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Monday, April 11, 2011

Europa cialtrona

Al confronto con i leader europei (e con Obama), spiace dirlo ma Gheddafi sembra un gigante di astuzia e coraggio

Il fallimento politico dell'Europa è sotto gli occhi di tutti, e la mancanza di una politica comune sull'immigrazione - persino di fronte ad una emergenza conclamata come quella di queste settimane a causa di rivolgimenti epocali in Nord Africa - ne è solo una delle tante prove lampanti. Detto questo, però, sorprende che il governo italiano abbia potuto pensare di cavarsela con il trucchetto dei permessi temporanei come forma di pressione su Parigi e Berlino. L'effetto è stato quello di irrigidire le posizioni. Il paradosso è un totale ribaltamento degli approcci. Roma, quella dei respingimenti in mare, pretenderebbe che un permesso di soggiorno, addirittura temporaneo, concesso da un solo stato membro, valesse come lasciapassare per gli immigrati in tutta Europa. E' ovvio invece - e l'Italia dovrebbe essere la prima a ricordarlo e ad applicarlo - che senza documento d'identità e mezzi di sostentamento, com'è scritto sul trattato di Schengen, non si ha diritto ad andare da nessuna parte. Proprio noi ne avevamo fatto - a mio avviso giustamente - un pilastro su cui poggiare la legittimità delle espulsioni dei rom, anche quelli con cittadinanza di Paesi Ue. Mentre, improvvisamente, a Bruxelles chi aveva criticato la nostra politica dei respingimenti e le espulsioni dei rom adesso fa il muso duro.

Paradossi di una politica europea che si è "italianizzata" nel senso deteriore del termine, dove cioè demagogia, ipocrisie e calcoli elettoralistici sembrano sempre più essere gli istinti guida. E' altrettanto palese che la stragrande maggioranza degli immigrati (pochi sono profughi) che approdano sulle nostre coste, per lo più tunisini, sono diretti proprio in Francia e in Germania, dove hanno già pezzi delle loro famiglie. Ma se questi Paesi sono pronti a procedere con i respingimenti, a maggior ragione dobbiamo farlo noi, anche se sarà più difficile a causa della conformazione dei nostri confini. I campi di concentramento sono un'indecenza. O abbiamo la forza di riportare subito indietro chi sbarca, nell'arco di poche ore; oppure, si mette loro in mano un bell'assegno purché attraversino la frontiera diretti in Francia e Germania; oppure, accettiamo di tenerceli, ma a questo punto i campi non hanno senso, meglio distribuirli subito tra le regioni e lasciare che vengano assorbiti dal tessuto socio-economico come in questi due decenni ne sono stati assorbiti a milioni.

La proposta di Calderoli di ritirarci dal Libano per impiegare i nostri militari e maggiori risorse al controllo delle frontiere non è del tutto infondata, soprattutto perché quella missione - bisogna ammetterlo - non ha alcun senso. La missione Unifil offre un'illusione di stabilizzazione dell'area di confine tra Libano e Israele mentre in realtà tutti sanno che prosegue sotto traccia il riarmo di Hezbollah foraggiato dall'Iran. Che almeno cessi la copertura internazionale a questa ipocrisia. L'Afghanistan, il Kosovo, persino l'Iraq, sono per noi un'altra cosa, così come di tutta evidenza la Libia.

Già, la Libia, altro capolavoro di casinismo dell'Occidente. Grazie ai raid Nato i ribelli ieri hanno vinto la battaglia per Ajdabiya, ma è inutile negare che sul terreno è stallo. Gli insorti, è ormai evidente, non possono farcela ad arrivare a Tripoli e a far cadere Gheddafi e l'intervento occidentale (dal quale gli Usa si sono tirati indietro) è inadeguato a tale scopo, l'unico per cui sarebbe valso la pena. Gheddafi quindi può tenersi saldamente stretto la Tripolitania e pensare di trattare da una posizione di forza. Adesso pare che l'Unione africana abbia ottenuto il sì del raìs ad un cessate-il-fuoco, ma è davvero difficile credere che accetterà un processo di transizione che escluda lui e i suoi figli dal potere in Libia. Il rischio è che si consolidi di fatto una situazione che di settimana in settimana renderà chiaro che Gheddafi ha resistito e vinto la sua battaglia sia contro i ribelli sia contro l'"aggressione neocolonialista" dell'Occidente. La Libia ne uscirà spaccata in due, Gheddafi addirittura rafforzato e gli interessi dell'Italia martoriati. Chi bisogna ringraziare se nella totale assenza di leadership da parte americana si è inserito l'inconcludente bullismo francese? Al confronto con i leader europei (e con Obama), spiace dirlo ma il Colonnello sembra un gigante di astuzia e coraggio. Il paradosso, che tuttavia non sorprende, è che un intervento militare, pur tardivo, sconclusionato e inefficace, piace purché appaia "politicamente corretto".

