, anzi un ordine fuori controllo abusi del cosiddetto "controllo di legalità", o peggio di un semplice requisito di eleggibilità, per eliminare dalla vita pubblica i propri avversari politici?

E' proprio delle dittature (come dimostrano Iran, Cina, o Birmania con il caso Aung San Suu Kyi) approfittare del "controllo di legalità" per eliminare i dissidenti dalla competizione politica. Insomma, che i cittadini possano liberamente farsi rappresentare anche da un loro concittadino condannato, una volta espiate le pene stabilite al termine di un giusto processo, è un'utile polizza di assicurazione contro derive autoritarie. La pena accessoria dell'interdizione dai pubblici uffici già esiste nel nostro ordinamento, ma giustamente può essere inflitta solo dal giudice naturale e qualsiasi suo inasprimento è sottoposto al principio dell'irretroattività. Se, come sostengono alcuni, la legge Severino stabilisce un requisito di eleggibilità e non introduce una sanzione penale, è ancora più grave la ferita inferta alla nostra democrazia, perché restringendo in modo automatico ed extragiudiziale l'elettorato passivo e attivo, di fatto limita il diritto di voto in via amministrativa.

5 comments:

Anonymous said...

Altro potere a disposizione della magistratura,proprio quello che serviva.
Toni

cachorroquente said...

La legge Severino è probabilmente una legge fatta male, come buona parte di quelle nate sull'onda emotiva di uno scandalo. Ma questo articolo è poco convincente.

L'argomentazione sulla retroattività è, te ne rendi conto tu stesso, debole. Mi pare chiaro che la mens legis non è di sanzionare ulteriormente i condannati, ma di modificare i criteri di eleggibilità per 'selezionare' la classe dirigente.

Ma anche parlare di una 'pericolosa ferita al diritto di voto' è un'esagerazione. Lasciando perdere il fatto che questa 'ferita' non fregava nessuno fino a che coinvolgeva parlamentari semi-anonimi, seguendo questo ragionamento bisognerebbe abolire dal codice penale l'interdizione ai pubblici uffici?

E' peggio voler sottoporre la democrazia alla magistratura, o il diritto al consenso (aiutino: è brutto uguale).

JimMomo said...

Di solito sei più acuto e puntuale nei tuoi commenti, stavolta sembra che tu non abbia letto il post. L'argomentazione sulla irretroattività non è affatto debole, tant'è che il dibattito tra i giuristi non solo "berlusconiani" è più che aperto. Una legge che dispone una sanzione, penale o amministrativa, è irretroattiva per dettato costituzionale. E una norma che limita un diritto fondamentale come quello di elettorato passivo in ragione di una condanna passata in giudicato è logicamente molto arduo non definirla una sanzione.
Comunque tutte le leggi, anche che non dispongono una sanzione, sono irretroattive per i principi generali della legislazione, a meno che non via sia una deroga esplicita, che in questo caso non c'è. Qualcuno dice che la legge Severino dispone implicitamente per sé questa deroga.
Ammesso e non concesso che sia così - ed è questa l'argomentazione principale del mio articolo - proprio voler "modificare i criteri di eleggibilità per 'selezionare' la classe dirigente" senza che ciò prefiguri una pena è molto più grave, perché così facendo si può limitare arbitrariamente un diritto come l'elettorato passivo individuando un universo di condannati già esistente, da escludere ex post, scavalcando il principio di irretroattività e la garanzia che sia un giudice a decidere caso per caso l'interdizione. Dunque è un precedente esplosivo.
E dunque non hai capito nulla dell'articolo, o non l'hai letto, perché seguendo il mio ragionamento proprio l'interdizione ai pubblici uffici è l'unico strumento a cui possiamo affidarci: una pena, appunto, che non può essere retroattiva, comminata da un giudice al termine di un processo.

cachorroquente said...

Avrai ragione tu ma ci rendiamo conto che abbiamo di fronte a una persona che sta facendo ricorso alla Corte Europea contro una legge votata dal suo stesso partito che è già stata applicata in maniera retroattiva a 37 tra consiglieri regionali, provinciali e comunali, senza che nessuno si strappasse i capelli? Tutto questo per guadagnare tempo e salvarsi in modi ancora non chiari dall'interdizione ai pubblici uffici che comunque lo colpirebbe?

Possiamo essere d'accordo sul fatto che la legge non va bene, ma fino a che non verrà abrogata va applicata o no? E non sarebbe meglio per tutti se Berlusconi evitasse l'ennesimo conflitto istituzionale e si dimettesse dalla sua posizione di senatore?
Cosa risolve questa lotta ad oltranza? Non certo il problema della magistratura (ti invito a leggere quello che ha scritto Facci, mica Curzio Maltese, su Berlusconi e giustizia).

La verità è che tenere Berlusconi dov'è non è di interesse a nessuno, e l'alibi dei milioni di votanti è irrilevante. Si vota un partito, si vota uno schieramento, non una persona, se no il consenso politico regalerebbe l'impunità. Esiste una maggioranza elettorale di destra nel nostro paese, e questo non cambierà se Berlusconi tornerà ad essere un privato cittadino.

Jean Lafitte said...

"tant'è che il dibattito tra i giuristi non solo "berlusconiani" è più che aperto"

non mi risulta.

"Una legge che dispone una sanzione, penale o amministrativa, è irretroattiva per dettato costituzionale. E una norma che limita un diritto fondamentale come quello di elettorato passivo in ragione di una condanna passata in giudicato è logicamente molto arduo non definirla una sanzione."

è un po' come dire che è una sanzione il requisito del possedere la patente per fare il vigile urbano. l'elettorato passivo non è un "diritto fondamentale" tanto che è precluso a chi ricopre alcune cariche, per esempio. discutere se la legge è retroattiva o meno è poi assolutamente irrilevante, non trattandosi appunto di una pena.
non c'è dubbio che il fatto, cioè la condanna, sia avvenuto dopo l'entrata in vigore della legge, quindi non si capisce di quale "retroattività" si va blaterando.
la legge c'è e va applicata, punto.
poi se tu ritieni che togliere i criminali dal parlamento sia un attentato alla democrazia, un precedente esplosivo etc... etc... libero di dire le tue stupidaggini. ma quando parli di diritto, per favore, non dire sciocchezze.
Jean Lafitte