
E' dall'inizio del 2006 che la Santa Sede, per voce del precedente nunzio, aveva chiesto una modifica, ma i responsabili dello Yad Vashem avevano risposto che sarebbero stati disposti a riesaminare il ruolo di Pio XII se il Vaticano avesse messo a disposizione dei ricercatori del museo i suoi archivi, che ovviamente sono rimasti ben sigillati.
Nella didascalia si afferma che «la reazione di Pio XII all'uccisione degli ebrei durante l'Olocausto è controversa». Si ricorda che «accantonò un'enciclica contro il razzismo e l'antisemitismo preparata dal suo predecessore», che «non reagì alle notizie sull'uccisione degli ebrei con proteste scritte o verbali», che nel dicembre del 1942 non si associò alla condanna espressa dagli Alleati per l'uccisione degli ebrei e che «non intervenne nemmeno per fermare la deportazione degli ebrei di Roma».
Non un libro, una semplice didascalia. Tanto è bastato. Un comportamento stizzoso e permaloso da parte del Vaticano, che pretende di dettare a suo piacimento le ricostruzioni storiche, di fatto rinunciando a commemorare una tragedia di proporzioni immani come la shoah per una semplice controversia di carattere storico, non offrendosi neanche di svolgere un ruolo positivo per accertare i fatti. Gli studiosi del museo, infatti, si sono detti disponibili, com'è ovvio, a riesaminare un giudizio storico che, osservano, è limitato ai dati disponibili oggi ma che non è detto non possa essere aggiornato in futuro.
Educata ma glaciale la nota del Ministero degli Esteri israeliano: «La cerimonia allo Yad Vashem ha il fine di onorare la memoria delle vittime della Shoah, l'evento più traumatico nella storia del popolo ebreo e tra i più traumatici nella storia dell'umanità. Per quanto riguarda la partecipazione alla cerimonia, ciascuno si comporti secondo ciò che gli dice la sua coscienza».
Già, ma quale coscienza?