Tra l'altro, nello scenario che si va delineando nel mondo arabo e islamico l'Occidente si mostra incapace di sostenere le rivoluzioni popolari laddove avrebbe maggiore interesse a che abbiano successo (vedi Siria e Iran), mentre con sconcertante superficialità ha assestato l'ultima spallata a regimi almeno non ostili in Paesi (vedi l'Egitto), dove già s'intravedono sulle macerie del passato lo strapotere dell'esercito e derive islamiste nonché filo-iraniane.

Berlusconi è bollito? Be', si può certamente osservare che la parabola è per forza di inerzia discendente, ma anche che il danno più grave inferto dall'attacco mediatico-giudiziario partito dalla Procura di Milano è stato probabilmente quello di aver distratto il capo del governo dalle crisi che nel frattempo stavano emergendo e che bisognava prendere di petto tempestivamente, abilità nella quale bisogna riconoscere che di solito il Cav. eccelle. E invece questa volta si è fatto cogliere impreparato dalla crisi libica e dal protagonismo di Sarkozy, ci ha abbiamo messo un mese per trovare una linea; nella gestione dell'emergenza immigrazione, che non è iniziata con la crisi libica, ma molto prima, dai rivolgimenti che hanno riguardato tutto il Nord Africa e soprattutto la Tunisia, stiamo contraddicendo noi stessi. E via proseguendo con la riforma della giustizia e la «frustata» all'economia che ancora non si vedono.

4 comments:

Cachorro Quente said...

Tanto per cominciare, parlare di emergenza mi pare eccessivo. Tra il 1992 e il 1995 l'Europa (soprattutto Germania ed Austria) ha assorbito un paio di milioni di profughi provenienti dall'ex Yugoslavia; e all'epoca politicamente l'Unione era ancora più evanescente.
Oggi (come dici giustamente tu) non stiamo parlando di un'ondata di profughi ma di semplice recrudescenza dell'immigrazione, quella che si era contenuta per alcuni anni con il famigerato accordo Berlusconi-Gheddafi. La risposta (come dici, di nuovo, giustamente tu) è una sola: il reimpatrio. Ed era la sola risposta anche tre anni fa (o quanti erano) quando invece si è deciso di nascondere il problema sotto il tappeto (=lasciare tunisini, eritrei, somali ecc. nelle grinfie della polizia libica).

Il problema (rispetto all'"emergenza", e in confronto ai tempi della guerra in Bosnia) è che oggi Francia, Italia e in parte anche la Germania sono dominate da politici populisti, o che devono rincorrere i populisti in demagogia e allarmismo anti-immigrazione per dimostrare di non essere da meno.

In secondo luogo: non penso che l'Occidente abbia abbattuto Gheddafi, Alì e Mubarak (rispetto ai dittatori in Iran e Siria) per una questione di autolesionismo. Semplicemente, in Egitto e Tunisia i giochi erano praticamente fatti; e in Libia i ribelli avevano buone possibilità di farcela con un piccolo aiuto (specie se l'intervento non fosse ritardato tanto). Altrove, purtroppo, il potere è ben saldo nelle mani dei regimi e un intervento esterno sarebbe molto più costoso e rischioso.

Sul compianto del povero Berlusconi distratto dal processo e dagli scandali, lasciamo perdere che è meglio.

JimMomo said...

L'"intervento esterno" non dev'essere per forza militare. le opposizioni si possono aiutare in molti modi.

Anonymous said...

ma la nostra Italia è ancora una "società aperta" come dovrebbe essere quella dei Liberali (K.Popper) o non è piuttosto un luogo dove ormai è meglio possedere che lavorare?

Jean Lafitte said...

il fallimento politico di cosa? forse volevi dire di Berlusconi, vero?