Il fallimento della banca d'affari danneggia facoltosi manager e broker finanziari, e una ristretta cerchia di investitori, che dopo qualche mese torneranno a guadagnare, magari anche più di prima. La bancorotta di Aig avrebbe avuto ripercussioni devastanti sull'economia reale. Bernanke e Paulson hanno mandato un messagguio chiaro a Wall Street e all'economia Usa: non sono disposti a utilizzare i soldi dei contribuenti per salvare tutti, ma sanno discernere con attenzione caso per caso.
Il rischio del fallimento è essenziale per l'efficienza del sistema economico e non può essere azzerato da troppi salvataggi statali, che finirebbero per provocare un effetto domino, anziché prevenirlo. Salvando alcune istituzioni finanziarie e altre no, la Fed e il Tesoro Usa intendono penalizzare i loro comportamenti spericolati e irresponsabili, ma allo stesso tempo cercando il più possibile di proteggere l'economia reale dalle conseguenze dell'instabilità finanziaria. Il governo Usa si muove con l'autorità e il pragmatismo di chi non può certo essere accusato di statalismo. La Fed si è avvalsa, credo per la seconda volta nella sua storia, di una clausola "d'emergenza" prevista dal suo statuto solo in casi eccezionali.
Capita che gli operatori economici e finanziari superino il confine oltre il quale il rischio, fisiologico in ogni attività economica, diventa un azzardo. Queste crisi - passando attraverso salvataggi onerosi per i governi, dunque per i contribuenti, e dolorosi fallimenti - servono al sistema per ritrovare quel confine e darsi nuove e migliori regole.
A parte il fatto che molti vedono nell'America solo il mito negativo del reaganismo, ignorando che dagli anni '30 agli anni '70 i governi Usa hanno fatto un massiccio ricorso all'intervento statale e che nei decenni la Corte Suprema ha avallato interpretazioni espansive dei poteri del governo centrale, a parte questo, sì: la nazionalizzazione di Aig è l'eccezione che conferma la regola, gli Stati Uniti rimangono una nazione liberale e l'economia di mercato funziona (non è per un paio di schiaffoni che un genitore dai metodi delicati diventa un violento); Alitalia compagnia statale rimane uno dei tanti scandali di un'economia solo parzialmente libera.
Toccando il gigante delle assicurazioni la crisi finanziaria partita dai mutui subprime sembra aver raggiunto un secondo, preoccupante, stadio. Se volete un resoconto puntuale di come si è innescata e sviluppata la crisi vi segnalo Nicola Porro, su il Giornale.
«Di fronte a questo scenario ci sono due poli opposti di intervento. Lo Stato (quello americano) si prende in casa i rischi e ne sopporta gli eventuali costi. Oppure lascia fallire gli improvvidi. La via scelta per ora sembra una strada di mezzo. Contribuire al salvataggio del possibile e soprattutto di quelle istituzioni il cui crollo avrebbe maggiori impatti sociali. Aig fa parte di queste ultime».Andiamo incontro ad un'altra Grande Depressione come quella del 1929? Sembrerebbe di no, ma se fate fatica a tranquillizzarvi vi consiglio Alberto Alesina, su Il Sole24 Ore di oggi, che elenca gli errori da non ripetere.
«I dipendenti di Lehman Brothers che lasciano con gli scatoloni gli uffici ricordano le immagini della crisi del 1929 e i media hanno subito sfruttato l'analogia. Ma il paragone è errato: il crollo finanziario del'29 si tramutò in una tremenda recessione per clamorosi errori di politica economica. Dato che questi sbagli non sembrano ripetersi, la crisi finanziaria di oggi potrà avere sì delle conseguenze sull'economia reale, ma nulla di paragonabile ad allora».