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Thursday, January 05, 2006

Vi sono cose pessime...

L'unico giornale, ieri, ad accorgersi dell'accenno che durante la conversazione settimanale Pannella ha dedicato al caso delle intercettazioni, e a prestarvi attenzione, è stato Il Foglio. Nel passaggio di cui si parla Pannella ha più o meno detto a Bordin:
«Le verità che per diritto o no sono proprie e destinate a pochi sono il cuore dell'oligarchia e del formarsi [del potere] oligarchico. Che Ricucci si conosca per il suo linguaggio e per i suoi riflessi è cosa interessante, è una notizia, è un bassorilievo di come siamo e dove viviamo (...) C'è da vigilare che non sia fatto in modo disonesto (...) Se manifestamente parziale contiene i suoi anticorpi, ma mi pare di un valore immenso che spezzoni di vita vissuta, stili del ceto al potere, vengano fuori; sono un patrimonio che [viene] immesso nella vita nel nostro paese e che non ci vincola affatto a ritenere la presunzione di innocenza penale come un elemento che viene colpito. [Pausa] Bisogna anche sapere che è vero che esistono cose pessime per il costume delle nostre sensibilità che di per loro non costituiscono reato, [cioè] il peccato laico».
In questo «mondo immondo di malaffare come elemento di congiunzione tra affari e politica» ben vengano quindi le intercettazioni che rivelano al grande pubblico «spezzoni di vita» del potere partitocratico. Questa è parsa, al Foglio, una «rivoluzione culturale», da parte del «più fiero nemico della magistratura, il grande difensore della legalità», che in questo caso «approva la pubblicazione delle intercettazioni», il cui valore sarebbe che «d'un tratto vengono conosciute da milioni di persone».

Nessuna novità invece. Quella di Pannella è la denuncia di sempre del malcostume politico. La diffamazione per il leader radicale è un «reato capitale», ma non si può parlare di diffamazione se vengono riportati fatti reali e non manipolati. C'è invece un malcostume della politica, una cattiva amministrazione, un mal governo che quand'anche non costituiscano reato vanno denunciati come «cose pessime» per la nostra vita civile.

Ci sembra di intravedere queste «cose pessime», per esempio, nell'uso spregiudicato che i Ds fanno del denaro che si trovano ad amministrare. Dalle coop agli enti pubblici, dai comuni alle università, tutti noi prima o dopo abbiamo avuto una qualche esperienza di quel particolare modo dei Ds di creare reti di clientele e meccanismi di fidelizzazione grazie all'elargizione di consulenze, appalti, posti di lavoro. Sappiamo, per esempio, come amministrano i Veltroni e i Bassolino, quali siano i criteri con cui vengono distribuite le risorse all'interno delle università. Sappiamo chi scrive le leggi sul finanziamento pubblico dei partiti. Nulla di illegale, forse, ma tanti casi politici del più vasto caso Italia.

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