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Tuesday, April 10, 2012

La giornata: martedì nero, mercati scoprono il bluff-Italia

Per tutto il giorno la Borsa perde e lo spread sale, ma i quotidiani online chiacchierano soprattutto di Lega e di cosa dovrebbe o non dovrebbe fare una tale Rosi Mauro. Fino alla fiammata finale: Piazza affari che cede il 5% e lo spread che supera i 400 punti (404, per la precisione). E' il primo martedì nero di Monti e ci hanno provato in tutti i modi a dare la colpa a fattori "esogeni" - che senz'altro hanno avuto un peso, come lo avevano sotto Berlusconi. Ieri era la crisi greca, oggi il «contagio spagnolo», i dati negativi sulla disoccupazione americana e le importazioni cinesi.

Sì sì tutto vero, ma certo la coincidenza con la «resa» del governo sulla riforma dell'articolo 18 è più che sospetta. Nelle scorse settimane lo spread Italia-Germania si era ridotto a tal punto da retrocedere, dopo molti mesi, sotto quello spagnolo, che nel frattempo aumentava. Mentre negli ultimi giorni, proprio in corrispondenza con la «resa», puntualmente registrata dalla stampa finanziaria estera, il nostro spread è tornato a inseguire quello spagnolo. Il Wall Street Journal continua a picchiare duro sulla riforma del lavoro, ritenendo «preoccupante» che Monti abbia finito per «annacquarla». E' una resa che denota la scarsa credibilità del sistema Italia e quindi quel clima di attesa positiva che si era creato su di noi per merito di Monti ha lasciato il posto nuovamente alla sfiducia. Insomma, forse i mercati hanno scoperto il bluff dell'Italia, stanno perdendo la pazienza, riconoscendo in Monti gli stessi difetti dei governi italiani di sempre: annunci, trionfalismi, e poi la tipica montagna che partorisce topolini.

Non solo i rendimenti sui titoli di Stato decennali che si riavvicinano al 6%. Anche le stime del Pil nel 2012, che il governo stesso si starebbe preparando a rivedere al ribasso (da -0,4/0,5% ad un -1,3/1,5%), addirittura di un punto percentuale dopo solo un trimestre, metterebbero a rischio l'obiettivo del pareggio di bilancio nel 2013. Come volevasi dimostrare, anche questi sacrifici - in assenza di tagli cospicui alla spesa, al debito, al perimetro dell'intermediazione statale nell'economia - rischiano di non servire a nulla, come nel '92-'93, ma prima del previsto.

Anzi, il sottosegretario Giarda, oggi su La Stampa, e il viceministro Grilli, la settimana scorsa in Commissione Bilancio, confermano che il governo non ha alcuna intenzione di tagliare la spesa pubblica – la spending review servirà solo a rendere sostenibile il livello attuale, non a tagliare spesa e tasse – né di abbattere lo stock del debito con le privatizzazioni. E' la prova definitiva che l'operazione Monti è il "salva-Stato", non il "salva-Italia": salvare lo Stato dalla bancarotta conservando intatto o quasi il suo potere di spesa, anche al costo di distruggere il tessuto produttivo e ridurre alla miseria i suoi cittadini.

E quando in prima pagina sul Financial Times si legge che la Francia «non riesce ad arrestare il suo declino industriale», «ha alti costi del lavoro e bassa innovazione», comprendiamo che il problema non è soltanto italiano, è europeo, e dovrebbe essere chiaro cosa intendesse Draghi quando dalle pagine del WSJ ha dato per «morto» il modello sociale europeo, mentre tutti (da Roma a Berlino, passando per Madrid e Parigi) hanno fatto finta di non capire.

1 comment:

Anonymous said...

Monti ha fatto il fenomeno con in mano una coppia di sette,non se lo poteva permettere.Mi chiedo se adesso verrà trattato come Berlusconi o si continuerà ad osannarlo come il Messia
Toni